Giovanni Mazzillo <info autore>     |   home page:  www.puntopace.net  

Giuseppe Liguori, missionario laico "fidei donum", ci invia il seguente articolo

Intervento dell’arcivescovo John Baptist Odama di Gulu all’ONU

Il Nord Uganda chiede a gran voce la pace

 L’Osservatore romano, edizione settimanale in lingua inglese, primo marzo 2006

  

 (Uganda) ha tenuto una conferenza al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul tema: “La crisi umanitaria e l’appello per la pace nell’Uganda del Nord”. Pubblichiamo integralmente il discorso ufficiale che l’arcivescovo ha pronunciato a New York venerdì 27 gennaio.

             Signor Presidente,

            Signore e Signori,

            la pace sia con tutti voi!

            E’ davvero un grande onore per me aver avuto questa rarissima opportunità di rivolgermi a voi, illustri membri del più importante organo esecutivo delle Nazioni Unite, il Consiglio di sicurezza. Vi porto i saluti e la voce del popolo dell’Uganda e dei vescovi cattolici ugandesi. Vi porto in particolare i saluti e la voce del popolo del Nord Uganda, afflitto ed oppresso, che chiede a gran voce la pace.

            Lo spirito col quale umilmente sto qui e vi parlo è profondamente radicato nella credenza universale, conservata zelantemente da voi e da tutti noi, che ogni essere umano nasce libero ed uguale nella dignità e nei diritti e, poiché siamo dotati di ragione e di coscienza, dobbiamo vivere insieme agli altri e trattarli con spirito di vera fratellanza. In verità, per disegno divino apparteniamo l’uno all’altro e abbiamo bisogno l’uno dell’altro. Questa innata consapevolezza della nostra comune umanità, iscritta da Dio nel cuore e nella mente di ogni persona, costituisce il vero fondamento delle Nazioni Unite e dà significato a tutte le attività dei suoi vari organi. Ciò ci spinge a lavorare instancabilmente per la pace universale ed il progresso umano dovunque nel mondo.

            Siamo consapevoli del fatto che, fin dall’inizio, il Consiglio di sicurezza si è instancabilmente sforzato di fare in modo che mali come le guerre, che portano all’umanità innumerevoli miserie, discordia, divisione e disuguaglianza ed istillano odio tra i popoli, sia non solo rigettati e condannati, ma realmente eliminati.

            Osserviamo con profonda gratitudine i molti sforzi del Consiglio di sicurezza per arrestare i conflitti armati tra e all’interno di molti Paesi, con l’intento di stabilire in tutto il mondo pace ed armonia permanente tra i popoli. Il Consiglio si è, per esempio, occupato del problema del rapporto tra Israele e Palestina, dei conflitti in Afghanistan, Bosnia, Iraq e, molto recentemente, del Sudan e della guerra iniziata tre anni fa in Darfur, e della Repubblica democratica del Congo, temi importanti dei suoi dibattiti sulla sicurezza.

            Permettetemi cortesemente, Eccellenze, di attirare i vostri pensieri all’indescrivibile crisi umanitaria della zona nord e nord-orientale dell’Uganda, causata dalla ventennale guerra in quella regione. Alcuni l’hanno descritta come la guerra che non si può dimenticare. Per molti altri, questa è di gran lunga la guerra meno conosciuta del mondo. La guerra, la cui fine non s’intravede, continua ad avere un impatto molto sfavorevole sulla popolazione povera ed inerme.

            Come Loro sanno, Eccellenze, il conflitto armato nell’Uganda del Nord iniziò nel 1986, quando l’esercito governativo di allora, l’Esercito di liberazione nazionale dell’Uganda (UNLA), si raggruppò e creò un movimento di guerriglieri chiamato Esercito democratico del popolo dell’Uganda (UPDA), determinato ad opporsi al Movimento/Esercito di resistenza nazionale (NRM/A), condotto dal sig. Yoweri Kaguta Museveni, oggi presidente dell’Uganda. Durante lo stesso periodo sorsero vari gruppi ribelli e, dopo l’accordo di pace, noto come Accordo di pace di Pece, firmato a Gulu nel 1988 tra una fazione dell’UPDA ed il Governo. Alla fine l’Esercito di resistenza del Signore (LRA) divenne il principale gruppo d’opposizione armata nella regione. Il governo ha usato l’opzione militare, con intervalli di iniziative di pace concomitanti, come una strategia per affrontare il conflitto, la cui fine, secondo le previsioni, non è in vista. Mentre il Governo ha risposto in modo positivo con una legge d’amnistia motivata dalle richieste, ha anche proseguito instancabilmente e militarmente il conflitto, come parte della guerra contro il terrorismo degli Stati Uniti, conflitto il cui culmine è stato il definire il LRA un’organizzazione terroristica, con la quale non si può dialogare. Il falso ragionamento su cui si basava l’operazione militare per la liberazione dei bambini del 2002, il cui nome in codice era “Operazione pugno di ferro”, iniziata contemporaneamente all’amnistia, fu la causa del suo fallimento. In primo luogo, non riuscì a liberare un numero consistente di bambini rapiti e, in secondo luogo, non riuscì a prevenire l’aumento del numero di bambini rapiti che seguì, portando ad un peggioramento della situazione umanitaria.

 Effetti principali della guerra

             Eccellenze, permettetemi di attirare la vostra attenzione su alcune delle conseguenze principali di questa guerra ventennale. Durante le guerre avviene sempre una gravissima violazione dei diritti umani. Nei due decenni di devastante conflitto armato nell’Uganda del Nord, che è il soggetto della mia conferenza odierna, non c’è stata alcuna eccezione: a causa di questa guerra, i diritti umani in Nord Uganda sono stati gravemente violati.

 a) Perdita di vite umane e di proprietà

             L’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani afferma chiaramente che ognuno ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona. Migliaia e migliaia di persone innocenti del nostro popolo sono state uccise. Non passa un solo giorno senza la notizia che qualcuno è stato ucciso da qualche parte nel nord, mentre questa guerra insensata continua implacabile. Insieme alla perdita della vita c’è la perdita della proprietà. La gente del Nord Uganda, gli Acioli in particolare, che erano una volta un popolo molto produttivo, sono stati ridotti allo stato di poveri e di mendicanti.

 b) Rapimenti

             Più di 27.000 persone, soprattutto bambini, sono stati rapiti dal LRA. Molti di loro non sono stati rintracciati fino ad oggi. Si crede che siano morti oppure ancora in prigionia. La maggior parte sono stati rapiti nei campi “protetti” per sfollati, preparati dal Governo per offrire protezione alla popolazione civile.

 c) Spostamenti in massa

             Secondo stime prudenti, più di 1.600.000 persone sono dislocate in rifugi di fortuna nei vari campi “protetti” per sfollati, che punteggiano tutta la sub-regione degli Acioli ed ora anche la parte orientale del Paese.Questa è una delle più evidenti e tristi caratteristiche della situazione. Questi sfollati, come voi, Eccellenze, avete già capito, soffrono grandemente per la forte miseria, e le loro vite sono avvolte dalla paura, lo sconforto, la disperazione e la privazione. Questi campi "protetti" per

sfollati con l’assistenza delle ONG non possono offrire che i servizi sociali veramente di base, con la conseguenza di avere servizi d’istruzione e sanitari mediocri, con scarsità d’acqua potabile e con servizi igienici inadeguati. Il protrarsi della vita nei campi ha anche portato all’abbattimento totale dell’impostazione tradizionale, sociale e culturale degli Acioli.

 d) Sfiducia

             La guerra  ventennale ha anche generato sfiducia ed alcuni sentimenti d’inimicizia tra i vari popoli. Tutto il popolo Acioli, che è il più colpito, è stato accusato dai suoi vicini, che sono anche di tanto in tanto vittime degli attacchi del LRA. Joseph Kony e la maggioranza dei combattenti del LRA sono Acioli. La lunga guerra e la lentezza del Governo a porre fine al conflitto hanno fatto in modo che la maggior parte degli Acioli non hanno fiducia del Governo e dicono che il Governo ha delle intenzioni cattive nel volere che la guerra continui.

            Questa situazione umanitaria, che si deteriora e peggiora sempre di più, causa grande preoccupazione nella società civile, che vive ed opera nella martoriata sub-regione degli Acioli ed oltre. Siamo grati per i vari servizi e risposte terapeutiche alla situazione del popolo da parte di un buon numero di organizzazioni non governative internazionali e locali. Vorrei indicare molto chiaramente il contributo del Programma alimentare mondiale (PAM). Nei molti anni trascorsi, senza la grandissima risposta del PAM nel provvedere il cibo di base per i pasti (fagioli e mais), migliaia di persone, i bambini in particolare, che vivono oggi nei campi, sarebbero morti.

            Noi crediamo fermamente, tuttavia, che non è stato fatto abbastanza da parte nostra e da parte della comunità internazionale per porre fine alla guerra in Uganda. Perché c’è voluto così tanto prima che il Consiglio di sicurezza inserisse, come punto importante all’ordine del giorno delle sue discussioni, la ventennale guerra nel Nord Uganda? Devono forse delle leggi fatte dall’uomo impedirci di discutere ed intervenire in qualunque parte del globo per il bene comune di esseri umani, nostri simili, per quanto insignificanti possano apparire sulla scena mondiale? E’ giusto stare a guardare un essere umano che muore, mentre possiamo aiutarlo? E’ forse la diplomazia più importante del nostro dovere di salvare delle vite e di proteggere la libertà umana e la sicurezza e la sacralità della persona? E’ tempo che la comunità internazionale intervenga e fermi subito la guerra insensata del Nord Uganda. Questo è il nostro appello al Consiglio di sicurezza.

            Noi crediamo nel dialogo e non nelle armi come mezzo migliore per porre fine pacificamente alla guerra. L’esercito ugandese, nonostante abbia in Nord Uganda un effettivo più di venti volte superiore a quello del LRA, non è stato in grado di proteggere il popolo e le organizzazioni umanitarie non solo dal LRA, ma anche da alcune delle sue truppe, che sono state in alcuni casi la principale fonte d’insicurezza nei campi. Molte agenzie umanitarie non sono state in grado di accedere alla maggior parte dei campi per gli sfollati, a causa della mancanza di protezione lungo molte strade della sub-regione. Varie agenzie di soccorso hanno subito delle imboscate, mentre cercavano di fornire aiuto umanitario.

            La situazione dell’Uganda del Nord ha bisogno di chiarezza di visione e richiede di concentrarsi sulla consapevolezza di salvare vite umane.

            In vista di ciò, dunque, continuiamo instancabilmente a fare un sincero appello alla comunità internazionale ad assumere un ruolo diretto più attivo e positivo, e a lavorare verso la rapida conclusione, attraverso un dialogo significativo, del ventennale conflitto.

 Raccomandazioni alla comunità internazionale

1) Porre fine al conflitto convincendo i belligeranti a perseguire la pace mediante colloqui al di fuori della zona di guerra, preferibilmente con il coinvolgimento di un mediatore imparziale, in un Paese neutrale, gradito ad entrambe le parti coinvolte.

2) Convincere il Governo a creare zone e corridoi di pace, con la supervisione di una forza di peace-keepers delle Nazioni Unite capace di far rispettare gli accordi, nei quali le agenzie umanitarie abbiano facilità di accesso alla popolazione civile, in modo da ispirare fiducia e garantire la sicurezza sia della popolazione civile, sia del LRA.

3) Creare un gruppo internazionale indipendente per monitorare le violazioni dei diritti umani e l’attuazione del processo di pace.

4) Facilitare i processi di riconciliazione nazionale e comunitaria per una pace sostenibile e così minimizzare il ritorno periodico di conflitti.

5) Contribuire al ristabilimento e alla riabilitazione degli sfollati e dei bambini rapiti, come anche degli ex combattenti del LRA, nelle loro comunità.

6) Il Tribunale penale internazionale deve essere convinto a dare una possibilità al processo di pace di Betty Bigombe e, forse, entrare in gioco in seguito, come parte delle iniziative di gestione del dopoguerra.

7) Il Consiglio di sicurezza persuada il Governo dell’Uganda ad abbandonare l’approccio di offensiva violenta verso i Paesi vicini, in nome della lotta ai ribelli.

8) Il Consiglio di sicurezza incoraggi e sostenga il Governo dell’Uganda ad attuare le raccomandazioni fatte ripetutamente dalla comunità colpita dalla guerra, in particolare riguardo ai seguenti problemi:

- Maggiore protezione per la popolazione civile, anche quando essa ritornerà a casa, e per le agenzie umanitarie.

- Smantellamento dei campi “protetti” per gli sfollati.

- Riconciliazione nazionale e comunitaria.       

            Ultimo, ma non necessariamente meno importante: Eccellenze, permettetemi per favore di concludere offrendovi il mio impegno personale. Come ho già detto prima, il Tribunale penale internazionale (TPI) deve considerare la possibilità di congelare per il momento le indagini ed il connesso processo penale. Sapendo che metterà in pericolo il fragile processo di pace, il TPI dovrebbe prendere e probabilmente incriminare me, invece di Joseph Kony o Vincent Otti, in cambio della pace nel Nord Uganda, della quale c’è tanto bisogno. Eccellenze, dopo questa conferenza sarò felice e davvero desideroso di rispondere a qualsiasi domanda.

             Grazie.

 (Traduzione dall’inglese di Giuseppe Liguori)