Giovanni Mazzillo <info autore>     |   home page:  www.puntopace.net 

Maria prima cristiana immagine e modello della chiesa. Articolo Pubblicato in  Presenza del Carmelo

"E venne lei, pronta a dar frutto,

Timidamente bella,

Ancella visitata e amata,

Di strade innumerevoli fiorente

Nel suo nascondimento

Tutta raccolta nel suo grembo

Ricolma di quell'Uno

Sì da illuminare migliaia di migliaia

Come vite carica di frutti".

Con queste parole, dense di commosso stupore, viene salutata Maria in un libro, poco conosciuto in Italia e che penso non sia stato nemmeno interamente tradotto: Il libro della vita del monaco di Rainer Maria Rilke[1].

Come troverete certamente in altri contributi di questo fascicolo dedicato alla figura della Madonna, Maria è stata per i monaci un punto di riferimento costante nella vita della Chiesa. Le ragioni sono senz'altro molteplici e non spetta a me farne l'inventario ed analizzarle. Credo comunque che siano da collocarsi sui piani anche più svariati, e chetuttavia ricompongono quell'unità psico-affettiva e spirituale dell'uomo, alla quale certamente il monaco non deve sottrarsi, ma che anzi deve coltivare, anche se parte da un principio informatore del tutto particolare, qual è quello della fede che per lui si concretizza nella sequela del Cristo.

Tralasciando tutti gli altri motivi, pur ugualmente interessanti e forse non ancora sufficientemente esplorati, vorrei soffermarmi proprio su quest’ultima ragione, la sequela, o il discepolato di Cristo, perché ritengo che sia determinante per comprendere l'importanza della figura di Maria non solo per la vita del monaco, ma anche per la vita di ogni cristiano e della Chiesa in genere.

Del resto, se il monaco non è un "cristiano extra" e nemmeno un "super-cristiano", ma credo, molto più semplicemente, un testimone ed un discepolo, sarà utile riflettere su Maria come la prima cristiana e, per questo motivo, come modello della Chiesa. In lei la Chiesa ritrova sempre il cammino della sequela, anche nei momenti peggiori della sua storia e allorquando le tentazioni, che non furono risparmiate nemmeno a Gesù, si riaffaciano prepotentemente. In Maria ritroviamo tutti l’angusto sentiero delle Beatitudini, conformando le nostre scelte e la nostra vita a quelle di Cristo. In lei infatti fioriscono le innumerevoli strade, di cui poetava Rilke, ma fiorisce sempre con nuovo vigore e particolare intensità la sequela che ci accomuna a Cristo e ai sofferenti della terra.

La "prima" cristiana nella logica del Vangelo

Parlando di "primi", non dobbiamo dimenticare, nemmeno nel caso di Maria, il paradosso evangelico del primo che deve farsi ultimo e dell'ultimo che diventa il primo. Il Vangelo ha infatti la sua logica, che contrasta con la logica comune.

Il primo è colui che va innanzi, ma non per raccogliere trionfi e per protagonismo, ma per incoraggiare i suoi fratelli, perché ha creduto più degli altri a chi è passato prima di tutti noi, dicendo: "chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo la salverà" (Mc 8,35).

In queste parole è nascosta la chiave di questo primato di Maria che possiamo sintetizzare come esemplarità nell’ascolto della Parola di Dio, nella sequela di Cristo e nel sostegno dato agli altri condiscepoli.

Tutto ciò che il Vangelo ritiene essenziale per il discepolo del Signore, lo ritroviamo puntualmente ed esemplarmente in Maria. La prima caratteristica del discepolo, quella senza della quale non sussistono le altre è l'ascolto: l'ascolto di Dio che parla, anche se è un ascolto che non tralascia nessuno dei luoghi che Dio ha scelto per manifestarsi: la sua Parola scritta, la storia, gli uomini, e, tra questi, in primo luogo gli umili e i poveri.

Maria di Nazareth è la donna che sa ascoltare queste voci, perché in lei è presente la capacità di ascolto di un popolo, il Popolo di Dio che era nato dall’ascolto, da una "con-vocazione", e che per questo si chiamava qeal Jahvè, assemblea convocata.Perciò il vangelo ce la presenta innanzi tutto come donna che ascolta e accoglie la Parola di Dio, una parola che per lei è vocazione ad un'esistenza singolare e difficile e che tuttavia lei accetta come serva di Jahvè, lei che rappresenta tutto l'Israele che sa ancora ascoltare, perché crede alle profezie e sa di non avere altri padroni all'infuori di Dio: "sono la serva del Signore"(Lc 1,38), come a dire: «Non ho altri padroni; nemmeno Giuseppe, nemmeno i miei parenti, nemmeno qualsivoglia autorità può reggere al confronto con te, che sei l'unico e il solo. Ho soltanto te come mio Signore». In questo modo Maria vive il primo e fondamentale comandamento quello del non avere altro Dio all’infuori di Jahvè. Per questa ragione è modello dell’antico e del nuovo Israele. È modello di un’ecclesia che nasce e si rinnova nel riconoscere un solo Signore, quello che l'ha creata e l'ha amata e continuamente la sostiene e la nutre, con la sua Parola e con le sue gesta salvifiche.

In questo modo Maria è immagine e modello della Chiesa, anche perché, forte di quella Parola e dell’unica signoria di Dio, sa vincere la tentazione dell’adorare altri all'infuori di lui: il potere e il denaro, il pane e il prestigio. Come Gesù e alla scuola di lui, Maria insegna al Popolo di Dio che"non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esca dalla bocca di Dio", ciò che vale sia per l'antica che per il nuova alleanza, per l’intero qeal Jahvè (Dt 8,7;Mt 4,4)

Il discepolato non consiste solo nell'aver risposto una sola volta a Dio che chiamava, ma anche nella riflessione e nella riattualizzazione della sua Parola. Anche in questo Maria è esemplare; lei, che di fronte agli avvenimenti, alle parole degli uomini e all'avverarsi delle parole profetiche "da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 1,19).

Gesù pensa certamente a questo suo atteggiamento fondamentale e lo mette in risalto, ripondendo a chi riteneva fortunata sua madre solo perché lo aveva generato e allattato. Proclama in questo modo la prima e basilare beatitudine, quella sulla quale si reggono tutte le altre: "Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano" (Lc 11,2).

Maria è la prima discepola, perché ha vissuto fino in fondo in quest'atteggiamento spirituale ed esistenziale ed ha potuto perciò realizzare tutte le beatitudini proclamate dal Figlio. Anche scorrendo semplicemente l'elenco che ne fa Matteo, appare chiaramente che proprio lei, la Madre di Gesù, va innanzi a noi perché vive interamente nella logica del proclama della Montagna.

La sua povertà è effettiva e non solo affettiva, come è reale la sua fame e sete di giustizia, proprio lei che nell'alveo di tutto il popolo di Dio invoca la giustizia, con il Magnificat, ed opera per essa con tutta la sua vita. Reali e documentati anche se appena per accenni, sono nel vangelo, la sua mitezza e il suo atteggiamento benevolo e misericordioso. Basta ripensare alle scene della natività o a quella delle nozze di Cana, alla prodigalità con la quale soccorre la cugina anziana e alla lode alla misericordia di Dio da lei elevata nel Magnificat.

La sua purezza di cuore accompagna costantemente l'ascolto della Parola di Dio e la sua invocazione per una pace che sia nell'ottica di Dio e secondo le sue promesse: la venuta di un Regno dove non ci sia arroganza e prepotenza, ma ci sia l'effettivo riconoscimento dei diritti dei poveri e dei diseredati ,perché Dio "ha rovesciato i potenti dai troni ed ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi" (Lc 1,52-53). Per questo motivo Maria è fattivamente alla ricerca della pace e costruisce la pace insieme con il Figlio e, proprio per questo, è perseguitata con lui fin da quando Gesù è ancora in fasce. Portando il figlio oltre il deserto, per sottrarlo alla furia omicida dell’Erode di turno della storia, Maria rappresenta la Madre che ha sempre cura dei suoi figli, ha cura della Chiesa, di cui è immagine, mentre va nel deserto perché sia al riparo, lontano dall'enorme drago, il male menzognero e il potere devastante che l'insidiano e la incalzano (Ap 12, 1-6).

Tutto il cammino di Maria è improntato alle beatitudini ed è per questa ragione che lei va innanzi al popolo di Dio, sostenendolo e incoraggiandolo, lei che "sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore[2].

Madre e sorella nella sequela di Cristo

Quello della Chiesa è un cammino che si colloca tra l'effusione dello Spirito Santo e il glorioso compimento della Parusia del Signore, come ci ricorda il Concilio[3]. Come già quello di Maria, è un cammino difficile ed aspro, anche se ha una meta luminosa davanti a sé: "perché il Popolo di Dio, attraverso la via della croce, che è angusta, possa dovunque diffondere il regno di Cristo, signore e osservatore dei secoli e preparare la strada della sua venuta"[4].

Dal presepio alla croce,la vita di Maria ha già segnato questo cammino,tracciandolo innanzi al Popolo di Dio. Proprio lei ha percorso, così facendo, il terreno impervio degli umili e dei poveri, così come cantano le Comunità ecclesiali di base del Brasile, per le quali Maria è da invocarsi come Madre della liberazione. È una liberazione "a caro prezzo", come già la Grazia, di cui parlava un altro testimone, in Europa, Bonhoeffer, una liberazione ottenuta e sempre da ottenere sulle tracce di Cristo a Redentore-Liberatore, spingendosi, come lei e con lei,fin sotto la croce. Con molta chiarezza ed espressività ritroviamo questo pensiero nei documenti ufficiali dell'Episcopato Latinoamericano, che parlano di Maria in questi termini: "È la discepola perfetta che si apre alla parola lasciandosi penetrare dal suo dinamismo. Quando non la comprende e ne rimane sorpresa, non la rifiuta,non la mette da parte: la medita serbandola nel suo cuore (...). E quando essa le suona dura all'orecchio, Maria persevera fiduciosamente nel dialogo di fede con il Dio che le parla: così nella scena del ritrovamento di Gesù nel tempio, e a Cana quando suo Figlio respinge al'inizio la supplica che Lei gli rivolge (Gv 2,4,). Fede che la spinge a salire il Calvario e ad associarsi alla croce, come all'unico albero della vita. Mediante la sua fede, essa è la Vergine fedele, in cui si compie la beatitudine più importante: Beata colei che ha creduto (Lc 1,45)"[5].

Al termine di quel suo doloroso cammino, Maria è diventata nostra Madre. L'evangelista Giovanni ce la presenta in piedi sotto la croce di Gesù in silenziosa adorazione di un mistero di indicibile sofferenza, che si consumava sotto i suoi occhi. Questa sua fede tenace e la sua dimostrazione di un amore che vince ogni ostacolo e che si rende presente anche in un momento di inaudito dolore per lei, non può lasciare insensibile il Figlio. Gesù ha per lei le sue ultime parole, mentre la affida all'unico discepolo lì presente, affidandola a tutti i suoi discepoli, ed affida nello stesso tempo lui e loro a colei che aveva come la più cara delle creature in terra: sua Madre.

A buon diritto, Maria si trova tra i discepoli che aspettano l’adempimento della promessa dello Spirito Santo e che viene effettivamente ricevuto nel cenacolo. Egli scende su quanti hanno assecondato l’invito alla sequela. Tra i seguaci di Gesù c'era sicuramente Maria, come ricorda Giovanni Paolo II: «Non aveva dichiarato fin dall’inizio:'sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”? (...). Maria madre diventava così, in un certo senso, la prima discepola di suo Figlio,la prima alla quale egli sembrava dire: “Seguimi”, ancor prima di rivolgere questa chiamata agli apostoli o a chiunque altro»[6].

Maria insegna alla Chiesa la solidarietà

Nella prospettiva teologica fin qui abbozzata, Maria appare come discepola di Cristo e maestra di solidarietà. Mentre siamo ancora sotto l'impressione realisticamente propositiva dell'enciclica Sollicitudo rei socialis, che si potrebbe chiamare l'"Enciclica della solidarietà", ripensiamo a Maria come ad un esempio vivente di solidarietà. A quanto si è già detto sulla sua disponibilità nei confronti di Elisabetta, sulla vicinanza al gruppo dei discepoli e sulla coscienza di solidale appartenenza al Popolo di Dio, occorre aggiungere che la solidarietà illumina ulteriormente la figura di Maria anche in un problema mariologico abbastanza complesso quale è quello della sua mediazione in ordine alla salvezza[7]. Forse questa nuova ermeneutica della solidarietà potrebbe facilitare anche il dialogo ecumenico in merito a questa controversa questione.

Tenendo infatti saldamente presente che il vero, unico Mediatore è Cristo e che tutto il resto è subordinato a questa sua fondamentale mediazione tra Dio e l'uomo, essendo e restando egli il sacramento originario e basilare dell'incontro con Dio[8], la mediazione di Maria, cui lo stesso Vaticano II fa cenno[9], potrebbe essere intesa nella prospettiva di una solidarietà profonda e intensa,sia con l'uomo che con il Figlio. Sorella dell'uomo e Madre di Cristo, Maria è stata chiamata a buon diritto da Paolo VI anche Madre della Chiesa[10], perché la Chiesa è il corpo di Cristo. Per questa stessa ragione, Maria è sicuramente anche Madre di ogni uomo. Pur tuttavia possiamo considerare la sua vicinanza a noi, la condivisione di una sorte che l'ha accomunata a noi, chiamandola con l'appellativo di "sorella". Tutto infatti lei ha condiviso con noi: la ricerca di giustizia e la ricerca del Cristo, magistralmente espressa da Luca nella scena dello smarrimento di Gesù dodicenne, una ricerca, si badi, che allude a quella che va al di là della morte, visto che Gesù è ritrovato,come nella Pasqua, solo dopo tre giorni (Lc 2,41-51).

Maria è solidale con la sofferenza dei poveri della terra, come si è già visto, perché tra gli anawim Jahvè è colei che più di ogni altro ne ha rappresentato la purezza di spirito e l'indomita volontà di riscatto e di liberazione. Ma è solidale anche con ciò che in noi resta nella problematica caducità della materia. La sua assunzione nel corpo conferma che anche il corpo, sì la stessa materia, è destinata alla gloria, come del resto attesta Paolo ai Romani (c.8) e come professiamo nel credo, ogni domenica.

Si tratta di una solidarietà che fa scrivere a Giovanni Paolo II che "la materna sollecitudine (di Maria) si interessa degli aspetti personali e sociali della vita degli uomini sulla terra"[11].

Ma è anche una solidarietà che ha uno sbocco, perché va al di là della pura condivisione dei problemi e delle ansie umane. Essendo già nella sfera di Dio, nella redenzione pienamente realizzata, la sua solidarietà ci trascina fuori del tunnel nel quale ci dibattiamo e soffriamo presentendo, ma non scorgendo ancora la luce. Lei che ci guida quasi per mano, ci indica la meta e ci sostiene perché sempre ancora possiamo con gioia corrervi incontro.



[1] Si tratta del "primo libro" intitolato Das Buch vom mönschlichen Leben, in: R.M.RILKE. Das Stundenbuch (Il libro delle ore), Insel Taschenbuch, Frankfurt/M. 1972, 28. La traduzione è mia.

[2] Lumen Gentium, 68.

[3] Ivi, 2.

[4] Ad Gentes, 1; cfr. Eccli. 36,19.

[5] PUEBLA, L'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina, Ed. EMI, Bologna 1979, n. 296.

[6] Redemptoris Mater, n.20.

[7] Nella discussione conciliare è interessante notare che mentre ben 300 padri avrebbero voluto la promulgazione del dogma della mediazione di Maria, nel testo del 1962, Maria è chiamata, solo come titolo, "omnium gratiarum Mediatrix", nel testo del 1964 ciò viene controbilanciato dall'affermazione del Cristo come unico Mediatore, mentre nel testo definitivo, quest'appellativo non riveste un particolare significato, ma si trova insieme alle altre denominazioni di Maria, al n. 62 della Lumen Gentium.

[8] Si confronti l'ancora validissimo libro: E. SCHILLEBEECKX, Cristo, Sacramento dell’incontro con Dio, E.P., 1970, cui nulla toglie, perché perfettamente inserita in questa mediazione fondamentale, l'affermazione dello stesso autore di "Maria Madre della Redenzione" (IDEM, Maria Madre della Redenzione E.P., 1965).

[9] Lumen Gentium, 62, cfr. nota 7, cfr. anche S.DE FIORES, Maria nella teologia contemporanea, Ed. Monfortane, Roma 1987,108 ss.

[10] Maria è proclamata Mater Ecclesiae nel Discorso di chiusura della terza sessione del Concilio vaticano II,21.11.1964 da Paolo VI, che supera la discussione conciliare, che sembrava segnare il passo, perché caduta in problemi più di carattere logico, che teologico. Cfr. S. DE FIORES, ivi, 171 ss.

[11] Sollicitudo Rei Socialis, 49.