Punto>°<Pace

Notiziario del gruppo giovani
(c/o G.Mazzillo – Contrada Sarre Tortora – CS)
 

www.puntopace.net

 

Sommario
Essere avamposti di pace
Ci scrivono dalle loro nuove sedi
Momenti vissuti ...
Una giornata di PACE con Alex Zanotelli a Sapri
Luglio 2005: Campi-scuola
Successivi incontri di PUNTOPACE

Don Benjamin - Intervista
Lettera a Mons. Bregantini
Pensieri sulla missione

 

Anno 4, Numero 10

Febbario 2006

 

 

 

Dal Venerdì Santo (25/03/2005)

 

alla Pasqua di Risurrezione

 

 

 

Una giornata di PACE con Alex Zanotelli Sapri, 7 aprile 2005
(Antonio Imperio)

Partiti da Praia a Mare col treno verso le 15:30,  a Sapri,  nella sala comunale abbiamo partecipato alle 18:00 a una conferenza sulla pace. A trattare questo argomento è stato il padre missionario Alex Zanotelli,  dopo un’intensa riflessione di don Giovanni Mazzillo sulla pace, cuore del Vangelo (cliccare qui per leggere gli appunti). 

Davanti a un uditorio conquistato dalla sua testimonianza, padre Alex, inizia parlando di tutti i mali che colpiscono l’uomo in questo millennio.   Afferma che il nostro cuore è molto ammalato e che man mano che passa il tempo si consuma e appesantisce con le non curate malattie dell’egoismo, della violenza, dell’orgoglio, dell’oppressione, dei nazionalismi, delle false idee della vita e dell’uomo. Quando un cuore è ammalato e non batte più con un ritmo ordinato, il cardio-chirurgo lo collega a un pace-maker (stimolatore cardiaco) per farlo funzionare con un segnapasso artificiale da dove partono gli impulsi per un corretto ritmo vitale. L'uomo di oggi dal cuore malato non ha bisogno di un trapianto, ma del piccolo-grande pace-maker  della pace, della pace che solo Dio può dare. La nostra pace è fatta di accordi che durano poco, è effimera, mentre quella attinta in Dio è per sempre. Il difficile esperimento da fare è quello che ci insegna Gesù: ossia vedere lui non con i nostri occhi, ma con i nostri cuori e amare il nostro prossimo. Per capire ciò dobbiamo inscriverci alla sua scuola, perché egli possa insegnarci che la pace è il motore primo di una esistenza meravigliosa. Il nostro mondo, sostiene Padre Alex, è grande e vasto, ma anche violento e generoso. Proprio questo dualismo tra cinismo e generosità (vedi la solidarietà espressa in occasione dello Tsunami) che si trova in noi, deve farci riflettere e spetta ad ognuno di noi eliminare la strada “malefica” della violenza e prendere quella “benefica” della pace, facendo attenzione di rinnovarla continuamente, ogni giorno, per non perdere quel filo interlocutorio con Dio. Tutto ciò non è facile da realizzare se restiamo soli, ma è possibile se si è insieme con gli altri, per poter “coltivare la buona radice della pace”, che può dar frutto nel nostro piccolo, pur pensando alla grande. Proprio su quest’ultimo punto si deve fare una accurata riflessione.

Alex sostiene che noi facciamo parte della "felice" (per noi) realtà del mondo che è quella dei “grandi imperi economici”, che pensano alla grande e vogliono ottenere tutto e subito e che vogliono ciò che piace, rifiutando qualsiasi impegno e sacrificio. Dall’altra parte del mondo c'è invece la triste realtà dei "grandi imperi di fame, di sfruttamento, di malattie, di analfabetismo e di povertà". Il problema di oggi è il CONSUMISMO - ripete continuamente Padre Alex- poiché esso tende esclusivamente a salvaguardare l’economia di pochi e non di tutte le popolazioni. Così egli  racconta le condizioni di vita della poverissima gente di un   quartiere della periferia di Nairobi, dove egli ha trascorso diversi anni della sua vita (Gorococho). Proprio quel luogo è stato per lui occasione di maturare le sue convinzioni e tentare di realizzare tra i più infelici della terra il messaggio di pace che viene dal Vangelo.

Un altro passaggio della testimonianza offerta da Padre Alex è stata incentrata sul messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale della Pace, dal titolo: <<Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male>>. Ebbene, in ogni uomo vi è la possibilità di compiere dei gesti di pace, a cominciare dal diffondere intorno a noi il bene, non limitandosi a  dire di opporre resistenza al male, sperimentando di vincerlo con il bene. Conclusione: non dobbiamo rimanere inoperosi, perché la pace è un impegno costante, richiede energie quotidiane. E'  dono di Dio, da ottenere con la preghiera come ripeteva continuamente prima di morire Giovanni Paolo II, ma è un dono affidato a noi che viviamo sulla terra e in questi giorni della nostra storia. Dobbiamo essere noi OPERATORI DI PACE, testimoniando il valore della parola di Gesù sulla pace verso tutti, cristiani e non cristiani, proprio come fanno i missionari,  per poter portare avanti il messaggio di pace che è la sola arma possibile contro il TERRORISMO. Di questa pace ci parla anche con rinnovato vigore il nuovo Papa, Benedetto XVI (cliccare  per leggere il suo testo).

IL Gruppo Estivo (GREST)  DEI RAGAZZI di TORTORA (13-17/07/05) (a cura di Rosanna Limongi, animatrice del campo insieme con DG e Don Benjamin, Paolos, Chassì e Gabriel)

Abbiamo  sognato alla grande...

Siamo arrivati in tanti… carichi di entusiasmo e pieni di  aspettative!

     I temi del campo-scuola : la conchiglia, la zavorra, la vela-rete, la barca.

     Le  giornate trascorse  insieme tra: lavoro di gruppo, preghiera comunitaria, giochi,canti grida di gioia… ci hanno dato l’opportunità di riflettere su noi stessi e sugli altri.

     Ognuno di noi è diverso dall’altro, e questo è un bene, perché la diversità ci arricchisce.

      Da soli  si rimane  chiusi come conchiglie, ognuno portando con sé la propria zavorra (problemi, modi di essere, egoismi…),

     una zavorra che non gli permette di salpare, invece insieme con gli altri tutto diventa più leggero e si riesce a prendere il largo e scoprire nuovi orizzonti…

     Io insieme a tutti i bambini e i ragazzi in quei giorni ci ho provato! E ci hanno provato anche, aiutandoci nelle cose più pratiche, Za’ Minicuccia e Pierina, mentre don Paolos, Shassì e Gabriel hanno prestato la loro opera nella conduzione dei gruppi di riflessione…

Ve li immaginate 25 ragazzi che si ritrovano insieme in 4 soleggiate giornate di Luglio? 

Per fortuna sono stati bravi e hanno alternato i vari momenti senza troppi problemi. Certamente la voglia di giocare affiorava sempre, ma in generale si può dire che è stata per tutti, compresi noi “animatori”, una riscoperta.

 

    E’ stato meraviglioso condividere con loro i momenti che ci        

   hanno permesso di costruire la nostra” rete-vela “, giorno dopo giorno,

   la nostra gioia-unione è cresciuta, e tutti insieme ora  siamo

   pronti a salire sulla stessa barca e partire…
   per continuare a camminare insieme.

   C’è stato un successivo incontro il 4 Novembre, una specie di campo-ritorno...

 

GRUPPO PUNTOPACE 20-24 Luglio 2005

Il tema "Noi giovani sulle tracce di Dio"

significa:  guardare nella stessa direzione

Continuando a cercando le tracce anche nei momenti bui

"Noi sulle tracce di Dio..."  ha significato per noi giovani riflettere su:

☺ La religione come sentiero che ci porta dentro e oltre noi stessi

☺ La biforcazione del sentiero

☺ Gli incontri e le scelte sul nostro cammino

Quello che abbiamo capito è che è arrivato per noi il tempo di scegliere. Non ci troviamo solo davanti a un ventaglio di possibilità, per l'età che abbiamo, il tipo di attività che sceglieremo, la facoltà o il tipo di lavoro che si presenta per noi oggi, ma spesso si tratta di vere e proprie biforcazioni:  o da una parte o dall'altra.

In sintesi questi bivi li abbiamo visti in ciò che segue:

  scuola - non scuola, nel senso di continuare a studiare o scegliere di lavorare;

 agire secondo il modo di pensare comune - agire secondo le proprie convinzioni;

 agire senza riflettere-agire con consapevolezza;

 vivere per apparire - vivere per essere se stessi.

Ancora:  religione o fede?  Cioè: credere-abbandonare le pratiche di fede;

credere in rituali e culti che portano all'oppressione dell'uomo - credere nella religione che porta alla liberazione dell'uomo;

vivere per interesse-vivere per dedizione;

vivere con rassegnazione-vivere con con speranza;

lasciarsi sopraffare dal dolore-affrontare le difficoltà;

scegliere l'amicizia -vivere senza amici;

non rispettare la pace-costruire la pace.

 

SUCCESSIVI INCONTRI di PUNTO PACE SONO STATI...

 

>> il 31/10/05, dedicato a una riflessione sul nostro impegno contro la mafia, che nei giorni precedenti aveva fatto assassinare Francesco Fortugno, vicepresidente della Regione Calabria. Dopo la preghiera del mattino abbiamo assistito alla proiezione del  bellissimo film "Io no ho paura" del regista impegnato per i problemi sociali del Sud: Gabriele Salvatores. Lo abbiamo successivamente discusso durante una sosta nella visita al fiume Pizinno. Abbiamo tutti espresso le nostre preoccupazioni sulla nostra terra e sul futuro personale di ciascuno di noi. Sappiamo che la nostra terra ha problemi gravi che sono peggiorati dalla disoccupazione giovanile. Abbiamo però espresso anche la nostra volontà a volerci preparare bene per ciò che dovremo fare professionalmente, con la volontà di restare il più possibile nella nostra terra, al fine di cambiarla in meglio, cominciando a cambiare noi stessi e la qualità delle nostre relazioni. A conclusione abbiamo deciso di scrivere una lettera a Mons. Bregantini, Vescovo di Locri, per esprimere la nostra solidarietà e la nostra determinazione a impegnarci per la nostra terra.

 >>Un altro incontro significativo è stato quello del 3/01/06 
I
n pieno clima natalizio, abbiamo  preso in prestito uno dei temi fondamentali della traccia sulla Missione (vedi articolo di Maria Angelina). E' un tema che sta impegnando la riflessione di tutta la Chiesa Italiana, in preparazione  dell'importante convegno che si terrà a Verona tra il 16-20 ottobre 2006, dal titolo "Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo". Ci siamo soffermati su alcune domande previe ad ogni altra, simili a quelle  che Gesù rivolgeva ai suoi primi discepoli: "Chi cercate? Ci sono dei perché nella nostra ricerca? Quali?
Le risposte sono s
tate varie. In sintesi, qualcuno ha detto che pur non ponendosi troppe domande, perché non vede delle risposte concrete, cerca di trovare un collegamento tra etica e vita spirituale (Marco), oppure si chiede se quello che sta facendo sia giusto, anche per capire meglio se stessa (Mariangela). Altri hanno affermato che le risposte sono poche rispetto alle tante domande, ma tra queste è importante cogliere il senso della vita nel cercare di adoperarsi per migliorare la società, insomma qualcosa che va nel senso di ciò che fanno i missionari, dai quali occorre prendere esempio di dedizione per gli altri (Sergio, Biagina, Adriana). Altri hanno espresso il bisogno di serenità nella vita familiare e quotidiana, lasciandola sempre più illuminare dalla luce della fede (Chiara, Roberta); oppure il bisogno di scoprire sempre più come portare il messaggio di pace agli altri (Maria Rosaria, Antonio Matellicani). Gabriel e Hiralal, seminaristi indiani e frequentatori dell'eremo delle Sarre, hanno detto che la loro ricerca è verso la vera felicità che solo Dio può dare, ma che comunque si può trovare soltanto insieme con gli altri e non da soli. Ha concluso il nostro impareggiabile don Benjamin: "Noi abbiamo nostalgia della pace e da ciò comprendiamo che la sorgente alla quale ci alimentiamo è Dio".

Essere avamposti di pace
dovunque ci troviamo

(d. Giovanni M.)

Carissimi amici, il nostro ultimo notiziario, il n. 9, risale a Febbraio 2005.  Scrivere e raccogliere i pensieri evidentemente è difficile e più difficile ancora è poterli organizzare in un Notiziario, soprattutto quando questo vuole essere qualcosa di più che un semplice foglio informativo.  Durante l'anno trascorso i momenti vissuti dal nostro gruppo sono stati tanti e le novità ormai non sono più tali, perchè il tempo è passato più in fretta di quanto pensassimo.  Proviamo a ricordare alcuni momenti significativi soprattutto nella sezione "Momenti vissuti", mentre nella colonna sottostante riportiamo alcuni brani di corrispondenza, che alcuni tra i "soci fondatori" del gruppo "PUNTOPACE" scrivono dalle loro nuove sedi, dove si trovano per motivi di studio. Per il resto che cosa dirvi, se non che dovunque ci troviamo dobbiamo rappresentare una sorta di segnaletica vivente della pace? Pace nei rapporti con le persone con le quali le nuove circostanze ci portano a vivere e pace nelle stesse nuove situazioni nella quali viviamo, che non sempre corrispondono a questa logica, essendo talvolta espressione di arrivismo, concorrenza, scavalcamento dell'altro. Così come non sempre rispondono alla logica della pace anche le acquisizioni universitarie e non, che, essendo frutto, anche esse, di progetti di vita e di opzioni culturali e politiche diverse, vi appariranno talvolta di segno opposto e contrapposto... Ma ciò che conta, in definitiva, è essere dappertutto come degli avamposti di pace, convinti e convincenti, all'università come in casa, studiando i libri o scambiando le proprie opinioni con gli  altri. Sarebbe bello e incoraggiante anche per i più piccoli sapere che la pace è e rimane per voi dappertutto non solo un ideale, ma una scelta di vita irreversibile. Con questo augurio e con non poca nostalgia, un caro saluto a tutti, ma soprattutto ai più lontani, Vs. DG

Ci scrivono dalle loro nuove sedi...

BRANI DALLA CORRISPONDENZA DI GIUSY

Ciao  a tutti, finalmente posso scrivere e-mail e rispondere tranquillamente a tutti, lo so che è un po’  tardi ma non sapevo dove era la sala informatica e poi sono stata un alquanto impegnata con problemi di casa e tutto il resto…

 Con l' aiuto di Dino (amico della famiglia Tranchino) e dell' agenzia abbiamo trovato  una nuova casa,  più bella e più economica… La cosa positiva di questa storia è la bella amicizia che è nata con le ragazze della casa … la cucina italiana apprezzatissima e anche se siamo in appartamenti diversi, siamo inseparabili. Sono: Carol, svizzera ma di origine ceca, Sofi francese della Roscelle, dove ha lavorato nonno Biagio, Katerina che è greca e Carina che è argentina. Insomma una bellissima mescla, come si dice qui, di cultura e ambienti diversi! Con la lingua poi ogni giorno imparo qualche cosa di nuovo e mi piace moltissimo. La cultura basca è sensazionale. Hanno fatto di un dialetto una lingua ufficiale e guai a dire il contrario, e  sono tutti bilingue, a partire dai bambini dell' asilo! I posti sono incantevoli e l' università è molto interessante; vivissima culturalmente con spettacoli di musica e teatro. Io sto seguendo qui il corso di struttura e cambio della società,  una critica alla sistema capitalistico, sociologia urbana, disuguaglianza ed emarginazione sociale: molto bello e spagnolo. Tutti  sono molto precisi: autobus, metro, professori e chissà se imparerò anche io ad essere puntuale...un miracolo!!! Qui vado a messa dai gesuiti non è male! …..

Grazie per la bellissima frase è cosi anche per me in questo momento,verso tutti coloro a cui voglio bene (“gli occhi vedono i presenti, ma il cuore vede gli assenti che ama”). Mi dispiace apprendere che in Calabria la situazione non dà cenno di migliorare (per l’assassinio del vice presidente della regione Calabria, Franco Fortugno). Oggi mi ritrovo con molto rammarico a dover dare ragione a tutti quelli che alla scoperta del mio paese di provenienza subito sono pronti a rispondere mafia, italiani e stranieri compresi. La mia fatica ad elencare tutto ciò che c'è di bello in Calabria e a Tortora e di sentirmi un po’  una privilegiata ad abitarci, deve purtroppo fare i conti con una realtà alquanto dura. A pagarne le spese siamo noi giovani che o facciamo finta di niente o  dobbiamo lasciare casa in cerca di qualcosa di meglio!? Addirittura qui mi sono trovata a parlare con due ragazze di Padova, che, quando ho detto che ero calabrese, quasi erano sorprese di non avere davanti una primitiva dell' età della pietra, e poi continuando a parlare, una di loro era di Melfi Basilicata, cosa impossibile da indovinare a sentire dal suo accento e dai suoi modi di fare.. Eppure studiano psicologia... A parte tutto questo e il dover costatare che nel 2005 ancora ci sono distinzione tra Nord e Sud, questo mi insegna sempre di più ad essere orgogliosa del mio paese e di avere ancora dei valori e delle tradizioni,e sopratutto a non fare finta di niente. Ho saputo che avete fatto un incontro sono contenta spero che sia andato bene,io vi penso sempre …

Che bello, che meraviglia! Avendo saputo della grande manifestazione di Locri contro la mafia, penso che non si poteva sperare di meglio! Allora ho ragione a sentirmi un po’  privilegiata per il solo fatto di appartenere ad una popolazione così coraggiosa!!! Avrei voluto esserci anche io a  sfilare!! Finalmente possiamo intravedere una via d' uscita  da questa situazione, anche se la strada ancora è lunga! Le foto sono bellissime sono contenta che la filosofia del punto pace e dell' eremo delle Sarre porti tanti nuovi!!! Quanti ragazzi, quante new entry! Che felicità. Inoltre rivedere il  primo gruppo che continua a crescere… me li saluti tutti. Qui … la vita trascorre tranquillamente, come la cultura spagnola insegna. La settimana scorsa sono stata al museo della pace di Guernica *… un’esperienza unica che vi racconterò  di persona, ho preso un sacco di depliant che vi farò vedere quando torno, in cui il filo conduttore è "per non dimenticare". Un abbraccio fortissimo alla Calabria, ai calabresi, a Tortora, al Puntopace,  Giusy Mazzillo*

Guernica è il nome di una cittadina spagnola che ha un triste primato. È stata la prima città in assoluto ad aver subìto un bombardamento aereo. Ciò avvenne la sera del 26 aprile del 1937 ad opera dell’aviazione militare tedesca… (Per saperne di più ciccare su GUERNICA )

Pablo Picasso, Guernica, 1937

Sergio scrive:

Sono questi i momenti in cui sono orgoglioso della nostra terra, con questi striscioni, con questo striscione "Adesso ammazzateci tutti" geniale, ha riassunto il segnale forte che veniva dalla folla.
So della manifestazione dei caduti a Tortora e della tua sottolineatura all’omelia sul fatto che Dio non ha patria, perché tutti siamo figli suoi…
Ho visto la foto dei ragazzi, mi fa pensare ai nostri primi campo-scuola sono contento di questa presenza massiccia speriamo che anche loro possano essere sempre cosi presenti ed avere la fortuna di conoscere meglio te, Don Benji ed i tuoi grandi insegnamenti.
Oggi pomeriggio abbiamo fatto un giro per Cosenza ho visto tanti ragazzi per il corso principale (corso Mazzini) ma troppo "distratti" da non so cosa, come dire attenti alle "cavolate", a prendere in giro le vecchiette e fare tante altre bravate... a volte penso che servirebbero tanti puntipace.. Ecco la bellezza di essere nato a Tortora in una piccola comunità che magari non mi ha allontanato dai principi sani della vita, gia perchè Cosenza se pur piccola è troppo inquinata per questi giovani.
Forse è proprio a quella luce che dobbiamo essere grati, che anche quando ci sentiamo soli,troppo soli, ce ne ricordiamo facendoci rimanere saldi a questa vita.
Ti riporto la frase di quel film che per me è molto bella...

"…E tutto quello che devi fare è metterti le cuffie, sdraiarti per terra e ascoltare il cd della tua vita, traccia dopo traccia, nessuna è andata persa: tutte sono state vissute e tutte, in un modo o nell’altro servono ad andare avanti. Non pentirti, non giudicarti, sei quello che sei e non c’è niente di meglio al mondo. Pausa, rewind, play, e ancora e ancora e ancora, non spegnere mai il tuo campionatore, continua a registrare, a mettere insieme i suoni per riempire il caos che hai dentro. E se scenderà una lacrima quando li ascolti, beh, non avere paura, è come la lacrima di un fan che ascolta la sua canzone preferita…”"


Intervista di Rossella Imperio con don Benjamin
(pubblicata su l'Eco di Basilicata Calabria Campania, 15/11/2005, 20)
   

“Tutto quello che non penso accade, tutto quello che penso non accade”. Versi, questi,  che affermano grammaticalmente un evidente  principio di contraddizione, principio che nel corso della nostra  vita ci accompagna quasi quotidianamente, soprattutto quando osiamo esclamare la ormai nota frase “va sempre tutto storto”, in particolare, quando basta un niente a rovinare i nostri progetti…giusti o sbagliati che siano. Ma a don Benjamin, (per noi tortoresi Beniamino) sacerdote indiano, questo  principio ha portato fortuna. Gli ha indicato la strada verso un cammino che neanche lui avrebbe mai pensato di intraprendere. Questa che stiamo per raccontare è proprio la testimonianza di Bisu Benjamin.

Don Beniamino quando è nato?

Probabilmente il 24 ottobre 1969 a Ludru.  Dico “probabilmente” perché dovrei controllare meglio. Calcolando che mi hanno mandato a scuola nel 1975 e  ricordo che ero già un bel bambino, credo che il mio anno di nascita sia stato il ’69. La mia famiglia era abbastanza numerosa, eravamo otto figli e come sai, in India non è facile andare avanti. Quindi sin da piccolo ho dovuto dare una mano in casa.

Cosa ricorda della sua infanzia?
Ero un ragazzino tranquillo, pacifico, buono. Sapevo bene già da allora che rubare, prendere le cose degli altri senza permesso era sbagliato. Non facevo mai cose ingiuste. Ricordo bene che dopo la scuola  tornavo a casa e la pentola era ancora vuota, il pranzo non era pronto perché la mia mamma o la mie sorelle avevano impegnato la mattinata per altre cose, ma io non facevo storie, ero contento ugualmente. Ecco, quello che dico è che la vocazione non è qualcosa che viene imposta da qualcuno quando si è grandi, ma come dice la Bibbia “è già nel grembo materno che  sei scelto”, già nel grembo materno che siamo predestinati a fare qualcosa. Nel mio cuore era già tutto come nel Vangelo è scritto.

Ci descrive un po’ le tradizioni della religione del suo paese
La religione che si profetizza nel mio paese è chiamata Sarna. È un’etnia monoteista. Si tratta di una fede molto vicina al Cristianesimo, il giorno del sacrificio è il martedì. Non si festeggia la Pasqua e non invocano nessuna preghiera verso la Madonna, ma  hanno il Padre Nostro, ovviamente le parole dette “mundari” sono diverse. Vi racconto qualche particolarità riguardo ai sacramenti. Per loro non c’è il Battesimo ma si svolge una funzione chiamata Unzione. Il nome al bambino viene attribuito, dopo otto giorni dalla nascita, secondo un rito assolutamente interessante. Infatti, si prende un vassoio con dell’acqua e in questo viene apposto un chicco di riso, nel frattempo viene pronunciato un nome, se il chicco galleggia vuol dire che il bambino è d’accordo che gli venga assegnato quel nome, nel caso non dovesse galleggiare si procede con un altro chicco. In pratica è come se ogni chicco avesse un nome e qualora galleggiasse quel nome va attribuito al bambino. Un’altra circostanza da nominare è sicuramente quella del fidanzamento ufficiale, che corrisponde al nostro Matrimonio, che come accadeva un tempo era combinato dai genitori. Lì succede qualcosa di simile, ma c’è la possibilità di non accettare. I due promessi, infatti, dinanzi a dei testimoni, sono chiamati a bere dell’acqua in comune,  ma il fidanzamento si ritiene valido solo dopo aver fatto tre passi avanti insieme. Questo gesto indica che i due sono pronti ad affrontare insieme la vita. Un’altra cosa molto particolare è che  nel nostro paese, e secondo i fedeli della religione Sarna, le donne non possono arare la terra perché rappresenta il simbolo della madre, né possono salire sui tetti delle case perché è come se tradissero il tetto familiare, ma viene concesso loro di salire sugli alberi perché sono di sesso maschile.

Don Beniamino, lei viene da un paese, come l’India, dove le etnie religiose sono tante e forse la meno diffusa è proprio la fede cristiana. Ecco, ci dice cosa l’ ha spinta alla  conversione?
Si è vero, in India la fede cattolica raggiunge livelli bassissimi, si registra una percentuale del 4.7%. I Cristiani sono pochi, pensa solo trenta milioni su un miliardo, di cui diciassette milioni sono Cattolici. Cosa mi ha spinto? Ricordo che frequentavo la quarta elementare, avevo più o meno quindici anni. Un giorno mentre aravo la terra mi ha morso qualcosa. Nonostante avessi un dolore tremendo alla gamba non rinunciavo ad andare a scuola, la mattina prendevo un bastone e mi avviavo un’ora prima. Uscito da scuola, un giorno, mi sono accorto che non riuscivo a camminare e sono rimasto solo seduto in un campo a piangere. Il preside della scuola, un cristiano protestante (vado a trovarlo ogni qualvolta torno a Rangi), mi ha preso e mi portato da un medico privato e così sono guarito. Il mio primo incontro con il Signore è stato in quei giorni. Da allora nel mio cuore ho avvertito qualcosa di diverso, mi sentivo più forte. Ricordo che quell’anno a Natale, i bambini cattolici hanno fatto un ritiro spirituale per tre giorni, ed io sono andato. Ho ascoltato una predica e sono rimasto affascinato da quelle parole, per me nuove, mi piacevano i loro canti.
Ha detto che viene da una famiglia abbastanza numerosa, che rapporto aveva da ragazzino e che rapporto ha adesso con i suoi fratelli e sorelle?
Andavamo molto d’accordo. Ho avuto qualche problema con Sanica, il mio fratello maggiore. Lui quando ha saputo che volevo diventare cristiano mi ha detto “io ti bastono e ti caccio dalla famiglia”. A quel punto ho cambiato idea. Ma se Dio ti ha dato una direzione ti aiuta ad intraprenderla. Infatti dopo tanto tempo mio fratello ha capito e ci siamo riappacificati. Mia mamma purtroppo è morta. Papà non sono riuscito a vederlo perché lavora in un paese lontano.  Quest’estate ho rivisto soltanto i fratelli e le sorelle e i nipoti.

Della sua famiglia qualcuno si è convertito al Cattolicesimo?
Si, mia sorella Saniciari. L’ ho rivista dopo vent’anni nel 2002. Dopo esser rimasta vedova ha deciso, nel 97, di diventare cattolica, ma nessuno dei due sapeva della scelta dell’altro.

Quando si è iscritto alla scuola Cattolica?
Nel mese di ottobre dell’81 ho ricevuto una lettera. C’era scritto che ero stato accettato nella scuola cattolica di Torpa, un collegio molto famoso, dove mi sono mi trattenuto per due anni e dopo aver sostenuto gli esami brillantemente mi sono iscritto al secondo superiore e con soli 1200 rupie sono partito per l’estero. Ero semplice, onesto ed umile. In quella scuola tutti i preti mi ammiravano molto, solo con uno avevo un rapporto un po’ così… mi ammirava ma non mi dava mai la soddisfazione di dire che ero un bravo ragazzo, usava sempre parole dure con me. Nell’ottobre dell’84, arrivano i predicatori per cinque giorni. Il primo giorno non sono andato perché pensavo alla mia famiglia ma soprattutto alle parole di mio fratello. Uno dei predicatori, fra mille persone mi ha individuato e mi ha chiesto il perché non volessi partecipare. In quel momento ho capito che la mia via era quella. Il quinto giorno mi sono confessato. La sera mentre stavamo pregando davanti all’ostia consacrata, ho avuto una visione. Ho visto una luce per ben tre volte, e in quel momento ho deciso non solo di diventare cristiano ma di prestarmi completamente al Signore. Ho deciso di farmi prete. Ricordo che è stato un momento così bello, che ho dimenticato tutte le paure. Anche le minacce di mio fratello. A Natale, dopo la conversione, ho iniziato a studiare, a leggere tutti i giorni il Vangelo. Sono tornato per qualche giorno a casa, c’erano solo mia mamma e due sorelline più piccole. Le ho detto che avevo deciso di convertirmi e lei da buona donna, orgogliosa di me, mi disse “come tu vuoi, figlio mio”.

Quando ha deciso di voler ricevere il sacramento del Battesimo?
Il primo gennaio dell’85. Ne ho parlato con il  parroco e cinque giorni dopo il mio desiderio si è avverato.

Come mai ha scelto il nome Beniamino?
Perché anche in questo caso ad aiutarmi è stato il sogno. Qualcuno mi ha sussurrato “mettiti Beniamino come nome” e così l’indomani mattina alle 5:30 mi hanno battezzato con il nome che qualcuno ha voluto mi venisse attribuito.

E  i suoi genitori come hanno reagito a questa sua decisione?  
All’inizio mio padre era titubante perché avrei dovuto lavorare e aiutare la famiglia, ero stato considerato un “traditore” ma ora tutti capiscono che rappresento “il centro per l’unione della famiglia”. I miei genitori erano delle persone eccezionali. La vita a volte ti mette davanti ad un bivio. Ero indeciso se scegliere di andare dai Gesuiti o se seguire la via Diocesana. Prima di prendere qualunque decisione, era necessario il consenso dei genitori e così gli ho scritto una lettera dove dicevo loro di voler diventare prete. Mi hanno risposto con tre lettere, tutte diverse. Nella prima c’era scritto che avevano trovato una ragazza per me, e così sono andato dal prete Gesuita portando con me la lettera e dicendogli di decidere per me. Mi ha risposto  che il quarto comandamento dice “onora il padre e la madre” e lasciandomi una confusione in testa mi disse di fare la scelta giusta. Passavo giorni e giorni a pensare, Gesuita-Diocesano-matrimonio?Alla fine del 95, il sogno mi conduce verso la strada giusta. Di venerdì notte, ho sognato e la solita voce mi ha detto “Beniamino, non sposarti, non andare dai Gesuiti ma vai al seminario Diocesano”. Subito dopo la mia scelta arriva un’altra lettera dei miei genitori, la lettera diceva “Figlio mio, se vuoi farti prete vai”.

E poi cosa ha fatto?
Subito sono entrato nel seminario maggiore, anche stavolta un sogno ha anticipato il mio futuro, così come era successo nel sogno,  mi hanno mandato all’estero. Alla decisione del vescovo sono rimasto intatto e mi sono chiesto “è possibile che un sogno riesce ad anticipare un mio progetto?

E che risposta si è dato a questa lecita domanda?Qual è stato il suo messaggio?
Mi sono dato una risposta semplice. Se siamo figli di Dio, se siamo liberi,  riusciamo a captare il messaggio che lui ci manda e a coglierlo facendone tesoro. Il messaggio per me è stato il sogno. Prima dell’ordinazione sognavo per me, adesso sogno per gli altri.

Quando e dove è stato ordinato sacerdote?
L’undici giugno del Duemila, ad Albidona (Cs). Una data che ha segnato una svolta importante nella mia vita.

Don Benjamin qual è il suo sogno?
Io, non volevo venire in Italia, sono venuto per studiare, ma sono felice perché qui ho esaudito il mio desiderio di diventare prete. In Italia si sta bene, ma spero di poter tornare nel mio villaggio e impartire laggiù il messaggio della fede di Dio.

A Tortora, i bambini non fanno che parlare di lei. Con don Giovanni, quali sono i progetti che la Chiesa sta mettendo in atto?

Si è vero i bambini parlano sempre di me, ma anche di don Giovanni che con la sua umiltà sta svolgendo benissimo il suo compito. Vogliamo camminare piano e toccare tutti i principi fondamentali che Gesù ci ha lasciato. Il bilancio è positivo. Don Antonio ha fatto tanto per Tortora.

Don Beniamino grazie mille.
Grazie a te.
Una storia, un insegnamento!!
                                                                              Rossella Imperio



 

 

A Padre Giancarlo Bregantini, Vescovo di Locri

(per il convegno di Cetraro cliccare su questa linea)

 

Caro Padre Giancarlo, il gruppo giovani di Tortora “Punto pace” le scrive questa lettera per inviarle la sua solidarietà, il suo affetto, e la sua rinnovata volontà di continuare a fare qualcosa affinché la legalità predomini sulla criminalità, la pace sulla violenza, la fiducia e la collaborazione sul fatalismo e sull’indifferenza.  Noi giovani ci uniamo alle altre voci che in questi mesi hanno deciso di non tacere di fronte all’efferato omicidio Fortugno. L’uccisione del vicepresidente della regione Calabria ha assunto un valore inquietante: non solo è stato colpito uno dei tanti eletti per minacciare e ricattare la politica, ma nel contempo la mafia ha voluto lanciare a tutti noi un macabro messaggio di umiliazione sociale per intimorire e paralizzare ogni altra azione di bene e sviluppo. Con queste poche righe il gruppo “Punto Pace” vuole partecipare al dolore dei congiunti di Fortugno, ai quali va la nostra solidarietà. L’episodio colpisce a fondo l’animo di noi giovani, portatori di speranze, che non ci pieghiamo alle regole del silenzio e della cecità, indignati per quanto accade nella nostra Calabria. Abbiamo deciso di stringerci attorno agli abitanti della locride per cercare nelle radici della nostra terra la linfa della speranza organizzando vari incontri per discutere, riflettere e pensare a cosa fare per debellare il problema.  Nell’attesa, come granelli di sabbia, continuiamo a gridare il nostro messaggio d’amore e cogliamo l’occasione per porgerle i nostri più affettuosi saluti.

    

LA MISSIONE

(Maria Angelina Matellicani)

                                                                                

   Questo sarà l’anno della missione, che secondo me vuol dire soprattutto solidarietà e carità verso le persone che sono meno fortunate di noi. Il Vangelo ci indica senza ombra di dubbio la strada della solidarietà. Ognuno di noi sa cosa significa questo nella propria vita, conosce le situazioni più vicine a sé e alla propria famiglia in cui essere solidale. Non bisogna essere un economista internazionale per capire che la fame e la mancanza di una possibilità di vita decente genera differenze sociali ed economiche ingiuste in troppi paesi del mondo,da creare altissime tensioni sociali che troppo spesso si trasformano in guerre. La pace di cui oggi godiamo potrebbe non essere più così scontata in futuro se ognuno non si impegnerà in un cammino di solidarietà molto più ampio e profondo di quelli intrapresi fino ad ora. In fondo non ci costa niente essere più disponibili agli altri e meno attaccati alle cose materiali; ci facciamo trasportare dalle mode, dalle pubblicità, dimenticando così i veri valori e gli insegnamenti del vangelo di Gesù . Non a caso Gesù   diceva : “Avevo fame e voi mi avete dato da mangiare; Ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato nella vostra casa; ero nudo e mi avete dato i vestiti, ero in prigione e siete venuti a trovarmi; E noi risponderemo Signore quando ti abbiamo visto avere fame, sete, essere pellegrino o nudo e in carcere e non ti abbiamo servito? E Gesù ci dirà che qualunque cosa non abbiamo fatto a uno dei più piccoli non lo abbiamo fatto a Lui. pensiamoci dunque e cerchiamo di riconoscere Gesù in chi ci sta accanto!