Giovanni Mazzillo <info autore>     |   home page:  www.puntopace.net

DICHIARAZIONE SULLA GUERRA IN ATTO IN AFGHANISTAN

Giovedì 15 novembre 2001. I sottoscritti preti di alcune diocesi di Sicilia e Calabria desiderano offrire un contributo alla comune riflessione sui tragici fatti di queste ultime settimane, con la seguente dichiarazione:

Chiamati ad esercitare la nostra responsabilità di cittadini di fronte alle vicende che coinvolgono la vita di tutti e a dichiarare la propria convinzione di fronte alle istituzioni deputate a realizzare il bene comune, desideriamo contribuire, con alcune riflessioni, a pensare criticamente l’azione intrapresa per contrastare il terrorismo, che si è manifestato nell’attentato contro le "Torri gemelle" di New York

La difesa della vita e delle istituzioni, che dovrebbero garantirla, richiede spesso l’uso della forza. Tuttavia la forza non significa necessariamente "guerra". Anzi questa sembra del tutto inadeguata a ristabilire un ordine fondato sulla giustizia. La guerra, infatti, non interviene sulle cause che determinano una situazione di disordine violento e di ingiustizia che l’ha provocato, ma muta semplicemente i rapporti di forza.
Le violenze esercitate sui civili inermi sono, purtroppo, una realtà di fatto che anche le guerre passate non hanno mai evitato. Colpire le popolazioni che non possono difendersi non fa altro che aumentare la spirale di odio e fanatismo che ha generato gli atti terroristici.
Pensare che ogni forma di critica all’azione intrapresa significhi necessariamente un appoggio al terrorismo vuol dire impedire ogni forma di pensiero e di approfondimento delle questioni, molte e complesse, presenti nei fatti in questione.
Per questo, coloro che hanno ancora un senso dello stato e una forte coscienza individuale, devono interrogarsi innanzitutto sulla legittimità morale, e poi anche sulla opportunità politica e sociale di una tale azione di guerra.
Non si tratta di dare o negare un appoggio incondizionato agli Stati Uniti d’America, essere filoamericani o antiamericani, ma considerare se realmente le ragioni della giustizia e della pace vengono perseguiti. Non vorremmo essere annoverati tra coloro a cui allude il profeta Michea: "Così dice il Signore contro i profeti che seducono il mio popolo, che, se hanno da mordere con i denti, proclamano: Pace! Ma a chi non mette loro nulla in bocca dichiarano guerra" (Michea 3, 5).
Come cristiani non possiamo tacere e, accogliendo l’invito delle nostre coscienze e della Parola di Dio, riteniamo di dover affermare che
la violenza e ogni altra forma di sopraffazione dell’uomo da parte dell’uomo è contraria alla dignità degli uomini, creati a immagine e somiglianza di Dio, datore della vita e autore della pace;
la violenza non si vince con la violenza, ma con la giustizia; è necessario perseguire vie diverse dalla guerra per ristabilire un ordine internazionale giusto, all’interno del quale tutti i popoli possano essere associati al progresso e al benessere dei paesi ricchi;
bisogna ristabilire – attraverso tutti gli strumenti che la ragione dell’uomo e il diritto internazionale offrono – condizioni paritetiche tra i popoli di diversa cultura religione e condizioni economiche.
Ai nostri fratelli di fede chiediamo di considerare le loro opzioni politiche ed etiche alla luce dell’evangelo di pace che Gesù, re pacifico, ha annunciato e realizzato. In particolare a coloro che hanno assunto responsabilità pubbliche – di cui devono rendere conto a coloro che ad esse li hanno chiamati – domandiamo di non uniformarsi acriticamente ai potenti di turno, senza considerare le ragioni dei poveri e dei diseredati.

 

Profondamente convinti che è "fuori della razionalità (alienum est a ratione) pensare che la guerra sia uno strumento per restaurare i diritti violati" (Giovanni XXIII, Lettera enciclica "Pacem in terris"), non possiamo non dissentire dalla logica seguita nella discussione in Parlamento e, pertanto, riteniamo doveroso dissociarci dalla decisione presa di entrare in guerra.

Siamo consapevoli, così facendo, di compiere anche un gesto piccolo di adesione e accoglienza dei pressanti appelli di Giovanni Paolo II alla pace, appelli che stanno rischiando, anche all'interno della chiesa cattolica, di determinare una specie di "solitudine istituzionale" analoga a quella che in diversi momenti della sua vita ebbe a soffrire papa Giovanni.

Vincenzo Algeri (Catania)
Maurizio Aliotta (Siracusa)
Sebastiano Amenta (Siracusa)
Aurelio Antista (Carmelitani Pozzo di Gotto – ME)
Gregorio Battaglia (Carmelitani Pozzo di Gotto – ME)
Francesco Conigliaro (Palermo)
Salvatore Consoli (Catania)
Attilio Gangemi (Acireale)
Rosario Gisana (Noto)
Giovanni Mazzillo (Catanzaro)
Salvatore Musso (Siracusa)
Giuseppe Alberto Neglia (Carmelitani Pozzo di Gotto – ME)
Egidio Palumbro (Carmelitani Pozzo di Gotto – ME)
Giuseppe Ruggieri (Noto)
Giuseppe Schillaci (Catania)
Carmelo Signorello (Catania)
Gaetano Zito (Catania)