Giovanni Mazzillo
CONVEGNO di Orsomarso www.puntopace.net
Tema assegnato a G. Mazzillo: “Aut scribendo aut legendo aut laborando”. Introspezioni teologico-spirituali nel Bios di San Saba
Tema generale: Convegno a Orsomarso. Il Monachesimo orientale e l’Eparchia del Mercurion, 28 settembre 2019
[RELAZIONE LETTA IN SALA, il testo completo sarà leggibile negli Atti del convegno]
Locandina del convegno:
Link al testo della relazione:
“Aut scribendo aut legendo
aut laborando”. Introspezioni teologico-spirituali nel
Bios
di San Saba
FOTO del CONVEGNO
La valle del fiume Argentino |
Rione Santa Croce |
La chiesa del SS. Salvatore, sala del convegno |
|
G. Mazzillo |
Biagio Moliterni |
Vicolo tipico di Orsomarso con don Roberto Oliva, Francesca Geria e la
comunità |
la chiesa vista dall'altare |
TESTO SINTENTICO DISTRIBUITO AI PARTECIPANTI
Giovanni Mazzillo
<info>
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“Aut
scribendo aut legendo aut laborando”. Introspezioni teologico-spirituali nel
Bios di San Saba
Convegno a Orsomarso.
Il
Monachesimo orientale e l’Eparchia del Mercurion,
28 settembre 2019
- Parliamo di San Saba il Giovane (910 ca. - 990 ca.),
diverso dai Santi Saba martiri e San Saba Archimandrita. Fonte il
Bios del patriarca Oreste,
che scrive su
di lui e sul fratello Macario, monaco come il loro padre naturale Cristoforo e
la madre Calì. «Mia madre e miei fratelli .. ascoltano la parola di Dio e la
mettono in pratica» (Lc 8,21).
La
sua vita è narrata dal
monastero di San Filippo di Agira al
Mercurion, a Lacum Nigrum,
alla Valle del Sinni. Successivamente dal Salernitano al monastero di San
Cesario, a Roma.
- «Introspezione di spiritualità»
in un humus
teologico (vedi precedenti interventi)[1],
per «guardare dentro» i fatti di coscienza radicati nella sequela di Gesù,
presenti nella nostra spiritualità[2].
- Il padre Cristoforo, a Ctisa,
in Sicilia,«trattenendosi in quel luogo giorno e notte, piangendo e pregando, si
conciliava il favore di Dio che libera dalla pusillanimità e dalle insidie
quanti confidano in lui» (cap. III).
Similmente
ad alcune figure ancestrali di casa nostra, cariche di forza, scolpite nella
mente e nel cuore! Come loro, Cristoforo, «infiammato nel cuore dall'ardore
dell’amore divino, prendendo le distanze da tutte le lusinghe che fanno presa
sulle anime dei giovani, andò dal padre» che lo condusse a
indossare
la veste monacale».
Saba «lasciò i genitori dai parenti e insieme al
fratello Macario… arrivò nella regione di Mercurio che si trovava tra la
Calabria e la Longobardia, dove abitavano moltissimi monaci che erano dediti
alla pratica della vita ascetica. … avendo Dio come unico interlocutore» (cap.
VII). Cantava in ginocchio i Salmi e li meditava disponendo le sue braccia a
forma di croce, tempio di preghiera egli stesso (cf. cap. VIII). Da San Paolo la
partecipazione al mistero pasquale. Sofferenza e gioia fuse nell’esperienza di
Dio:
Se anche il nostro
corpo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in
giorno”»
(cap. XX) [cf. 2Cor 4,16].
L’espressione
chiesa di Dio,
assente, è sostituita da una esperienza vissuta in comunione con il popolo
locale,
«raduno
di uomini pii e portatori di Dio»: è il
popolo di Dio (laòs
toû theoû), chiesa terrena e
celeste, che unisce monaci e laici: «[Dio, Tu] hai
separato il mar Rosso e con mano forte portasti in salvo il tuo popolo, tu che …
deviasti il corso del Giordano»
(cap.XIII).
Come nelle
guarigioni dei vangeli, la meraviglia coglie anche quanti si trovano intorno a
Saba, dopo alcuni eventi prodigiosi: «presi da grande stupore, rendevano
grazie a Dio e, a gran voce, dicevano: “Sei grande, o Signore, e sono degne di
meraviglia le tue opere”» (cap. XXI).
Nella
pagina finale la Chiesa è il gregge di Dio:
«Tu sai, o
venerabilissimo [San Saba], quale sia la nostra gioia e quale fiducia abbiamo
nella tua santità celeste e nella tua sconfinata beatitudine. Tu, padre
santissimo, proprio come un angelo, conosci il nostro ardente zelo e sai quanta
fiducia abbiamo riposto nella tua santità, durante la tua vita terrena, ancor di
più, ora, che sei stato accolto a godere dell’eterna beatitudine, dove scorgi in
modo più nitido e puro le cose divine e guardi verso di noi, in modo
misericordioso»
(cap. LII).
- Altro tratto nella vita di Saba
è ciò che i nostri anziani hanno congiunto in questo adagio.
Esempio:
la piena del fiume Signo (il Sinni). Dopo la preghiera intensa San Saba
si
dà all’azione, accatastando una notevole quantità di legna in un solo luogo, per
realizzare una diga che sostenne la piena e deviò il Sinni verso un altro
percorso» (XIII). Elementi che accomunano il monachesimo orientale e
occidentale: «Ora et labora» dei Benedettini simile al
modello cenobitico della comunità di San Pacomio
di Tabennesi (Egitto), tale comunità e la fraternità basiliana
e la
koinōnía negli Atti degli Apostoli. Dove il termine indica la
prima comunità cristiana: «la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede
aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che
gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune» (At 4,32; cf. At 2,42).
- La
Taciturnitas
benedettina e
l’ospitalità sacra nel mondo greco hanno un’importanza
fondamentale: Prega Dio e bada agli uomini che ti passano accanto!
«Perché non hai rispettato il mio comando,
razionando l’offerta del monastero ai pellegrini? Forse non ascoltasti
l'apostolo che diceva: "Non dimenticate l'ospitalità, infatti, praticandola,
alcuni accolsero anche gli angeli?". Quello rispose al grande uomo: "Perdonami,
venerando padre, ma il frumento non basterà neanche ai monaci". Saba non si
lasciò convincere da queste parole e disse: "Tu, o fratello, hai il frumento
nascosto sotto terra, tiralo fuori e distribuiscilo a coloro che si avvicinano”»
(cap. XIV).
Sulla stessa scia gli episodi a favore delle nostre
popolazioni locali (Scalea ed Aieta):
preghiera
e invio dei monaci per liberare Aieta dal flagello delle
cavallette (cap.XVI).
- Tratti di grande umanità che onorano
le persone terrene e rendono gloria a Dio nei cieli. Saba amava sì i luoghi
solitari: «“inaccessibili
alle folle umane”, per sfuggire all’assalto di quanti gli si avvicinavano, ma
non poteva rimanere in totale solitudine per gli amatissimi genitori, a lui
(profondamente) legati, perché erano già in età avanzata …. In seguito alla loro
morte, ormai libero, manifestò subito il desiderio di ritornare nel territorio
di quella regione che i Latini chiamano Lagonegro» (cap. XXIV).
- Le
“introspezioni teologico-spirituali” sono riconducibili a questa sorta di
segreto, che è l’unico a giustificare le scelte talora estreme fatte da Saba e
da altri come lui. È il segreto dei segreti e si può asserire che è vivere sulla
terra
con
la mente nel cielo e il cuore tra gli uomini. Mi sembra un’affermazione
basilare, prima di ogni altra che si possa fare sulla vita di Saba e degli altri
monaci italo-greci. Deve essere ciò che ha conquistato tanti, tra i quali il suo
biografo che ha voluto narrarne la storia «affinché l’abisso della memoria non
cancelli molti eventi memorabili di quell’uomo eccezionale» (cap. XLIII)[3].
Solo
tale orizzonte di cielo, sempre avvertito come sale che dà sapore alla vita e
come respiro divino che ci sostiene, può giustificare l’avventura dei nostri
monaci, avventura
profondamente umana e straordinaria esperienza di fede.
È ciò che ha fatto sì che in una grotta o in una laura, nella propria celletta o
nel coro di una grande cattedrale, il monaco abbia potuto vivere un anticipo e una sorta di continua tangenza di
cielo. La cella è diventata cielo e ogni cosa viene vissuta con un suo
particolare orientamento verso l’alto. È scorgere l’invisibile nelle cose
visibili, al pari di Mosè, che «per fede lasciò l'Egitto, senza temere l'ira del
re; rimase infatti saldo, come se vedesse l'invisibile» (Eb 11,27).
È qualcosa di improponibile per noi oggi? Non direi. Al contrario,
è una scuola dove ci si esercita a guardare più lontano e più in
profondità. Possiamo riuscirci anche noi. Possiamo vivere un
monachesimo
interiorizzato, che alla fine è il recupero dell’anima del monachesimo. San Saba
ce ne offre un esempio e un insegnamento mirabile. Qualcuno, erede di un
monachesimo che non si è mai definitivamente spento ci esorta con queste parole,
che vengono da una spiritualità che congiunge Oriente e Occidente, mentre
congiunge il cielo e la terra: "Vivi come
se la tua casa fosse un Monastero, la tua camera la cella monastica e
l'obbedienza e il servizio a tua madre come all'Egumeno"[4].
[1] Cf. G. Mazzillo, «Monachesimo italo-greco tra ascesi e prassi», in Città Di Maratea & Altri, Atti del Congresso di Studi su "La Civiltà Bizantina nel Mezzogiorno d'Italia", Zaccara Editore, Lagonegro (PZ). 2017, pp. 125-131 [leggibile da http://www.puntopace.net/Mazzillo/MazzilloInterventoConvegnoBizantini.pdf ; Id., «Appunti per una ricognizione dei riferimenti a Gesù nelle “vite” di alcuni monaci» italo-greci (calabresi e siciliani) [21-06-18], leggibile da: http://www.puntopace.net/Mazzillo/GesuNeiBioi.pdf.
[2] Cf. G. Mazzillo, «Presentazione di Giovanni Russo alla recensione dei suoi libri sul monachesimo italo-greco», Catanzaro 28/11/2017, leggibile da: http://www.puntopace.net/Mazzillo/Presentazione%20di%20Giovanni%20Russo.pdf .
[3]
L’espressione greca contiene il dativo plurale di
buqÒς
accanto al
passivo del verbo
¡maurÒw
(estinguere, cancellare), per cui l’espressione,
in sé più poetica, suona: affinché negli abissi
della memoria non si perdano.
[4] Papàs Luigi Lucini, da https://blog.libero.it/uncuoremonastico/11420141.html (19/09/19).