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Notiziario del gruppo giovani
(c/o G.Mazzillo – Contrada Sarre Tortora – CS)

www.puntopace.net

 

 

Sommario
Lasciare tutto o ritrovare tutto? 
Non collaborare con le “marche” che sfruttano i più poveri (Jacopo Limongi)
Due indimenticabili
FINE SETTIMANA (Diario di Antonio Benvenuto)
Cineforum
PROSSIMO INCONTRO
 

 

Anno 3, Numero 8

Marzo 2004

 

 

 Lasciare tutto o ritrovare tutto?
(d. Giovanni M.)

[Bandiera della pace e sullo sfondo montagne innevate dietro Tortora]
 

Carissimi amici di “Puntopace”, forse è capitato anche a qualcuno di voi che, leggendo un libro o ascoltando una storia, è come se vi avesse improvvisamente ritrovato la sua vita, o almeno qualcosa di importante di essa. A me è successo guardando il film “Fuori dal mondo”. L’avevo visto da solo e poi l’ho riguardato volentieri con quelli di voi che erano presenti alla nostra proiezione “privata”. Dello stesso film troverete in questo giornalino un bel commento di Mario Limongi. Oltre ai suoi tanti meriti, in campo artistico, il film offre a me l'occasione di spiegarvi perché io faccia le cose che faccio, perché mi prenda cura di voi, che cosa mi spinga, dove sia la mia risorsa segreta, quanto e perché io vi voglia bene. Il motivo lo si capisce dal film, dove, alla fine, una donna, che aveva frequentato l’università e aveva avuto un ragazzo, riconferma la sua scelta di lasciare tutto per dedicarsi a Dio e agli altri (i poveri della mensa presso la quale lavora). Certo sarebbe un gran dono che qualcuno sentisse lo stesso richiamo e lo stesso fascino…Tuttavia, non temete, qui non scrivo per dirvi che voglio che tutti siate preti o suore… (comunque magari passasse in testa a qualcuno), ma solo per spiegarvi perché io sia così e per trasmettervi - questo sì - un amore più grande per le persone, per la pace, per la natura, per le cose belle, per le cose grandi. Trasmettervi e condividere con voi anche un progetto di vita, dove tutto questo sia la nostra preoccupazione principale. Lo notate ormai da voi stessi (siete cresciuti, da quegli inizi del primo “puntopace” alle Sarre, vedi Notiziario nr. 0). Lo vedete, partecipando o assistendo a qualsiasi gioco, ma anche (purtroppo) nella scuola e negli altri settori della vita sociale: l'intento è sempre, sempre, superare l'altro, superare gli altri. Nel nostro progetto, invece (che cerca di essere fedele al progetto di Dio), il fine è superare noi stessi. Superare i nostri limiti - culturali, psicologici, morali e di ogni altro genere. Se proprio ci capiterà di dover superare gli altri, lo dovremo fare per competenza, per impegno, per dedizione. Sì, per amore. In nome di quel rapporto con un Amore Assoluto, che è ciò che nel film attira Caterina e le fa superare la sua crisi, dovuta al richiamo di una “maternità”, sebbene adottiva, e alla suggestione di una sistemazione affettiva, appena accarezzata e ben presto abbandonata. Proprio così. A quest’amore assoluto mi aggrappo anch’io e sarò felice di sapere che qualche brandello di esso lo state afferrando anche voi. Meglio: che quell'amore sta afferrando anche parte della vostra vita. In qualsiasi situazione, da sposati o no, da preti o laici, da giovani sul finire dell'adolescenza, come voi, o da più che cinquantenni come me, intercettare quest'amore sconfinato e che mai si arrende, è la cosa più bella che ci possa capitare. E le persone, quelle che ci amano e che amiamo, quelle da amare, dove vanno? Nessuna paura! Anzi. Queste persone sono segni espressivi e strumenti di quest'amore. Dio non è geloso: piuttosto, attraverso Gesù ci insegna che realizza pienamente il suo amore chi ama sempre più realmente e concretamente gli altri. E con ciò vi abbraccio e vi ringrazio, perché anche voi siete più che una scintilla per me: siete l'occasione perché io possa vivere quest'esperienza.
Ciao, d. Gianni M.  

PROSSIMO INCONTRO
VENERDì SANTO:
Ritiro alle Sarre ore 9:00

 


 

Il film che mi ha colpito di più durante i nostri cineforum con il gruppo Punto Pace è stato

FUORI DAL MONDO (Mario Limongi)


Nel film sono con-protagonisti due persone completamente diverse: Caterina, una suora dinamica e altruista ed Ernesto, uomo completamente solo e proprietario di una lavanderia piena di debiti. Il film inizia con suor Caterina, alla quale, durante una passeggiata nel parco, viene consegnato da un passante un neonato, avvolto in un maglione di lana. L’uomo dice di aver trovato il bambino e si giustifica dicendo di non poterlo tenere per alcune sue pendenze giudiziarie. La giovane suora in un primo momento si sente smarrita, ma poi decide di portare il neonato al policlinico. L’infermiera le comunica che il bambino vivrà e che il giudice lo ha chiamato Fausto e le consegna il maglione in cui era avvolto il neonato. Suor Caterina, grazie all’etichetta di quel maglione, riesce a risalire ad Ernesto, che, dopo tanti ripensamenti, si ricorda di averlo prestato, in una serata di inverno, a Teresa, ex impiegata della sua lavanderia. Caterina ha una grande confusione per la testa, influenzata anche dalla contrarietà di sua madre, che non si è amai rassegnata a vederla suora e lontana da casa. La giovane suora comincia a sentire il bambino come suo e, in un momento di forte carica emotiva, va in ospedale prende Fausto e scappa con lui. Poco dopo, però, si rende conto di quello che sta facendo e lo riporta all’ospedale. Ad accoglierla trova gli infermieri che l’informano che Fausto è stato affidato a una giovane coppia, mentre successivamente, Ernesto, che comincia ad affezionarsi a lei, le confessa che Fausto potrebbe essere suo figlio. Egli infatti aveva avuto una relazione con Teresa. Caterina in un primo momento reagisce con durezza, irritata soprattutto dal fatto che Ernesto non le aveva detto subito la verità, tanto da lasciarlo solo. Ernesto, preso dai suoi sensi di colpa e attanagliato dalla solitudine, si sente male e finisce in ospedale. Caterina va a trovarlo quando questi sta mettendo la firma per andarsene e lo accompagna a casa. Dopo qualche tempo, Ernesto viene a sapere che Teresa lavora in una gelateria a Milano e decide di andare a parlare con lei, per sapere se Fausto sia suo figlio. Comunica la sua decisione a Caterina, che, vestiti gli abiti civili, lo accompagna. Una volta arrivati a Milano, una collega di Teresa li indirizza ad un matrimonio dove Caterina finalmente, per conto di Ernesto, chiede del bambino. Teresa ammette di averlo abbandonato, ma dice che Ernesto non ne è assolutamente il padre. La suora informa Ernesto e, nel viaggio di ritorno, gli chiede di fermarsi a casa dei genitori adottivi di Fausto. Alla vista dei nuovi genitori del bambino è colta da una grande emozione. Vede completamente sfumare quel sentimento di maternità che era cresciuto prepotentemente in lei dopo aver trovato il bambino. Non le resta che donare una collanina con un crocifisso, con la preghiera di darla a Fausto quando diventerà più grande. Il momento successivo è ancora più intenso. Caterina scoppia in un gran pianto. Sembra attraversare il grande travaglio di dover abbandonare la sua vocazione. Ma dopo una visibile sofferenza, ad Ernesto, che era corso ad abbracciarla e che precedentemente non le aveva nascosto la sua idea di poter formare con lei una famiglia, Caterina fa capire di voler ritornare al convento. Anche a lui non resta che tornare alla sua vita di sempre. Con un miglioramento però sostanziale, perché diventa più fiducioso nella vita e inizia a trattare meglio le persone che lavorano con lui. Per me il film è risultato molto toccante e significativo, perché credo che ci informi e in qualche modo ci prepari su due punti che la vita ci riserva: la solitudine che può esserci in ogni uomo e l’istinto materno che c’è in ogni donna.

Il settimo sigillo
(Antonio Benvenuto)

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Il film di cui voglio parlarvi in quest’articolo è uno di quelli del nostro Cineforum ed è davvero, secondo il nostro motto, un film che fa crescere: “Il settimo sigillo”. Stupenda regia di un grande del cinema Ingmar Bergman. Film ricco di significati, sentimenti ed emozioni forti. Il bianco e nero gli dà un tocco in più e lo rende davvero suggestivo. La trama parla di un cavaliere, un nobile svedese, di ritorno dalle crociate in terra santa. Sbarcato con i suoi compagni su una spiaggia della Svezia, si incammina per un lungo viaggio, che lo porterà al suo castello. Un brutto incontro però lo attende lungo la strada: la morte! La morte, che in questo film è sotto forma di persona, dal viso esangue e coperta da un lungo mantello nero. Molti altri saranno gli incontri tra i due e tutti inquietanti. La morte lo aveva già scelto in quel momento, ma il cavaliere, che dopo tutto il sangue sparso nelle crociate, vedeva la sua fede vacillare, voleva, prima di morire, superare la crisi spirituale, che stava consumando la sua mente e la stessa sua anima. E così, per avere ancora tempo, egli sfida la morte a una partita a scacchi, la partita che avrebbe inesorabilmente deciso dell’esito della sua vita. Il gioco ha luogo a diverse riprese, mentre il viaggio continua. Entrato in paese, però, il cavaliere si accorge della precarietà in cui versa la Svezia: regnano sovrane povertà e superstizione e, come se ciò non bastasse, la peste sta decimando la popolazione. Occorre precisare che il viaggio non lo compie da solo. Lo accompagna una coppia di comici, con un bambino e un attore che ha lasciato la compagnia per seguire una donna che si è improvvisata sua amante. Il gruppo incontra anche un allucinante corteo di flagellanti che pregano per scongiurare la peste e un drappello di fanatici, che alla fine ardono al rogo una ragazza accusata di stregoneria. Il disgusto del cavaliere, che già conosce gli effetti infernali del fanatismo religioso è totale. Ma ciò non basta ad arrestare la morte, che intenta la sua prossima mossa e questa volta vince proprio quando il cavaliere è arrivato a casa e con lui si porta via, in un mesto corteo, tutti gli altri suoi compagni. Si salva solo la coppia dei comici, unita da un amore che sembra più forte della morte e con loro il bambino, segno di speranza e della vita che continua. Sicuramente non ho potuto raccontare tutte le emozioni che questo film ha suscitato in me e negli altri, ma posso dirvi che il film è davvero un capolavoro del cinema e vale la pena vederlo.

 

Eremo delle Sarre - Marzo 2004

Parte del gruppo alla "Bocca della Cappella"

Non collaborare con le “marche” che sfruttano i più poveri (Jacopo Limongi)

Il grande pericolo della società odierna è quello di diventare sempre di più parte integrante del sistema economico dominante, che è profondamente ingiusto. L’unica soluzione da prendere, in un contesto di questa portata, è quella di capovolgere il proprio stile di vita e decidere di fare i nostri acquisti in maniera alternativa. Nel mondo di oggi ci sono diverse società, per meglio dire le multinazionali, che si comportano in maniera immorale. I metodi da loro utilizzati rasentano l’illegalità, o meglio le loro sedi si trovano in paesi dove la legalità non esiste proprio, dove prevale la ragione del più forte, che con i soldi, può comprare tutto e tuttavia a spese della povera gente. Si tratta di quella gente che, pur di non morire di fame, si lascia calpestare da manager senza scrupoli. I prodotti di queste aziende sono spesso prodotti a basso costo, avendo una manodopera costretta a lavorare per dodici o quindici ore al giorno, o costretta a dormire su un pavimento accanto alla propria macchina da cucire, o addirittura a subire delle vere e proprie mutilazioni fisiche pur di avere un misero posto di lavoro retribuito per pochi dollari. Così succede, ad esempio, con le povere ragazze filippine, che, per contratto, devono accettare di essere sterilizzate e che spesso non sono neanche maggiorenni.

Ma che mondo è questo? E noi dovremmo lasciarci passare sotto il naso queste ingiustizie, senza battere ciglio, pensando soltanto ai nostri egoistici vantaggi? Dovremmo continuare a consumare i prodotti di questi mostri dei profitti e permettere che siano la concausa della morte di altri milioni di persone, soprattutto di bambini, cha, a differenza di noi, hanno avuto solo la sfortuna di essere nati in un’altra parte del mondo: quella sfruttata dai ricchi del mondo in cui viviamo noi? No, mai e poi mai! È il momento di reagire in maniera alternativa, cominciando già da oggi a fare resistenza in maniera alternativa. Certamente, questo richiede una conversione personale, oltre che strutturale. Dobbiamo cominciare a pensare ad un’economia che sia accompagnata da irrinunciabili principi morali. Non collaborare con le industrie e le multinazionali che opprimono, generano ingiustizie, inquinano, commerciano in armi. Dobbiamo invece cominciare a premiare le società e i modelli alternativi, come quelli del consumo equo e solidale, la banca etica e se siamo in dubbio consultare la guida del “consumo critico”. Dobbiamo finalmente imparare a ridimensionare il nostro stile di vita. In due parole: dobbiamo imparare a vivere più semplicemente! È chiaro che un compito cosi importante diventa più significativo se compiuto insieme ad altre persone, aggregandosi in vere e proprie comunità di resistenza. Così come cercheremo di fare noi ragazzi del Punto Pace, cominciando a non pretendere più prodotti firmati e marche coinvolte in operazioni immorali e contrari sia alle aeree più povere del pianeta, sia alla natura. Dobbiamo cominciare a sensibilizzare noi e le nostre mamme a mettere così nel carrello della nostra spesa solo i prodotti che sono stati fabbricati in modo corretto. È l’unico mezzo per fermare la macchina infernale di un’economia che per noi sembra portare comodità e comfort, ma per la maggior pare delle persone e per la natura porta solo miseria, malessere e distruzione.

DOVE INFORMARSI?
DA QUALI PRODOTTI DISSOCIARSI?
COSA POSSO FARE IO E LA MIA FAMIGLIA?
www.puntopace.net/consumocritico/consumo.htm

 

Due indimenticabili
FINE SETTIMANA ALLE SARRE
(Diario di Antonio Benvenuto)

17-18 Febbraio 2004

E’ finalmente arrivato il giorno del ritiro del gruppo Punto Pace!... La sera del 17 Febbraio, dopo aver superato non poche difficoltà, si è riunito il nostro gruppo all’eremo delle Sarre . Purtroppo avevamo saputo in anticipo che le ragazze sarebbero arrivate solo il mattino seguente. E così per guadagnare tempo, abbiamo deciso di fare un cineforum prima di salire, guardano il bel film di Giuseppe Piccioni “Fuori dal Mondo’’ (vedi l’articolo di Mario L.). L’appuntamento era alle 20:30 a casa di Don Giovanni. Subito dopo aver “gustato” il film, i suoi contenuti e aver dibattuto sulla sua profondità e dopo aver condiviso le grandi emozioni che aveva suscitato in ciascuno di noi, ci siamo separati: le ragazze sono tornate a casa e noi invece via verso il nostro amato eremo! L’allegra compagnia era composta da me (Antonio Benvenuto), Jacopo, Sergio, Mario, Marco, Pietro e Filippo. Abbiamo trovato il fuoco già pronto e l’ambiente riscaldato così ci siamo sistemati: anche qui con non poche difficoltà… per le solite indecisioni giovanili dell’ultimo momento! Tra l’altro per noi ragazzi farsi il letto è una delle imprese più difficili da portare a termine! Una volta finito, abbiamo concluso (si fa per dire) la serata con una bella preghiera.

La mattina seguente DJ si è insolitamente complimentato con noi per la notte tranquilla che avevamo trascorso, dico insolitamente, perché non è da noi: si vede che eravamo veramente, ma veramente, stanchi! Al risveglio è seguita una ricca colazione, accompagnata da una musica di sottofondo, ah che dolce risveglio! La colazione è stata seguita da una preghiera che ha anticipato la messa. Alla preghiera si sono aggiunte anche le ragazze capeggiate dalla nostra fedelissima e instancabile organizzatrice Giusy. Così come ci ha raggiunto Michele Limongi. È seguita la Messa cui hanno partecipato in molti, essendo venuti anche i nostri amici dell’Ulivo! Eravamo davvero tanti: è stato bello. Finita la messa, abbiamo preparato il pranzo. Da parte mia, ho ricevuto un incarico di cui sono andato molto fiero: arrostire la carne, che per l’occasione era di tacchino (non possiamo mica sempre mangiare salsicce!).

La pasta era buona soprattutto con il sugo della zia Maria, ma anche il secondo non sfigurava: qualcuno, come Giusy, dice che modestamente sono il “Re della brace!” Purtroppo però, subito dopo il pranzo, molti dei ragazzi ci hanno lasciato, a causa delle solite partite. Il cattivo esempio è stato seguito anche dalle ragazze, e così siamo rimasti in pochi, ma buoni, come si dice sempre in questi casi, almeno per consolarsi! La scelta di restare è stata ripagata, infatti abbiamo deciso di andare in escursione a Cardio il cui nome in greco significa “Cuore”, proprio perché rappresenta il cuore pulsante della natura circostante ed è una freschissima sorgente. Il posto è meraviglioso!

È stata una bellissima esperienza che ci ha fatto dimenticare anche la bruciante sconfitta subita il giorno prima nella partita con il Praja (da non dimenticare che nella squadra del Tortora, prima categoria, giochiamo in tre del gruppo: Filippo, Sergio ed io!).

[Foto dell'estate scorsa a Cardio]

Oggi 14 Marzo il gruppo Punto Pace è di nuovo pronto e scalpitante per salire all’ eremo delle Sarre. Alle 20.30 siamo tutti sotto casa di Don Giovanni, ma anche questa volte le ragazze ci hanno abbandonato, avranno paura del freddo le donnine, invece noi uomini veri, non temiamo niente!! Siamo più numerosi perché si è unito alla compagnia anche Jardel (benvenuto, Jardel!). Arrivati alle Sarre, ci siamo sistemati nelle stanze, sempre dopo aver risolto i soliti problemi, che già conoscete. Ci siamo accinti a preparare la cena, che si è conclusa con un bel dessert: niente di meno che yogurt ai frutti di bosco! Il resto della serata si è svolto a compilare un riuscitissimo test, appositamente predisposto, che mirava alla conoscenza di noi stessi e degli amici che ci stanno intorno. È una cosa che non succede molto spesso, perché presi dagli impegni quotidiani, a volte siamo tentati di trascurare gli altri, e, cosa ancora più grave, di trascurare noi stessi! La prima scheda ci chiedeva di tracciare il nostro identikit, con i nostri lati positivi e negativi, con i nostri sogni e le nostre paure e delusioni. La seconda ci impegnava a tracciare in gruppo l’identikit di ciascuno dei componenti del gruppo, così come sono visti dagli altri. È stato molto interessante e anche motivo di crescita interiore. La cosa è stata presa con molta serietà e svolta con molto impegno da ognuno di noi.Inoltre ci siamo resi conto che il giudizio nostro e quello fatto dagli altri su di noi combaciavano. Ci restano ancora molte schede da confrontare, ma lo faremo prossimamente. Posso però dire già da adesso che è stata un’esperienza veramente bella! Il giorno dopo, domenica, abbiamo continuato lo stesso lavoro insieme alle ragazze che compongono il gruppo e che ci avevano appena raggiunti.In seguito abbiamo partecipato alla messa che è stata celebrata in paese, dove don Giovanni ci ha colpito particolarmente con la sua vibrante omelia, che ha riempito il nostro cuore per tutto il resto della giornata. Era impostata sull’urgenza di portare speranza e liberazione per noi e per il nostro ambiente, diventando un roveto di impegno e d’amore, per non finire come il fico della parabola, pieno solo di foglie, ma senza frutti. (Vedi locandina della 3^ domenica di Quaresima).

3^ Domenica di Quaresima (C)

Dio tu bruci tra le spine della nostra oppressione,
ed esigi che ci alziamo per la liberazione,
perché, sai, anche noi siamo oppressi,
oltre che oppressori, oppressi dalla nostra smania
di potere e di stupida affermazione di noi stessi
senza curarci di quanti non hanno
nemmeno l’essenziale: il minimo per vivere.
Sicché noi forse senza saperlo o senza volerlo,
continuiamo a reggere un mondo ingiusto
con nuovi faraoni e nuove schiere di servi:
quelli si chiamano potenti, eserciti e multinazionali
monete forti e signori delle comunicazioni
e questi sono poveri e migranti, disoccupati
e non garantiti da nulla e da nessuno.
Ci afferri il sacro fuoco che ha riscaldato
il cuore di Mosé e ci faccia osare cammini nuovi
sui quali tentare una nuova parabola
di solidarietà e di liberazione. Amen!
GM/14/03/04

Ritornati all’ eremo abbiamo iniziato a cucinare. O meglio, a cucinare sono state le ragazze, ma noi abbiamo fatto tutta la nostra parte a mangiare! Il pranzo era buonissimo, sia perché consumato all’aria aperta, sia perché io ho preso anche stavolta il mio posto vicino alle braci, preparando una carne prelibata, (è o no l’ insuperabile Re della brace?! ndr).

A fine pranzo, come al solito, qualcuno ci ha tradito per il pallone (no sa rinunciare ancora a vedersi qualche partita!), mentre i rimanenti hanno preso parte all’escursione alla “Vucca di la cappedda”, posto bellissimo sopra le Sarre, da dove si può abbracciare un incantevole panorama, che va da Aieta a Maratea. Purtroppo la giornata era terminata forse troppo velocemente. Un po’ eravamo dispiaciuti, ma tanto sapevamo che di giornate così ce ne sarebbero state e ce ne saranno ancora tantissime altre.

 

[Sergio, Jardel, Antonio]