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Notiziario del gruppo
giovani
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Sommario
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Anno 4, Numero 9 Febbraio 2005
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Per
fare il punto... su quattro anni di punto pace... (d. Giovanni M.)
E così siamo al 4° anno del nostro Notiziario PUNTOPACE. La prima uscita, il numero 0, infatti, porta la data “Ottobre 2001”. È vero, quattro anni non sembrano molti, e tuttavia per dei ragazzi in rapida crescita (in tutti i sensi, a cominciare dall’aspetto fisico) sono tanti. Per rendervene conto, basterà che riandiate a vedervi le foto dei primi notiziari. Quasi non riconoscerete più voi stessi in quei volti e in quelle stature da “ragazzini”. Sì, lo so, vi sentite già grandi ed alcuni di voi sono già all’Università e qualcuno si è anche sposato… Il PUNTOPACE è cresciuto con voi e io sono convinto anche del rovescio: anche voi siete cresciuti con esso: in sensibilità, spiritualità, consapevolezza, attenzione ai problemi dell’ambiente, della violenza ecc. Ma non è solo di questo che volevo parlarvi. Voi, conoscendomi, lo immaginate già: «Vuole parlarci di quanto ancora dobbiamo crescere, delle lacune del nostro gruppo e della stagnazione in molti campi nei quali si richiede più presenza e più impegno». Sì, anche di questo, ma non solo in riferimento al passato, ma piuttosto rispetto al futuro che ci sta davanti e che è un continuo invito ad uscire da noi stessi, a superare le nostre pigrizie, a compiere ciò che è giusto e necessario, facendo anche le cose che immediatamente non ci piacciono… Su questo punto c’è ancora parecchio lavoro da fare. Lo sapete da voi stessi, anche perché ve lo ripetono in tutti i luoghi e in tutte le salse: «Tu sei come tutti gli altri della tua generazione: vuoi avere tutto e subito, fai solo ciò che ti piace e rifiuti qualsiasi impegno e sacrificio, perché hai avuto tutto e non sei abituato a nessuna privazione, eccetera, eccetera…». Lo so, si dice così, e almeno rispetto alle generazioni precedenti, c’è del vero in questa tiritera. Il problema è che non si risolve granché solo a parlarne in questi termini: tra il rimprovero e il rimpianto. Allora, ragazzi, cerchiamo di percorrere un’altra via, che poi è quella che da anni tentiamo di battere alle Sarre, a costo di apparire originali o un po’ … esagerati. Continuiamo a percorrere la via della proposta di chi vuole guardare più in alto, pensare più alla grande, scoprire un senso più profondo delle cose, degli avvenimenti, della vita. Il mondo è grande e vasto, è multiforme e vario, violento e generoso. Ne abbiamo un esempio plastico in questi giorni, dopo la tragedia dell’onda anomala che ha colpito parte dell’Asia, in una terra anch’essa ambivalente. Sono stato anni fa a Sumatra e dintorni in Indonesia, con alcuni missionari saveriani. La terra che ho visto è splendida e rischiosa, con le vette dei vulcani che la dominano dall’alto. La gente è affettuosa e spesso bisognosa di tutto. Chi vive con loro come i missionari riceve apprezzamento e riconoscenza, anche da parte dei non cristiani. La nostra gente in questa nostra porzione di mondo ha reagito alla loro tragedia in maniera diversa è contraddittoria: con generosità insperata da parte di tantissimi, e con cinismo vile e criminale da parte di chi è stato sorpreso a portar via bambini e adolescenti per scopi inconfessabili. È l’ultima riprova che il cuore dell’uomo è ambivalente: cinismo e violenza (oppure indifferenza, altra forma della violenza) oppure generosità e dedizione. Le due radici sono in noi tutti, spetta a ciascuno di noi tagliare il più possibile quella velenosa della violenza (pur non riuscendo mai a distruggerla del tutto) e potenziare quella benefica della pace. Tu che leggi pensi di aver fatto già la tua scelta? Sì, ma attenzione: quella scelta scade ogni giorno. Devi rinnovarla continuamente. Non dare mai per scontato di aver vinto. Inoltre, da solo è ancora più difficile. Restando insieme, riflettendo e progettando di più e meglio e facendo qualcosa, per quanto limitato possa essere, continueremo a coltivare la buona radice della pace, perché essa dia qualche frutto anche nel nostro piccolo, pur pensando alla grande. Un buon incoraggiamento in questo senso ci viene dal messaggio per la giornata mondiale della pace di Giovanni Paolo II (di cui riferiamo a parte) dal titolo significativo: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male. Con ciò vi auguro ancora un buon lavoro, Vs. DG.
Un grande film storico che ripercorre gli anni 50-60 all’interno di un piccolo paese della Lucania (a cura di Maria Rosaria Imperio) Il film “Del perduto amore” è ambientato nel 1955 in un paesino della Lucania e mostra le crude realtà di quegli anni. Gli autori sono Michele Placido, Fabrizio Bentivoglio, Sergio Rubini, Enrico Lo Verso, Rocco Papaleo, Giovanna Mezzogiorno. Le vicende non hanno una percorrenza lineare ma sono intrecciate, infatti vengono raccontate attraverso dei flash back. La prima scena del film si apre in una chiesa durante la celebrazioni della messa. Il prete, interpretato da Michele Placido, rimembra la sua infanzia il suo continuo fuggire perché si sente oppresso dagli insegnamenti del suo mentore, colto aristocratico del paese, e dalle diverse correnti politiche che vigevano in quel tempo ma soprattutto è influenzato dalla sua famiglia che non lo lascia scegliere e non gli permette di decidere cosa sia meglio per lui.La storia inizia nel momento in cui il protagonista Ettore, vuole farsi sacerdote ma i suoi genitori non approvano questa sua scelta e cercano in tutti i modi di ostacolarlo addirittura provano più volte di farlo avvicinare all’amore nei confronti dell’altro sesso in modo che egli abbandoni questo suo percorso di vita, ma i tentativi della famiglia falliscono perché Ettore non si lascia coinvolgere e tiene salda la sua decisione. Il continuo fuggire del piccolo ragazzo,sintomo di una perenne inquietudine, viene mostrato ripetutamente, attraverso delle immagini in cui egli correva senza mai fermarsi per vaste aree di terreno. La vita di Ettore si incontra ad un certo punto con quella di Giovanna Mezzogiorno, nelle vesti di Liliana,una giovane comunista che si dedica totalmente all’emancipazione delle donne. Questo suo impegno la pone in contrasto con la mentalità conservatrice della gente che la critica ma anche con i suoi compagni di partito che spesso non si applicano per portare avanti i loro ideali. Liliana apre una scuola popolare per istruire i bambini, per insegnare loro a ragionare a credere e a lottare per le proprie idee senza avere paura dei giudizi della gente e senza fare calcoli utilitaristici. Ettore entrerà a far parte di questa scuola perché è affascinato dal coraggio della giovane, anche contro la volontà della sua famiglia che portava avanti le ideologie fasciste e disprezzava le ideologie comuniste. Questo film ci fa notare che già negli anni cinquanta iniziano a fondarsi le basi di una grande movimento di rinnovamento culturale e sociale, che scoppierà definitivamente nel 68, in particolare notiamo che iniziano a sorgere le prime battaglie femministe che rivendicano una maggiore libertà. Liliana cerca di mobilitare le donne a ribellarsi, essere attive a partecipare alla vita politica e nel momento in cui ciò sta per realizzarsi, lei muore a causa di una grave malattia di cuore. La sua morte ci fa capire che è importante lottare per le proprie idee fino in fondo e non risparmiandosi. Soprattutto è importante portare avanti i propri ideali anche quando non si è capiti nemmeno dalle persone del proprio gruppo oltre che dagli avversari.
ANNOTAZIONI di SARA PETRUCCI |
TRA RICORDI E NUOVI IMPEGNI Siena 8 Novembre 2004. E’ passato più di un anno da quando sono partita per l’università, ma questa città non è ancora diventata “la mia città”, anche se ci vivo per circa 10 mesi all’anno. Credo che ormai tutti i lettori del Puntopace conoscano la piccola realtà di Tortora, quindi credo anche che riescano a comprendere bene come sia stato difficile per una ragazza come me ambientarsi qui. Io sono molto legata al mio paese e soprattutto alle persone che mi sono vicine, anche perché i calabresi sono noti per la loro cordialità. Qui il rapporto umano è totalmente opposto (o almeno così appare ai mie occhi). Per quanto si tratti di un capoluogo di provincia e di una famosa meta turistica, i senesi sono persone chiuse, legate anche loro alla propria terra ma ponendola in una posizione di prestigio rispetto alle altre. Questa non vuole essere una critica ma principalmente un confronto che inevitabilmente mi sono trovata a fare nel momento in cui la mia vita quotidiana mi ha messo a contatto con questa realtà. Sicuramente capirete che tornare a casa, anche se per pochi giorni, mi rende felice. E ancora di più lo sono stata quando l’ultima volta ho potuto approfittare di un incontro del gruppo per partecipare e trascorrere una giornata al nostro eremo. Ho tanto ricordi delle Sarre, avendo frequentato il campo scuola sin da quando ero piccola, e forse oggi riesco ad apprezzare meglio i momenti di tranquillità, di distacco dalle distrazioni giornaliere, di riflessione e il lavoro di gruppo. Prima mi porgevo sempre con interesse verso ogni iniziativa, ma riuscivo più a far pesare le rinunce che a cogliere a pieno ogni esperienza. Oggi guardandomi indietro mi rendo conto di come sono stata fortunata ad aver avuto questa opportunità perché mi ha fatta crescere e migliorare. Anzi, è proprio nel ricordo di quei momenti che mi rifugio quando sento la mancanza di casa e delle persone cui voglio bene…e non so se è solo un caso, ma stare qui non è più un “sacrificio”.
Messaggio di Giovanni
Paolo II «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» «La violenza distrugge ciò che sostiene di difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani» All’inizio del nuovo anno, torno a rivolgere la mia parola ai responsabili delle Nazioni e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, che avvertono quanto necessario sia costruire la pace nel mondo. Ho scelto come tema per la Giornata Mondiale della Pace 2005 l’esortazione di san Paolo nella Lettera ai Romani: Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male (12,21). Il male non si sconfigge con il male: su quella strada, infatti, anziché vincere il male, ci si fa vincere dal male (…) Il male, il bene e l’amore Il male non è una forza anonima che opera nel mondo in virtù di meccanismi deterministici e impersonali. Il male passa attraverso la libertà umana. Proprio questa facoltà, che distingue l’uomo dagli altri viventi sulla terra, sta al centro del dramma del male e ad esso costantemente si accompagna. Il male ha sempre un volto e un nome: il volto e il nome di uomini e di donne che liberamente lo scelgono (…). A cercarne le componenti profonde, il male è, in definitiva, un tragico sottrarsi alle esigenze dell’amore. Il bene morale, invece, nasce dall’amore, si manifesta come amore ed è orientato all’amore (…). La “grammatica”della legge morale Volgendo lo sguardo all’attuale situazione del mondo, non si può non constatare un impressionante dilagare di molteplici manifestazioni sociali e politiche del male: dal disordine sociale all’anarchia e alla guerra, dall’ingiustizia alla violenza contro l’altro e alla sua soppressione. Per orientare il proprio cammino tra gli opposti richiami del bene e del male, la famiglia umana ha urgente necessità di far tesoro del comune patrimonio di valori morali ricevuto in dono da Dio stesso (…). Parlando all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dieci anni or sono, della comune impresa al servizio della pace, ebbi a far riferimento alla “grammatica” della legge morale universale, richiamata dalla Chiesa nei suoi molteplici pronunciamenti in materia. Ispirando valori e principi comuni, tale legge unisce gli uomini tra loro, pur nella diversità delle rispettive culture, ed è immutabile: “rimane sotto l’evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso… Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né strappare dal cuore dell’uomo. Sempre risorge nella vita degli individui e delle società”. Questa comune grammatica della legge morale impone di impegnarsi sempre e con responsabilità per far sì che la vita delle persone e dei popoli venga rispettata e promossa. Alla sua luce non possono non essere stigmatizzati con vigore i mali di carattere sociale e politico che affliggono il mondo, soprattutto quelli provocati dalle esplosioni della violenza. In questo contesto, come non andare con il pensiero all’amato Continente africano, dove perdurano conflitti che hanno mietuto e continuano a mietere milioni di vittime? Come non evocare la pericolosa situazione della Palestina, la Terra di Gesù, dove non si riesce ad annodare, nella verità e nella giustizia, i fili della mutua comprensione, spezzati da un conflitto che ogni giorno attentati e vendette alimentano in modo preoccupante? E che dire del tragico fenomeno della violenza terroristica che sembra spingere il mondo intero verso un futuro di paura e di angoscia? Come, infine, non constatare con amarezza che il dramma iracheno si prolunga, purtroppo, in situazioni di incertezza e di insicurezza per tutti? Per conseguire il bene della pace bisogna, con lucida consapevolezza, affermare che la violenza è un male inaccettabile e che mai risolve i problemi. “La violenza è una menzogna, poiché è contraria alla verità della nostra fede, alla verità della nostra umanità. La violenza distrugge ciò che sostiene di difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani”. È pertanto indispensabile promuovere una grande opera educativa delle coscienze, che formi tutti, soprattutto le nuove generazioni, al bene aprendo loro l’orizzonte dell’umanesimo integrale e solidale, che la Chiesa indica e auspica. Su queste basi è possibile dar vita a un ordine sociale, economico e politico che tenga conto della dignità, della libertà e dei diritti fondamentali di ogni persona. Il bene comune e i beni della terra Per promuovere la pace, vincendo il male con il bene, occorre soffermarsi con particolare attenzione sul bene comune e sulle sue declinazioni sociali e politiche. Quando, infatti, a tutti i livelli si coltiva il bene comune, si coltiva la pace. Può forse la persona realizzare pienamente sé stessa prescindendo dalla sua natura sociale, cioè dal suo essere “con” e “per” gli altri? Il bene comune la riguarda da vicino. Riguarda da vicino tutte le forme espressive della socialità umana: la famiglia, i gruppi, le associazioni, le città, le regioni, gli Stati, le comunità dei popoli e delle Nazioni. Tutti, in qualche modo, sono coinvolti nell’impegno per il bene comune, nella ricerca costante del bene altrui come se fosse proprio (…). Il bene comune, pertanto, esige il rispetto e la promozione della persona e dei suoi diritti fondamentali, come pure il rispetto e la promozione dei diritti delle Nazioni in prospettiva universale Poiché il bene della pace è strettamente collegato allo sviluppo di tutti i popoli, è indispensabile tener conto delle implicazioni etiche dell’uso dei beni della terra. Il Concilio Vaticano II ha opportunamente ricordato che “Dio ha destinato la terra con tutto quello che in essa è contenuto all’uso di tutti gli uomini e popoli, sicché i beni creati devono pervenire a tutti con equo criterio, avendo per guida la giustizia e per compagna la carità”. L’appartenenza alla famiglia umana conferisce a ogni persona una specie di cittadinanza mondiale, rendendola titolare di diritti e di doveri, essendo gli uomini uniti da una comunanza di origine e di supremo destino. Basta che un bambino venga concepito perché sia titolare di diritti, meriti attenzioni e cure e qualcuno abbia il dovere di provvedervi. La condanna del razzismo, la tutela delle minoranze, l’assistenza ai profughi e ai rifugiati, la mobilitazione della solidarietà internazionale nei confronti di tutti i bisognosi non sono che coerenti applicazioni del principio della cittadinanza mondiale (…). Il principio della destinazione universale dei beni consente di affrontare adeguatamente la sfida della povertà, soprattutto tenendo conto delle condizioni di miseria in cui vive ancora oltre un miliardo di esseri umani. La Comunità internazionale si è posta come obiettivo prioritario, all’inizio del nuovo millennio, il dimezzamento del numero di queste persone entro l’anno 2015. La Chiesa sostiene e incoraggia tale impegno e invita i credenti in Cristo a manifestare, in modo concreto e in ogni ambito, un amore preferenziale per i poveri. Il dramma della povertà appare ancora strettamente connesso con la questione del debito estero dei Paesi poveri. Malgrado i significativi progressi sinora compiuti, la questione non ha ancora trovato adeguata soluzione (...). I Paesi poveri restano prigionieri di un circolo vizioso: i bassi redditi e la crescita lenta limitano il risparmio e, a loro volta, gli investimenti deboli e l’uso inefficace del risparmio non favoriscono la crescita L’Africa Al termine del Grande Giubileo dell’Anno 2000, nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho fatto cenno all’urgenza di una nuova fantasia della carità per diffondere nel mondo il Vangelo della speranza. Ciò si rende evidente particolarmente quando ci si avvicina ai tanti e delicati problemi che ostacolano lo sviluppo del Continente africano: si pensi ai numerosi conflitti armati, alle malattie pandemiche rese più pericolose dalle condizioni di miseria, all’instabilità politica cui si accompagna una diffusa insicurezza sociale. Sono realtà drammatiche che sollecitano un cammino radicalmente nuovo per l’Africa: è necessario dar vita a forme nuove di solidarietà, a livello bilaterale e multilaterale, con un più deciso impegno di tutti, nella piena consapevolezza che il bene dei popoli africani rappresenta una condizione indispensabile per il raggiungimento del bene comune universale La speranza cristiana Di fronte ai tanti drammi che affliggono il mondo, i cristiani confessano con umile fiducia che solo Dio rende possibile all’uomo e ai popoli il superamento del male per raggiungere il bene (…). Nessun uomo, nessuna donna di buona volontà può sottrarsi all’impegno di lottare per vincere con il bene il male. È una lotta che si combatte validamente soltanto con le armi dell’amore. Quando il bene vince il male, regna l’amore e dove regna l’amore regna la pace. È l’insegnamento del Vangelo.
Ventiquattro domande e ventiquattro
risposte
L'errore più grande? Rinunciare.
Il mistero più grande? La morte.
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