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Due relazioni sull’ordinazione e sul ministero ordinato

APPUNTI per Appunti per una teologia dell’ordinazione e del ministero ordinato

1^ Relazione. Linee fondamentali della teologia dell'ordinazione e del ministero ordinato. Relazione al ritiro del clero di San Marco-Scalea. Cetraro 20/10/1999.

2^ Relazione. Acquisizioni magisteriali sull'ordinazione e sul ministero ordinato (Cetraro 21/10/1999)

Linee fondamentali della teologia dell'ordinazione e del ministero ordinato. Relazione al ritiro del clero di San Marco-Scalea. Cetraro 20/10/1999.

1) Alcune premesse

a) Sulla teologia

Non bisogna dimenticare che essa è la riflessione critica sul dato di fede, a partire dall'esperienza ecclesiale nel suo continuo dialogo con Dio e nel dialogo con la storia, nella storia e per la storia dell'uomo. Questa definizione implica alcune scelte non teoretiche ed astratte, ma di collocazione ecclesiale e di interpretazione storico-esistenziale. Implica l'opzione di un modello particolare, a partire dal rapporto fondamentale tra la propria identità e quella dei due grandi temi teologici qui in gioco: Dio e la chiesa, declinati il primo come figlio di Dio, incarnato nella storia umana, e il popolo di Dio come comunità convocata e fermento storicamente determinante per la salvezza dell'uomo e del mondo.

b) Sulla mediazione

Ci sono diversi schemi per esprimere l'idea del rapporto tra il divino e la sua investitura nei confronti di alcuni uomini, suoi ministri e ministri della comunità. Il primo schema pensa a una configurazione particolare di un essere umano con il sacro, in quanto cifra che media l'esperienza religiosa come apertura dell'esistenza a ciò che e al di sopra di essa.

Lo schema alternativo mette in relazione la Trinità “economica” (salvifica) con il popolo di Dio in ordine alla salvezza del mondo e dell'uomo. È lo schema conciliare.

In ogni caso tre elementi sono in gioco: Dio , la Trinità e la comunità divina, ai quali corrispondono l'uomo, l’interpretazione dell’umanità, la società umana e, per ciò che riguarda il collegamento tra la prima della seconda serie, gli elementi in gioco sono il mediatore, la salvezza, l'evoluzione della storia del loro rapporto.

c) Sull'ordinazione

Ci sono diverse condizioni di base a partire dal concetto di ordine:

aa) ordinamento come nuova entità (ordo) in quanto divisione di casta, fino alla differenziazione sacrale dell'identità;

bb) ordinazione come nuova specificazione ecclesiale in rapporto a una ministerialità specifica;

cc) nuova costituzione (prae-ordinatio = constitutio) come conformazione esistenziale nei parametri fondamentali riguardanti Dio e l'umanità, Cristo e i fratelli.

Esempi. Per a) il modello levitico, collegato alla figura biblica di Aronne; per b) il modello luterano che indica un compito conferito dal basso, oppure il modello cattolico che vuole investitura dall'alto; per c) il modello giovanneo, con accentuazioni nel primo o nel secondo senso. Confronta, a questo riguardo, il brano del Vangelo di Giovanni in cui Gesù chiede a Pietro: "Mi ami tu?" e solo dopo aver ricevuto una risposta affermativa, gli conferisce il ministero: "pasci le mie pecore". Qui si chiede molto di più che una semplice investitura formale: si richiede un impegno esistenziale.

d) Fondazione biblica

Vangeli e gli Atti degli Apostoli attestano che la" chiamata" è fatta in corrispondenza al disegno di Dio: Cristo ha scelto quelli che egli ha voluto (cfr. Mc 3,13-14; Gv 6,70), e lo ha fatto in unione col Padre, “nello Spirito Santo” (At 1,2), dopo aver passato la notte in preghiera (cfr. Lc 6,12). Pertanto, nell'ammissione al sacerdozio ministeriale (cfr. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, n. 28; Decreto Presbyterorum Ordinis, n. 2b), la Chiesa ha sempre riconosciuto come norma perenne il modo di agire del suo Signore nella scelta dei dodici uomini che Egli ha posto a fondamento della sua Chiesa (cfr. Ap 21,14). Essi, in realtà, non hanno ricevuto solamente una funzione, che in seguito avrebbe potuto essere esercitata da qualunque membro della Chiesa, ma sono stati specialmente ed intimamente associati alla missione dello stesso Verbo incarnato (cfr. Mt 10,1.7-8; 28,16-20; Mc 3,13-16; 16,14-15). Gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori (cfr. 1Tm 3,1-13; 2Tm 1,6; Tt 1,5-9) che sarebbero ad essi succeduti nel ministero (cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1577). In tale scelta erano inclusi anche coloro che, attraverso i tempi della Chiesa, avrebbero proseguito la missione degli Apostoli di rappresentare Cristo Signore e Redentore (cfr. Costituzione dogmatica Lumen Gentium, n. 20 e n. 21).

2) Il rapporto con Dio

Quanto già visto sugli schemi riguardanti la mediazione e il suo impatto sull'uomo presenta precisi agganci sul modo di intendere il divino. Nel modello sacrale Dio è l'onnipotente da mediare, cioè da trovare e decifrare per trasmetterne gli ordini in merito alla vita e alla morte degli uomini. C'è sullo sfodo un modello piramidale, o un modello giuridico-imperiale, che attribuisce all'uomo una giurisdizione plenipotenziaria (in vece sui). Ci può essere anche allla base una sorta di trasformazione di carattere ontologico-differenziale, che contrappone il soggetto ordinato al resto degli uomini. Dio, vertice del bene del bello e del vero e all'origine di una concezione di Cristo come sacerdote re e profeta, che corrisponde alla mediazione della giustzia collegata al bonum, della bellezza collegata al pulcrum e dell'insegnamento collegato al verum. Per questa ragione Cristo è sacerdote, re e profeta e a lui e ricondotto il triplice ufficio (munus) di santificare, governare ed insegnare. Un triplice munus conferito integralmente e in vece sui alla gerarchia. Per questo motivo la chiesa è considerata, a sua volta, maestra e guida, madre e gerarchia. Ciò che ne deriva in termini di comunicazione per gli altri è la parola come ordine e come decreto, come legge alla quale obbedire.

A fronte di questi modelli, che la teologia cattolica avrebbe tutto già superare, è bene ribadire il modello conciliare, affermando, in generale, che in quest’ultimo Dio è centro della realtà complessiva e dell'interiorità umana in particolare. Egli si pone non dal di sopra, ma dal di dentro. La parola più che un decreto, è una chiamata: è la vocazione dell'uomo a vivere nella storia la gratuità e la solidarietà di Dio. La Chiesa più che madre è considerata sorella e compagna di strada degli uomini. Il modello conciliare ha anche dei risvolti sul piano teologico trinitario, nel senso che il rapporto con il Padre fa cogliere il valore della fraternità del ministero; il rapporto con il Figlio comporta una concezione del ministro come discepolo e seguace di Cristo; il rapporto con lo Spirito Santo fa sì che il ministro veda sempre in lui il suscitatore dei doni e la fonte di nuova energia.

3) Il rapporto con l'uomo

L'uomo può essere considerato come umanità, da dominare da convocare o da salvare in corrispondenza di tre concetti che sono la plebs Dei, l'ecclesia Dei e il populus Dei. Nel primo caso ciò che appare determinante, anche se non espresso, è che l'umanità è vista come sostanzialmente cattiva e quindi da fuggire, oppure come un esilio ed da sopportare. Negli altri due casi è un insieme di fratelli da comprendere e servire. Secondo la teologia conciliare l'umanità è una vicenda da condividere, con la convinzione che in essa è presente il regno di Dio. Alle tradizionali concezioni della chiesa come impero e come società subentra così quella della comunione, che riteniamo che debba meglio essere collegata al popolo di Dio. Di conseguenza la figura del mediatore è, secondo il modello sacrale, un consacrato, separato dagli altri e dominante sugli altri; secondo il modello alternativo, che parte da quello conciliare, il mediatore è organicamente (e sacramentalmente) inserito nell’agire della Chiesa secondo Cristo e nell’agire di Cristo. L’ordinato è tale per essere, in Cristo, profeta che vede l’invisibile, vive e promuove l’avanzamento del Regno; per essere in lui partecipe di quel sacerdozio che gli fa offrire e trasfigurare il mondo. Egli non solo offre, ma si offre per cambiare l’umanità; porta alla luce l’Ulteriorità che preme nell’animo di ogni uomo, vive la dimensione simbolico-liturgica del popolo di Dio, dove egli dimora e «mantiene alta la tensione del desiderio, nutrendo la propria vita e riconoscendovi la sorgente della propria crescita spirituale»; annuncia l’interruzione di un modo di vivere e di essere per l’irruzione dell’essere non solo con Dio, ma secondo Dio.

4) La figura del mediatore

Nel modello sacrale l'uomo è semplicemente consacrato in quanto investito dal divino e separato dal mondo profano. Sono caratteristici del modello sacrale l'offerta, la benedizione, le visioni come collegamenti tra Dio dell'uomo che cercano un contatto, ma conservando una distanza abissale. Per il modello conciliare, lo possiamo suddividere in due. Quello primordiale deriva rispettivamente il servizio (carità), l'annuncio (catechesi) e la celebrazione (liturgia) dalla diakonia, martyria e koinonia. In un modello conciliare progredito l'agire della Chiesa è in continuità con l'agire di Cristo, di cui sente l'urgenza della sequela. Il ministero è allora ministero della vita e per la vita. Del resto è in armonia l'invito della presentazione del documento "Linee comuni per la vita dei nostri seminari": "essere capaci di farsi evangelicamente carico delle sfide della storia". L'agire della Chiesa, conformemente all'agire di Cristo, realizza le beatitudini del Signore in quanto: a) annuncia la buona novella (realizzando il ministero della gioia condivisa); visita gli uomini ai quali porta conforto e guarigione (e in ciò realizza il ministero della compagnia e dell'accompagnamento); restituisce il gusto della luce e della vita (e in ciò realizza il ministero della vita e della pace). Un aggancio a questi ultimi accenni si può trovare nelle "linee comuni ", al n. 48, dove, a proposito della dimensione e simbolico-liturgica, è scritto: "in essa il popolo di Dio dimora e mantiene alta l'attenzione del desiderio nutrendo la propria vita e riconoscendovi la sorgente della propria crescita spirituale". La conformazione a Cristo non è più nell'ottica della plenipotenziarità o della rappresentanza, ma in quella dell'incarnazione: farsi simili ai destinatari della propria missione, come ha fatto Cristo. Essere in Cristo è per il ministro ordinato essere profeta che vede l'invisibile e che vive il regno sapendone scorgere i segni incipienti; saper offrire e trasfigurare il mondo offrendo la propria esistenza; saper portare alla luce verso l'Ulteriorità i propri fratelli, accompagnandoli nella scoperta dell'eccedenza di senso e della storia che essi vivono.

 

Acquisizioni magisteriali sull'ordinazione e sul ministero ordinato. Ritiro a Cetraro 21/10/1999

Introduzione

Prendiamo l'avvio della riflessione dal Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, Tota ecclesia, del 1994. Nel Capitolo I ("Identità del presbitero") al n. 1 si parla del sacerdozio comune (battesimale) in questi termini:

L'intera Chiesa è stata resa partecipe dell'unzione sacerdotale di Cristo nello Spirito Santo. Nella chiesa, infatti, «tutti i fedeli formano un sacerdozio santo e regale, offrono a Dio ostie spirituali per mezzo di Gesù Cristo e annunziano le grandezze di colui che li ha chiamati per trarli dalle tenebre e accoglierli nella sua luce meravigliosa (cf 1Pt 2, 5.9)» (Presbyterorum Ordinis, 2). In Cristo, tutto il suo corpo mistico è unito al Padre per lo Spirito Santo, in vista della salvezza di tutti gli uomini.

Si aggiunge nello stesso numero che la chiesa stessa da Cristo «riceve costantemente l'influsso di grazia e di verità, di guida e di sostegno, perché possa essere per tutti e per ciascuno “il segno e lo strumento dell'intima unione dell'uomo con Dio e dell'unità di tutto il genere umano”» (Lumen gentium, 1), per concludere con alcune affermazioni dottrinali sull'ordine, cosi formulate:

Il sacerdozio ministeriale trova la sua ragione d'essere in questa prospettiva dell'unione vitale e operativa della Chiesa con Cristo. In effetti, mediante tale ministero, il Signore continua a esercitare in mezzo al suo Popolo quella attività che soltanto a Lui appartiene in quanto Capo del suo Corpo. Pertanto, il sacerdozio ministeriale rende tangibile l'azione propria di Cristo e testimonia che Cristo non si è allontanato dalla sua Chiesa, ma continua a vivificarla col suo perenne sacerdozio. Per questo motivo, la Chiesa considera sacerdozio ministeriale come un dono a Lei elargito nel ministero di alcuni suoi fedeli.

Proprio l'unione con Cristo e la sua totale dipendenza da Lui fa sì che si possa collegare il ministero ordinato con la contemporaneità dell'agire di Cristo.

È vero infatti che

tale dono, istituito da Cristo per continuare la sua propria missione di salvezza, fu conferito inizialmente agli Apostoli e continua nella Chiesa, attraverso i Vescovi loro successori.

Ma ciò non può essere inteso in un senso giuridico. Va inteso in maniera teologicamente pregnante sul versante nell'attualizzazione: come azione amamnetica, che rende attuale ciò di cui fa memoria. Una linea indicativa in tal senso la troviamo in recente testo della Congregazione del clero dal titolo teologicamente denso: Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano.

Nell'introduzione si afferma:

Ogni fedele cristiano, ogni figlio della Chiesa dovrebbe sentirsi interpellato da questa comune ed urgente responsabilità [la nuova evangelizzazione], ma in modo tutto particolare i sacerdoti, specialmente scelti, consacrati ed inviati per far emergere la contemporaneità di Cristo, di cui diventano autentici rappresentanti e messaggeri[1]

Si tratta di una contemporaneità, indicata sotto le categorie della rappresentanza e dell'annuncio. Il ministro ordinato rappresenta Cristo nell'annuncio del messaggio su di Lui, ma lo ripresenta anche nel riproporre il messaggio Lui.

Vedremo in breve, e lo discuteremo teologicamente, come una tale doppia connotazione ha notevoli conseguenze su quei piani che riprenderemo schematicamente da quest'ultimo testo della Congregazione del clero, trattando del ministro ordinato come «maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità» con quella particolare attenzione che ci viene indicata come orizzonte complessivo e che recita:«in vista del terzo millennio cristiano».

In tutto ciò non potremo comunque dimenticare che la cosiddetta «nuova evangelizzazione» non riguarda solo gli altri, ma anche gli stessi ministri, che rivisitando le linee teologiche di fondo della propria ordinazione, scoprono di essere non solo soggetti che recano agli altri l'evangelizzazione, ma si lasciano investire da essa, in quanto destinatari della stessa. Senza voler ricorrere alla cosiddetta autoevangelizzazione, si ritrovano nei testi menzionati chiare indicazioni che parlano di un'evangelizzazione che corre su due piani quello ad intra e quello ad extra della Chiesa. Ad esempio, troviamo formulata questa domanda che trasmettiamo anche come interrogativo di fondo del nostro contributo:

I sacerdoti sono specialmente impegnati nella promozione di una missione evangelizzatrice nuova “nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione” - ad intra e ad extra della Chiesa?[2]

Ciò significa che colui che annuncia il vangelo deve ogni giorno lasciarselo di nuovo annunciare da Cristo, perché non è solo di fronte alla chiesa ma è anche nella chiesa e come tale è destinatario continuo dalla grazia di Dio e non funzionario che vive di rendita[3]. Ciò si evince anche dal fatto che

attraverso il mistero di Cristo, il sacerdote, esercitando il suo molteplice ministero, è inserito anche nel mistero della chiesa, la quale «prende coscienza, nella fede, di non essere da se stessa, ma dalla grazia di Cristo nello Spirito Santo»[4]

Non è solo la Chiesa che deve prendere questa coscienza, ma è anche il ministro ordinato che deve sempre sapere di essere un graziato dal Vangelo, perché, mentre rivolge agli altri la buona notizia, la sente rivolta in primo luogo a se stesso.

Per queste ragioni riproponiamo la dottrina del ministro ordinato come maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità, ma in un'ottica a 360 gradi: di una ministerialità non solo propositiva ma anche recettiva del Vangelo e della Grazia e pertanto della carità che continuamente da ricevere dallo Spirito del Risorto. Solo così sarà riproponibile l’immagine del ministro ordinato come agente in persona Christi. Solo seguendo Cristo, ascoltando la sua voce e nutrendosi di lui, ha senso parlare per il ministro ordinato di magisterialità della parola, ministerialità sacramentale e funzione di guida nella comunità. Diremo perciò: a) Un maestro che apprende continuamente; b) un testimone che amministra un amore fedele; c) un discepolo alla sequela di Gesù per celebrare la speranza. Tutto ciò in fondamentale alternativa a forme molto negative in cui il ministro potrebbe apparirebbe un parlatore saccente, un gestore del sacro e un padrone delle coscienze.

1) Un maestro che apprende continuamente

Scrive Giovanni Paolo II nella Pastores dabo vobis:

«non si può definire la natura e la missione del sacerdozio ministeriale se non in questa molteplice e ricca trama di relazioni che sgorgano dalla SS. Trinità e si prolungano nella comunione della Chiesa come segno, in Cristo, dell'unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (n. 12).

L'impiantazione del ministero ordinato è nella vita unitrinitaria di Dio, fonte di relazioni di dedizione e d’attenzione reciproca: fonte di rapporti di amicizia e d’amore. Al di fuori di questo contesto la figura del ministro è non solo un assurdo, ma anche fonte di patologie religiose prima ancora che ecclesiologiche: esse si chiamano autosufficienza e conservatorismo. Forme che nascono dal peccato originale della presunzione di essere un arrivato, che non ha più bisogno di imparare alcunché, né lasciarsi guidare da qualcuno.

Di contro, leggiamo

La formazione permanente è esigenza che nasce e si sviluppa a partire dalla recezione del sacramento dell'Ordine, con il quale il sacerdote viene non solo «consacrato» dal Padre, «inviato» dal Figlio, ma anche «animato» dallo Spirito Santo. Essa, quindi, scaturisce da una grazia che sprigiona una forza soprannaturale, destinata ad assimilare progressivamente, e, in termini sempre più ampi e profondi, tutta la vita e l'azione del presbitero nella fedeltà al dono ricevuto: «Ti ricordo - scrive san Paolo a Timoteo - di ravvivare il dono di Dio che è in te» (2 Tm 1, 6).(Tota ecclesia, n. 69).

Come combattere la mala pianta dell’autocompiacimento rituale e dell’autosufficienza? Un suggerimento ci viene dal Vaticano II, che nella Presbiterorum ordinis afferma:

Di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle o le associazioni anche fiorenti, se non sono volte a educare gli uomini alla conquista della maturità cristiana.

Per promuovere tale maturità, i presbiteri potranno aiutarli a saper scorgere negli stessi eventi, di grande o di minore portata, quali istanze ne risultino, quale la volontà di Dio (n. 6).

Ciò che va compiuto verso gli altri, va operato anche con se stessi, attraverso il principio dell’autoeducazione e dell’autoformazione. Non nel senso che ciascuno può essere solo, ma che ciascuno dovrà aver cura della propria formazione, quando gli altri non la cureranno più come al tempo della sua preparazione al ministero. Il ministero dovrà essere ogni giorno rivisitato e preparato. Come? Con la contemplazione: scorgendo l'opera di Dio e ascoltandone la voce. Il presbitero potrà educare gli altri a scorgere l'azione dello Spirito, solo se ha imparato a cercarla e riconoscere nella sua stessa vita.

Ciò è la base ineludibile di ciò che s’invita a fare a proposito della predicazione come stile dell'annuncio:

La predicazione sacerdotale deve essere realizzata, come quella di Cristo, in modo positivo e stimolante, che trascini gli uomini verso la Bontà, la Bellezza e la Verità di Dio. I cristiani devono “far risplendere la conoscenza della Gloria divina che rifulge sul volto di Cristo” (2 Cor 4,6), e devono presentare la verità ricevuta in modo interessante (Il presbitero maestro della parola, II, 2).

2) Testimone che amministra un amore fedele

In questo senso la nuova evangelizzazione esige anche che il sacerdote renda evidente la sua genuina presenza. Si deve vedere che i ministri di Gesù Cristo sono presenti e disponibili tra gli uomini. Perciò è importante anche un loro inserimento amichevole e fraterno nella comunità (Il presbitero maestro della parola, IV, 3).

L'amore è palestra e non solo fine della prassi pastorale. Ne è mezzo e metodo. Giacché tutto nel presbitero sgorga dal cuore dell'Unitrinità di Dio ne è anche fonte.

I sacramenti, e in primo luogo l'eucaristia, sono celebrazione dell'amicizia e della speranza e sono affermazione d’amore in un mondo senza amore, speranza anche contro ogni speranza.

Solo colui che vede l'invisibile potrà trasmetterne la nostalgia, sì da essere come Mosè che avanzava nel deserto come se vedesse l'invisibile:

Eb. 11,27: «Per fede lasciò l'Egitto, senza temere l'ira del re; rimase infatti saldo, come se vedesse l'invisibile».

Questo senso della contemplazione riguarda ovviamente tutti. È menzionato in particolare per quanti sono avanti negli anni:

Oltre che alla formazione organizzata per i preti di mezza età, essi potranno convenientemente fruire di momenti, ambienti e incontri speciali per approfondire il senso contemplativo della vita sacerdotale, per riscoprire e gustare le ricchezze dottrinali di quanto già studiato, per sentirsi - come sono - utili, potendo essere valorizzati in adatte forme di vero e proprio ministero (Tota ecclesia, n. 95).

L'eucaristia è del resto al centro di tale contemplazione e di tale azione sacerdotale.

In questo senso è anche servizio per un mondo riconciliato e più giusto. Come non ricordare quanto raccomandavano anche i Vescovi calabresi a conclusione di Paola III?

Il convegno ha riconfermato il valore di tutte le acquisizioni ecclesiali dei due precedenti convegni di Paola e in primo luogo l'importanza di continuare a camminare insieme. Ci ha ricordato che è di fondamentale rilievo celebrare comunitariamente l'unica fede, nella quale lo Spirito Santo ci rende figli dello stesso Padre, anticipando nell'audacia che viene dall'Eucaristia, il senso e le motivazioni di un impegno storico e sociale, che è servizio di carità autentica. ("Varcheranno la porta ed usciranno per essa" [Michea 2,13]. Esortazione pastorale dell'Episcopato Calabro dopo il III Convegno Ecclesiale Regionale,n. 4).

I sacramenti sono segni efficaci ed anticipatori di questo mondo. Sono collegati a una funzione che si trova confermata, per la chiesa e per ogni ministro ordinato, come pratica di liberazione.

Troviamo scritto che come ha fatto Cristo,

Anche la chiesa, continuando la funzione profetica del suo fondatore, deve rendere sempre più viva e operante questa liberazione dei poveri, degli oppressi e degli emarginati, cooperando a "costruire un mondo, in cui l’uomo, senza esclusioni di razza, di religione, di nazionalità, possa vivere una vita pienamente umana, affrancata dalle servitù che gli vengono dagli uomini e da una natura non sufficientemente padroneggiata (PONTIFICIA COMMISSIONE "IUSTIZIA ET PAX , La chiesa e i diritti dell'uomo, 10-12-1974, n. 57: EV 5/ 933).

Che cosa devono fare i ministri se non continuare a svolgere questo compito, partecipando alla missione profetica di Cristo e della sua liberazione dell'uomo?

3) La sequela di Gesù per celebrare la speranza

A tutto ciò è collegata la funzione di guida nel popolo di Dio, che avviene nella sequela di Gesù e conformemente a ciò che ha compiuto e compie Gesù. Essa attualizza la liberazione di Gesù.

Il testo recente sull'identità del presbitero ne parla come di una guida della comunità. Ovviamente come fa a guidare colui che non si lascia guidare da Cristo?

Il documento indica due patologie principali e contrapposte: l'autoritarismo e il democraticismo:

In stretta comunione col Vescovo e con tutti i fedeli, [il presbitero] eviterà di introdurre nel suo ministero pastorale, sia forme di autoritarismo estemporaneo che modalità di gestione democraticista estranei alla realtà più profonda del ministero, che portano come conseguenza alla secolarizzazione del sacerdote e alla clericalizzazione dei laici. Non di rado, dietro a comportamenti di questo tipo, può nascondersi la paura di assumersi responsabilità, di sbagliare, di non essere gradito, di impopolarità, di andare incontro alla croce, ecc.: in fondo, si tratta di un oscuramento che riguarda la radice autentica dell'identità sacerdotale: l'assimilazione con Cristo, Pastore e Capo (IV, 3).

Quali rimedi? Oltre all'amicizia coltivata e sempre da coltivare verso gli altri e la fondamentale sequela di Gesù, essere "pastori amanti del gregge loro affidato". Ma che cosa significa essere “amanti” e come tradurre il concetto di gregge?

I pericoli dell'amore del presbitero: amicizie di corto orizzonte (comarismi,  sentimentalismi, psicodrammi adolescenziali).

I pericoli sulla concezione degli altri come gregge: populismo, paternalismo, insostituibilità personale, manie di grandezze: lasciare un nome, un edificio e non una comunità che cerca e che ama.

La soluzione? Vivere l'amore secondo il ritmo cristologico: che libera, che s’impegna, che si sa tirare da parte al momento opportuno, che si dona; trattare gli altri da persone (diritti umani  fondamentali), da pari, sul piano umano, con lo sforzo di renderli sempre più tali. Amore che, mentre abbraccia solleva da terra e che, mentre solleva da terra, sa abbracciare.

 

 



[1] CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, maestro della parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano, Città del Vaticano 1999 [da www.clerus.org].

[2] CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il presbitero, cit, cap. I,2.

[3] «Attraverso il mistero di Cristo, il sacerdote, esercitando il suo molteplice ministero, è inserito anche nel mistero della Chiesa, la quale «prende coscienza, nella fede, di non essere da stessa, ma dalla grazia dì Cristo nello Spirito Santo». In tal modo, il sacerdote, mentre è nella Chiesa, si trova anche di fronte ad essa» (CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Tota ecclesia, cit., 12).

[4] Pastores dabo vobis, 16