SEGNALAZIONE
DA Il SOLE 24 ore – DOMENICA (09-06-02), pag. 39
Nuove malattie dell’anima
(di
DOMENICO CHIANESE, presidente dell’Associazione psicoanalitica italiana)
Si svolgerà a Trieste dal
13 al 16 giugno 2002, il XII congresso nazionale della Società psicoanalitica
italiana che avrà per tema: «Fattori terapeutici in psicoanalisi», congresso
che permetterà di fare il punto sullo "stato dell'arte" della
psicoanalisi in relazione a un mondo in rapida trasformazione.
Verranno dibattute questioni
attinenti il metodo e il setting, il rapporto tra psicoanalisi e neuroscienze,
il tempo della cura, l'empatia. Si parlerà dei fattori terapeutici nell'analisi
dei bambini e degli adolescenti.
La sezione dal titolo:
«Il futuro della psicoanalisi in Europa.
Integrazione Est-Ovest», vedrà la partecipazione dei colleghi dell'Europa
dell'Est.
Ospite del congresso, Mario Lavagetto,
che presenterà un lavoro dal titolo «Letteratura e psicoanalisi: una capitale
di frontiera».
Trieste, città di confine tra
Mitteleuropa e Mediterraneo, crocevia di differenti culture, riveste una
particolare importanza per la psicoanalisi italiana. A Trieste, Edoardo Weiss,
analizzato da Federn e allievo di Freud, diede un impulso decisivo al sorgere e
al primo sviluppo della Società psicoanalitica italiana.
Gettando uno sguardo alla Trieste
dell'inizio del '900, appare evidente l'intima relazione che legava il mal di
vivere individuale, la nascita di una nuova cura e, per dirla con Saba, «Gli
spaventosi mali che funestano il nostro infelice secolo».
Zeno Cosmi scopriva che la sua
"malattia" era connaturata alla condizione umana del XX secolo, alla
«nostra complicata pazzia contemporanea». Quanto è mutata quella
"pazzia"?
La psicoanalisi nasce in un momento di
profonda trasformazione della civiltà, si presenta come una nuova forma di
terapia, ma anche come un sapere, che, insieme ad altri saperi cercò di dare un
senso alla crisi di un'epoca.
Ora noi ci troviamo ad affrontare nuovi e
complessi processi di civilizzazione che segnano la condizione umana, modellano
le forme che assume il dolore psichico.
Sono venuti meno quei garanti metasociali
e metapsichici (autorità, gerarchia, miti, credenze) che rappresentavano anche
delle grandi matrici della simbolizzazione e le «nuove malattie dell'anima»,
sono caratterizzate da una difficoltà alla simbolizzazione e rappresentazione.
Stati dell'essere caratterizzati da profondi vissuti di vuoto e di mancanza.
Si sono estese le patologie borderline,
intermedie tra nevrosi e psicosi, le aree melanconiche, i disturbi narcisistici
della personalità che si manifestano con una profonda fragilità dell'identità
personale. Nei "nuovi adolescenti, si assiste a una diffusa mancanza di
desiderio, di desiderio di futuro.
È diventato un luogo comune dire che il
mondo attuale è il mondo dell'immagine, del look, della televisione. Si
tratta di stereotipi che non ci debbono fare sottovalutare la serietà del
problema: immagini in serie che squalificano ogni immagine, che determinano una
diffusa credulità: immagini indotte che non facilitano la creazione di
immagini. Particolarmente esposti a questa induzione di immagini sono i bambini
la cui creatività si dovrebbe esprimere attraverso la costruzione attiva e
spontanea di immagini.
Da tempo ci si interroga di quanto e come
incidono questi profondi mutamenti sociali sulla struttura stessa dell'apparato
psichico dal momento che la realtà psichica nasce e si esprime attraverso i
simboli e gli oggetti della cultura e quando quei sostegni vengono meno, la vita
psichica subisce un mutamenti nel suo sviluppo.
Gli psicoanalisti affrontano questi temi
sia nella pratica clinica chi nella loro ricerca.
A contatto con gli stati profondi di
malessere, la parola non basta Quando il disturbo psichico nasce trae origine da
momenti precoci dell’esistenza, è fondamentale la costante partecipazione
emotiva dell'analista. L'analisi in questi casi deve lavorare alla costituzione
dl. uno “spazio” che manca, ci si deve preoccupare prioritariamente di
stabilire una relazione che non è data in partenza. Si crea così, lentamente,
tra l'analista e il paziente un campo, una relazione condivisa.
Il "campo" e la
"relazione" analitica sono tra gli oggetti specifici della ricerca
della psicoanalisi italiana degli ultimi venti anni.
Parallelamente alla pratica clinica gli
analisti cercano di comprendere il nuovo "disagio della civiltà" in
collaborazione con cultori di altri saperi. Non è un caso che l'ultimo
numero della rivista Psiche ha per tema «le nuove identità», ricerca
a cui hanno contribuito filosofi, scrittori. antropologi oltre che psicoanalisti.
Ma ogni autentico sapere analitico rimane comunque invincibilmente legato
alla pratica clinica, per dirla con Foucault, alla «strozzatura del rapporto
tra due individui» e, pertanto, solo ciò che è in comune tra analista e
paziente può essere oggetto d'analisi.
Desiderio di sapere e desiderio di
guarire unificano il progetto del paziente e dell'analista e i pazienti,
soprattutto quelli più sofferenti, ci chiedono un sapere che non è un bene
intellettuale, ma un bene che permette loro di vivere.
Exitienztragend:Wolfang
Loch usava questo neologismo per parlare della psicoanalisi. una cura che deve
tendere a "portare" (tragen) l'esistenza, nel senso di
"farsene carico", "sostenerla".
Identità
che cambiano - di
ARMANDO MASSARENTI
Tra le «Nuove identità» proposte dalla
rivista «Psiche» - che con un numero monografico su questo tema inaugura una
nuova serie, diretta
da Lorena Preta e edita dal Saggiatore -
ad assumere un posto centrale è proprio quella della psicoanalisi. La scommessa
è di far emergere l'identità forte di questa disciplina, corroborata - secondo
Preta - proprio dai grandi cambiamenti che hanno riguardato la nozione di
identità individuale.
il filosofo francofortese, Axel Honneth,
nel saggio di apertura, si chiede se sia giusto parlare di obsolescenza della
psicanalisi. Lo avevano fatto, negli anni 50-60, Adorno e Marcuse, osservando
che la forza dell'Io, mediata dalla situazione edipica, veniva meno in una
società di individui eterodiretti e indeboliti dalla socializzazione. e, nei
decenni successivi, le correnti post-moderne, che hanno invece difeso l'idea di
un io plurimo, capace di giocare con diverse identità. La psicoanalisi in
entrambi i casi era da considerarsi obsoleta perché si riferiva a un'epoca
nella quale condizioni psichiche e quadro culturale erano del tutto diversi. Ma,
alla luce degli sviluppi recenti, Honneth sostiene che non si può parlare di
obsolescenza perché anche all'interno della riflessione e della pratica
psicoanalitica è mutato radicalmente l'ideale di personalità. «Lo stato di
maturità del soggetto non è più rnisurato
in termini di capacità di controllare i suoi bisogni e il suo mondo
circostante - cioè, in termini di forza dell'lo - ma in termini di capacità di
aprirsi ai molti lati della propria persona, come espresso nel concetto di
"vitalità"», che include un potenziale di dialogo interiore capace
di accogliere il maggior numero
possibile delle varie relazioni
interattive. Un modello questo che secondo Sebastiano Malfettone ha i suoi
pregi, ma che può facilmente scivolare verso una forma di relativismo, al quale
si può ovviare immettendo nella psicoanalisi un elemento "normativo"
che recuperi una qualche forma di universalismo etico. Il che potrebbe essere
utile anche per orientarsi nella straordinaria ricchezza di identità,
personali, sociali, ma anche disciplinari, messa in gioco da questo numero di «Psiche»,
che continua così la tradizione di rivista di dialogo e di apertura con la
cultura esterna al mondo psicoanalitico.
Senza però rinunciare a uno statuto
epistemologico autonomo che, secondo Lorena Preta, è assai più forte di quanto
si creda: «La psicoanalisi senza dubbio rimane ancor oggi l'unica disciplina
capace di offrire una visione adeguata della complessità della mente».
Un'espressione forte e chiara, che non può che facilitare il confronto anche
con coloro che non la condividono. In passato la psicoanalisi ha mostrato di non
amare le critiche che ne mettono in dubbio lo statuto epistemologico o
scientifico. Ma tra le possibili forme di "apertura" quella nei
confronti di chi non si riconosce in questo universo di discorso ma pensa
tuttavia di avere qualcosa da dire sulla mente e sulla psiche forse potrebbe
rivelarsi stimolante almeno quanto le altre.