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«Etica e politica, un binomio inscindibile per chi ama la vita». Scalea 30-04-03.

L’intento è di presentare i capisaldi della NOTA DOTTRINALE circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica a confronto con i contenuti portanti del libro di G. Serio, Etica politica amore per la vita. Il mio intervento si articola in tre punti: 1° Una rapida presentazione della nota dottrinale; 2° L’indicazione di particolari nodi strutturali del fare politica oggi a partire dal libro di G. Serio; 3° Alcuni appunti per una ricomposizione tra etica e politica, a partire dalla cultura della vita come cultura di pace.

1° Una rapida presentazione della nota dottrinale

La nota è della CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE. Porta la data  del 24 novembre 2002, Solennità di N.S. Gesù Cristo Re dell’Universo. È indirizzata «in special modo, ai politici cattolici e a tutti i fedeli laici chiamati alla partecipazione della vita pubblica e politica nelle società democratiche». Costa di quattro capitoli: 1° Un insegnamento costante (sull’indispensabilità dell’impegno socio-politico dei cristiani); 2° Alcuni punti nodali nell’attuale dibattito culturale e politico; 3° Principi della dottrina cattolica su laicità e pluralismo; Considerazioni su aspetti particolari e, infine, 5° Conclusione.

L’indispensabilità dell’impegno socio-politico dei cristiani, e per ciò che maggiormente ci riguarda, dei cattolici, non registra alcuna obiezione in linea teorica. È documentabile partendo da espressioni dottrinali di principio come da esempi storici concreti. Trova una sua felice espressione in ciò che Giovanni Paolo II ha affermato di Tommaso Moro, che ha dimostrato a prezzo della sua vita che «l’uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale»[1].

Particolarmente significativo è per i cattolici ciò che è stato acquisito dal Concilio Ecumenico Vaticano II,  che ha sottolineato l’importanza per i fedeli laici di svolgere il loro compito, come compito specifico: cioè di animare cristianamente l’ordine temporale, rispettandone la natura e la legittima autonomia[2], non separandosi o contrapponendosi rispetto agli altri, ma «cooperando con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità»[3]. Tutto ciò, ovviamente, non in contraddizione con i propri principi etici di riferimento, ma «guidati dalla coscienza cristiana», in conformità ai valori con essa congruenti.

La necessità dell’impegno socio-politico è, pertanto, un punto acquisito. Si pone frontalmente al non expedit, successivo alla perdita del potere temporale del papato, ed è ribadito dalla Nota, che però lo precisa soprattutto in riferimento ad alcuni «punti nodali nell’attuale dibattito culturale e politico».

I punti nodali considerati muovono da un doppio contesto: quello più generale del nostro trapasso epocale, in un clima di incertezza, e le tendenze culturali attuali eticamente preoccupanti. Pur ammettendo «la crescita di responsabilità nei confronti di Paesi ancora in via di sviluppo»[4], la Congregazione segnala «un certo relativismo culturale». Questo sembra interdipendente con quel pluralismo etico, teorizzato e difeso da più parti, che con la svalutazione della ragione umana porta anche alla dissoluzione dei principi della cosiddetta «legge morale naturale». Si tratta di un relativismo invocato in nome della stessa libertà e democrazia, con l’effetto, però controproducente di legittimare qualsiasi concezione sull’uomo e sulla vita. La precisazione non riguarda l’«ammettere la legittima molteplicità e diversità delle opzioni temporali», che sancita dal Vaticano II[5], non è messa in discussione. Riguarda piuttosto principi etici aventi carattere fondativo della vita sociale e che sono pertanto irrinunciabili. Quali sono? Innanzi tutto quelli relativi alla concezione della persona. Proprio la persona umana è e deve restare centrale, per la continua tutela dei suoi diritti e per il valore di fine e giammai di mezzo che essa deve avere. Ne deriva il richiamo alla difesa della vita (sono citati l’aborto e l’eutanasia «da non confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima»[6]) e all’impegno di limitare il danno, quando si fosse in presenza di leggi che vanno in senso contrario. Ma sono ugualmente citate «la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità»[7] e la libertà di educazione da riconoscere sempre ai genitori per i propri figli. A tali affermazioni abbastanza abituali nel magistero cattolico, completate da quelle relative alla libertà religiosa e allo sviluppo di un’economia al servizio della persona e del bene comune sono affiancate la «tutela sociale dei minori» e la «liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù (si pensi ad esempio, alla droga e allo sfruttamento della prostituzione)»[8].  proposito della pace, è scritto:

«Come non vedere, infine, in questa esemplificazione il grande tema della pace. Una visione irenica e ideologica tende, a volte, a secolarizzare il valore della pace mentre, in altri casi, si cede a un sommario giudizio etico dimenticando la complessità delle ragioni in questione. La pace è sempre “frutto della giustizia ed effetto della carità”; esige il rifiuto radicale e assoluto della violenza e del terrorismo e richiede un impegno costante e vigile da parte di chi ha la responsabilità politica»[9].

A leggere bene il testo nella sua complessità, il richiamo contro visioni ideologiche non  può riguardare il rifiuto della violenza, che si coglie anche in concezioni personalistiche non strettamente religiose, perché il testo «esige il rifiuto radicale e assoluto della violenza e del terrorismo». Le riserve dovrebbero piuttosto riguardare quelle concezioni ireniche e/o idelogiche che parlano di pace pur nella sopraffazione e nello sfruttamento dei più deboli.

La nota affronta poi i «Principi della dottrina cattolica su laicità e pluralismo». Precisa che la legittimità di una pluralità di metodologie non può giustificare un pluralismo tale che attenti o offuschi le esigenze etiche del bene comune. Questo infatti non è legato ad esigenze religiose o confessionali, ma piuttosto alla stessa concezione etica antropologica universale, un concezione che la nota chiama ancora con l’espressione della «legge morale naturale», pur integrandola con l’altra meno ostica per la sensibilità filosofica moderna «della dignità della persona e del vero progresso umano»[10].

In questo senso i valori qui affermati sono «valori morali», straripano oltre le pur legittime distinzioni tra laicità e confessione o religione, senza mai scadere in forme di teocrazia,

«in cui una norma specificamente religiosa diventa, o tende a diventare, legge dello Stato, senza che si tenga in debito conto la distinzione tra le competenze della religione e quelle della società politica. Identificare la legge religiosa con quella civile può effettivamente soffocare la libertà religiosa e, persino, limitare o negare altri inalienabili diritti umani»[11].

A queste considerazioni di principio la Nota dottrinale aggiunge una considerazione teologica più ampia: l’attualizzazione dell’amore di Dio in Cristo attraverso gli ambiti storici della politica, che sono veri luoghi di servizio all’uomo per amore dell’uomo.

Il 4° capitolo è dedicato a Considerazioni su aspetti particolari. Prende posizione contro alcune ambiguità nelle scelte politiche e contro una concezione che riducesse la speranza cristiana al solo ordine temporale storico. Riprende un binomio caro a Giovanni Paolo II: la verità e la libertà, che «o si coniugano insieme o insieme periscono»[12] e infine chiarisce la necessaria libertà religiosa non si può ridurre a indifferentismo religioso, come se tutte le religioni si equivalessero.

C’è, infine, la Conclusione, che raccomanda l’impegno per migliorare il mondo in cui viviamo, esprimendosi contro le concezioni spiritualistiche di quanti

«sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano di poter per questo trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno». 

2° L’indicazione di particolari nodi strutturali del fare politica oggi a partire dal libro di G. Serio

Leggendo il libro del professore Serio, il primo nodo strutturale che affiora riguarda la situazione attuale. Il libro descrive la condizione giovanile nei termini di una grande fragilità e di un diffuso disincanto. I giovani stanno certamente a cuore all'autore, il cui intento è sempre di carattere pedagogico, ma vengono presentati come fragili e disillusi. Le cause sono cercate nell'ambiente che li circonda e ciò coincide con la descrizione della situazione più generale, che non di rado e, anch'essa presentata a fosche tinte. Possiamo individuare la causa principale della debolezza "politica" della coscienza dei giovani, e non solo dei giovani di oggi, in un diffuso malcostume descritto come vera e propria crisi della politica. Questa sembra aver rinunciato alla ricerca del bene comune, tesa com'è a una spasmodica ricerca del proprio tornaconto personale e di quello dei propri amici. Ubbidisce, a sua volta, ad una decadenza etica, che si manifesta nel privilegiare l'avere sull'essere, nella preoccupazione dell'esteriorità e dell'immagine a discapito della profondità e della qualità, nell'aritmetica dei voti a discapito della correttezza delle alleanze e a partire dai contenuti e, infine, nell'uso strumentale dei media, fino ad un loro quotidiano abuso, che rischia di perpetuare un'esistente di così bassa lega.

La domanda spontanea è: A fronte di tutto ciò come si comportano le cosiddette "agenzie educative", tra le quali sono spesso menzionate, oltre alla scuola, la parrocchia e le varie associazioni giovanili e non giovanili? La situazione non è proprio rosea se le scuole spesso sono lontane dal concreto e dal vissuto, se in non poche associazioni a carattere spirituale e formativo la carità stessa è considerata lontana dalla politica e se non di rado nelle chiese si ha un'omiletica lontana dalla solidarietà e dall'impegno fattivo per gli altri, con la tendenza a tenersi lontano dalla storia nella quale viviamo. D'altra parte, anche le famiglie sono state per lo più come irretite dal mito del progresso economico a tutti i costi, dal benessere materiale sganciato da quello spirituale, dalla smania di competere e di apparire con la rinuncia a trasmettere contenuti moralmente validi. Gli otto capitoli del libro riprendono spesso questi temi, facendo una carrellata che va da "quale politica nella società disorientata ?" all'"educazione alla cittadinanza", alla "prevenzione della microcriminalità" alle "proposte ed ipotesi di educazione politica". Sono questi i titoli dei primi quattro capitoli, mentre gli altri sembrano essere più orientati alla progettazione dell'educazione politica, "per vivere in armonia con il mondo", attrezzati da un'"educazione politica nella società globale", per un'"educazione alla politica tra illusione e democrazia" ed infine "camminando verso la meta".

Il testo invita ad andare "oltre la siepe" ed "oltre il cielo stellato", come recita il paragrafo che chiude il libro. Ed è a partire da questa espressione che vorrei segnalare l'intento del professore Serio come un intento che cerca di tenere insieme la concretezza storica dell'agire con la profondità spirituale delle sue motivazioni, oltre che delle sue finalità. Egli annota che alla povertà di "testimonianza del concreto", si sopperisce attraverso la proposta di un itinerario formativo capace di educare alla cittadinanza e alla legalità. Ciò non può avvenire che ad una condizione, che è quella del motivo portante dell'intero libro: la formazione etica come cardine della politica stessa, quando questa vuole restare ciò che sempre deve essere: cioè servizio degli altri e non servirsi degli altri, impegno a migliorare le condizioni di tutti e non a favorire i propri clienti, lotta contro il malcostume della criminalità e non protezione o accondiscendenza verso  quanti ne sono, in una maniera o in un'altra, i responsabili.

Pertanto, se la lotta al consumismo e al privilegio sono passaggi importanti di questa formazione etica, è ugualmente importante sottolineare - ed è sottolineato - la scelta dei poveri e dei cosiddetti soggetti deboli con compagni di strada e come referenti privilegiati, ciò che, in altre parole, la Chiesa stessa ha acquisito, negli anni successivi al Vaticano II, come scelta preferenziale per i poveri. Una particolare importanza è riservata alla prassi dell'amicizia e alla cultura della speranza, che sempre deve accompagnarla, per essere "costruttori di storia" e non "cultori della lagna", come si esprime efficacemente il testo. Se la libertà politica non sempre è libertà interiore, occorre fare in modo che l'una si coniughi con l'altra. Solo così l'uomo non sarà in balia del nulla, ma saprà progettarsi nell'infinito, intendendo come infinito tutta la ricchezza del mistero che egli porta e del compito che Dio gli ha affidato nel miglioramento delle condizioni di vita di tutti. È proprio questa la politica e, come tale, è vera vocazione etica ed espressione di amore per la vita, oltre che per la pace.

3° Appunti per una ricomposizione tra etica e politica, a partire dalla cultura della vita come cultura di pace.

La formazione alla pace come tema pedagogico e come progetto educativo è ciò che mi trova maggiormente consenziente con quanto finora detto. La difesa della vita su cui insiste la Nota della Congregazione passa certamente attraverso un “amore per la vita” come impegno storico irrinunciabile e duraturo, che è nello stesso tempo politico ed etico. Esso è però concreto e realistico solo nella declinazione dell’impegno per la pace, così come la pace è vista e vissuta oggi.

È un impegno che si colloca trasversalmente al terrorismo e al fondamentalismo, vere piaghe dei nostri giorni, con una scelta di campo che, in armonia con quanto richiesto dalla Nota della Congregazione, è etica e religiosa nello stesso tempo. Contro la scelta della strada della violenza, sintetizzata nell’ultima guerra all’Iraq dal motto americano "colpisci e spaventa" (shock and awe), l’impegno per la pace richiede proprio l’opposto e cioè, comprendi e trasforma.

Dicevo qualche tempo fa ai giovani di Scalea, in una manifestazione per la pace: Comprendi il mondo e non solo il funzionamento di una macchina o di un computer. Informati sui meccanismi economici e politici che generano nel mondo povertà e ricchezza, ricchi sempre più ricchi, da una parte, ed impoveriti, sempre più poveri, dall'altra. Continuando, mi sento di precisare: Comprendi quali sono in questo nostro mondo gli affamatori dei popoli e gli affamati, quale perverso rapporto c'è non tra semplici fenomeni sociali, ma tra persone reali. Informati pertanto sulla guerra, le sue cause, i suoi padroni. Ma informati anche sulle loro tecniche di morte e di violenza, per poter scegliere la via della nonviolenza. Informati su coloro che progettano le guerre come indispensabili fasi della propria espansione economica.

 Comprendi anche come da premesse puramente materialistiche, quali quelle contenute nel liberismo economico, non può non discendere la guerra, perché quando è al primo posto il denaro e il suo commercio, il valore della dignità umana non è più un valore assoluto, come invece deve essere. Pertanto la politica non più illuminata dalla morale è politica di aggressione e diventa politica di guerra. Nella meno traumatica delle ipotesi è politica di indifferenza alle sorti di quanti sono al di fuori dai circuiti commerciali.

Che cosa puoi fare? Che cosa devi fare? Devi dare tutto il tuo contributo (di pensiero, di azione, di sensibilizzazione ecc.) perché la politica recuperi la sua anima e sia nuovamente una politica coniugata con l’etica, anzi sia una politica etica.  Trasforma allora te stesso da soggetto fruitore, passivo ed acritico, a soggetto attivo, pensante e critico verso le magagne della politica, non per allontanartene, considerandola impura, ma per ipotizzare e iniziare a promuovere una nuova forma di politica, che passi dal potere al servizio, dal farsi strada al fare strada ai più svantaggiati. In tutto ciò ritengo fondamentali alcune domande da rivolgere a tutti: Domandati non solo perché studi o lavori, ma per chi lo fai: se per te stesso e, alla fine, per i potenti della terra, o per i più indigenti; se per coloro che affamano gli altri o per coloro che anelano alla libertà. Inoltre boicotta ciò che è frutto di una politica ingiusta, che produce armi, merci nocive, consumistiche. Boicotta le mode e i loro venditori, veri e propri venditori di illusioni. Usa i mezzi di comunicazione di massa con spirito critico e con giudizio, sapendo che essi spesso sono solo la cassa di risonanza e il mezzo di addomesticamento delle coscienze da parte di coloro che praticano la politica a-morale o immorale.  Promuovi gli strumenti comunicativi che ne sono un’alternativa, anche entrando in una rete di soggetti, la cui concezione è moralmente valida sul commercio e sul denaro (equo e solidale), sulla banca (etica) e sulla globalizzazione (globalizzazione dei diritti e non dei profitti). Tutto ciò può sembrare ancora poco. Invece è già un buon inizio, perché costituisce un’inversione di tendenza: è un passo in avanti verso una politica a favore di tutto l’uomo (e non solo del suo fisico e delle sue esigenze materiali); a favore di tutti gli uomini (e non solo di coloro che costituiscono la propria famiglia, il proprio gruppo, la propria area geografica). Proprio per questo è una politica che, mentre è impegno per la pace, è la più adeguata risposta al piano di Dio verso gli uomini ed è attualizzazione del suo amore verso il mondo. La politica in questi termini è un nome nuovo della carità e ne è sua espressione.



[1] GIOVANNI PAOLO II, Lett. Apost. Motu Proprio data per la proclamazione di San Tommaso Moro Patrono dei Governanti e dei Politici, n. 1, AAS 93 (2001) 76-80, n. 4.

[2] Gaudium et spes, n. 76.

[3] Così nel n. 1 della Nota, che riprende Apostolicam Actuositatem, n. 7, Lumen gentium, n. 36 e Gaudium et spes, nn. 31 e 43.

[4] Ivi, n. 2.

[5] Gaudium et spes, n. 75.

[6] Così la nota aggiunge al n. 4.

[7] Nota dottrinale, n. 4.

[8] Ivi.

[9] Ivi.

[10] Ivi, 5.

[11] È citato GIOVANNI PAOLO II, Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 1991: “Se vuoi la pace, rispetta la coscienza di ogni uomo”, IV, AAS 83 (1991) 410-421.

[12] Si rimanda a GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Fides et ratio, n. 90, AAS 91 (1999) 5-88.