Da ADISTA - notizie - 27 maggio 2006 - 09:44:47
CRISTIANESIMO, ATEISMO, RAGIONE PUBBLICA: FLORES D'ARCAIS ED ENZO BIANCHI
A CONFRONTO
33401. ROMA-ADISTA. "La filosofia può fare a meno di
Dio?". "No, se facciamo riferimento all'analisi del nostro tempo, dominato
dalla credenza degli uomini in Dio. Sì, se consideriamo il problema da un
punto di vista metodologico-contenutistico". Da questa riflessione di
Paolo Flores d'Arcais prende avvio la tavola rotonda "La filosofia può
fare a meno di Dio? L'ateismo della ragione e le ragioni della fede", uno
degli incontri conclusivi del Festival di Filosofia di Roma (vedi notizia
precedente).
Flores difende una posizione di ateismo radicale: le domande classiche
della filosofia "chi siamo? da dove veniamo? dove andiamo? non hanno
bisogno di postulare Dio per ricevere una risposta": siamo "una scimmia
modificata frutto di molti errori a livello di trascrizione del patrimonio
genetico"; "conosciamo la storia dell'universo fino ad una approssimazione
infinitesimale dall'istante della sua nascita"; "non andiamo da nessuna
parte. Non c'è uno scopo nella natura né nell'uomo. Il caso e la necessità
sono i principi che hanno dato luogo a ciò che è. Non ci sono cromosomi di
senso o cromosomi morali nella realtà".
La filosofia - secondo Flores - ha spesso tentato di eludere l'angoscia
suscitata da questi interrogativi, si tratta però non di "eludere" la
"finitezza" ma di "pensarla". L'ateismo può essere affrontato in due modi:
o alla maniera di Hume, mettendo in luce le aporie e le contraddizioni
interne all'idea di Dio; oppure alla maniera di Nietzche, che non si pone
il problema dell'esistenza effettiva di Dio, interessandosi piuttosto
sugli effetti che l'idea di Dio – e la relativa scomparsa di quest'idea –
ha sulla società umana.
Oggi, secondo il direttore di MicroMega, la prima modalità di rivendicare
una posizione atea è quasi caduta in disuso, tacciata di essere
espressione di un "positivismo d'accatto". Eppure è tanto più urgente
sostenerne le ragioni quanto più la fede religiosa rivendica per sé la
categoria della "verità". "Da questa proclamazione di verità deriva il
pericolo di teocrazia insito in tale concezione religiosa. Non avrei alcun
problema - aggiunge Flores - ad accettare la fede di Paolo di Tarso, la
fede come ‘follia' estranea alla ragione. Ma quando la fede pretende di
coincidere con la ‘verità' è evidente che, procedendo con coerenza,
cercherà di imporre i suoi dogmi col braccio secolare perché non può
accettare che le leggi positive si ispirino a principi, secondo la sua
logica, ‘disumani' e ‘contro ragione'".
Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose che ha partecipato
alla tavola rotonda insieme a Moni Ovadia, Umberto Galimberti e Simon
Conway Morris, risponde a Flores stabilendo preliminarmente una diversità
di fondo fra fede e ragione, le quali non possono confliggere perché si
muovono "su piani diversi". "La fede non è il risultato di un
ragionamento, non è un percorso di carattere teoretico. Le risposte della
fede alle domande ‘chi siamo', ‘dove veniamo', ‘dove andiamo' non si
pongono in concorrenza con le acquisizioni scientifiche. Chi può negare –
domanda padre Bianchi – che veniamo dalla terra e nella terra ritorneremo?
È la Genesi stessa a dirlo". La fede offre però una via di ricerca
aggiuntiva alle spiegazioni scientifiche: "ciò che scientificamente è
frutto del caso o della necessità, può essere letto, grazie alla fede,
come frutto di ‘amore' e ‘libertà'".
Per quanto concerne la dimensione "politica" della religione, Enzo Bianchi
afferma che "il Dio cristiano non è un Dio totalitario: è un Dio che
rispetta l'uomo e la storia. Non chiede ai credenti di sanzionare nella
sfera politica ciò che loro considerano peccato". Il cristianesimo può
dare un contributo in direzione di una "umanizzazione" della società,
coerentemente con i suoi principi ed il suo messaggio. Ma i cristiani non
devono mai ammantare le loro posizioni – liberamente espresse nell'agorà,
in una sfera pubblica dove devono convivere diverse credenze e visioni del
mondo – di elementi teologici che le sottraggano dogmaticamente alla
legittima critica dell'argomentazione laica. Purtroppo, aggiunge Bianchi,
non sempre i cristiani dimostrano di aver raggiunto la maturità necessaria
in questo ambito. (emilio carnevali) |