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Incontri per animatori di catechesi. Parrocchia "N. Signora di Lourdes" - Catanzaro
1. PRINCIPI GENERALI
1. Natura
e finalità
1.1. La proposta di alcuni gruppi di
catechesi e di formazione operanti
nella parrocchia nasce dal bisogno di una catechesi generalizzata che possa
raggiungere tutti i cristiani della nostra comunità. Se non c'è vita cristiana
senza ascolto della Parola di Dio, il modo ordinario con cui una comunità
riflette sulla Parola del Signore, si confronta con essa e cerca di crescere
nella fede è la catechesi.
Catechesi significa originariamente "istruzione a
viva voce" e già nei primi secoli della Chiesa sta ad indicare
l’insegnamento e l’apprendimento (cioè la trasmissione) del contenuto della
fede cristiana. Per questa ragione tutto il Nuovo Testamento può essere
considerato una "catechesi". Ciò che
si riferisce alla fede non è tuttavia da intendersi né in un senso
nozionistico, né in un senso puramente dottrinale o moralistico. La Parola di Dio indica infatti ciò che noi chiamiamo
catechesi con termini che abbracciano
la totalità dell’uomo, come, ad esempio, via,
insegnamento, tradizione, parola. Di per sé la catechesi costituisce
l’approfondimento del primo annuncio del vangelo, chiamato appunto annuncio (kérygma) ed è un’attività permanente
della comunità cristiana, valida per ogni età e per ogni categoria di persone.
La nostra comunità vuole restare fedele a
questo dato della Parola di Dio[1] e della vita dei primi cristiani, che
praticavano la catechesi non solo in preparazione del battesimo (catecumenato), ma anche dopo di esso,
per piccoli e grandi. In questo modo si
prefigge di superare anche alcuni problemi legati al catechismo tradizionale
che spesso induce nell’errore di pensare che la catechesi sia solo il passaporto
per ricevere i sacramenti e
che,ricevuti questi, non si ha più bisogno di apprendere alcunché.
1.2. Concretizzazione
della proposta
Si istituiscono alcuni gruppi di animatori di catechesi che guideranno gli incontri di
catechesi, con una metodologia e nei luoghi indicati. In una prima fase
operativa si organizzano degli incontri
specifici per gli operatori o animatori di catechesi, per illustrarne i
principi, i contenuti e la metodologia.
La catechesi si terrà presso alcune famiglie disponibili che aprono la loro casa ai
vicini per gli incontri di catechesi.
Gli incontri avranno, di norma, una frequenza settimanale e saranno dopo le
19 per consentire la presenza di tutta la famiglia.
Gli animatori avranno, a loro volta, degli incontri di verifica per scambiarsi le
esperienze fatte e correggere eventuali disfunzioni.
Si fisseranno per iscritto le indicazioni
principali emersi dagli incontri di formazione e di verifica, per dare agli
operatori di catechesi uno strumento da consultare e da approfondire. Il
presente opuscolo vuole rispondere a quest’esigenza.
2. METODO
- Il metodo è improntato principalmente all’attenzione all’altro e all’ascolto. Non si
intende imporre, ma aiutare l’altro a capire le sue difficoltà nei confronti
della fede, proponendo e discutendo le eventuali soluzioni, alla luce della Parola di Dio cui si deve
fare costante riferimento. Tale
riferimento non è di tipo nozionistico né puramente letterario, ma avviene come cammino di conversione, che
l’operatore di catechesi si dispone sempre a compiere insieme con i suoi
interlocutori.
- La catechesi non può fare affidamento su una posizione di vantaggio, che
verrebbe dal fatto che ci troviamo comunque di fronte a cristiani, con sensibilità
e nozioni di base che faciliterebbero il compito dell’operatore di catechesi.
In genere questa posizione di vantaggio è solo supposta, ma non è reale. In
molti casi occorre vincere, invece, pregiudizi e resistenze interiori che
ostacolano la serenità della conversazione e la correttezza della ricerca.
- La
catechesi deve prendere sul serio e
discutere la mancanza d’interesse che spesso si registra nei confronti della religione in genere e della fede
cristiana in particolare. Deve cercare di darsi
una ragione del perché Dio è irrilevante o inattuale per molti.
- Negli incontri di catechesi si dovrà fare spesso riferimento, talora fin
dall’inizio, ad alcuni fatti concreti,
presi dalla vita del posto o dalla cronaca, dove si può innestare un discorso
di analisi e di giudizio che avvengano nell’ottica della fede e della Parola di
Dio.
- Le
domande sollevate dai presenti devono
essere scaricate della carica polemica
che talora le accompagna, per essere ricondotte al metodo di serena e fiduciosa
ricerca. Si consiglia di sollecitarle in tutti i presenti, nel caso l’incontro si caratterizzi a senso unico o
come dibattito di pochi. Coloro che hanno la propensione a dilungarsi e a
monopolizzare il discorso devono essere riportati al dialogo costruttivo che
tenga conto della presenza degli altri.
- Nel
sollecitare gli interventi, si tengano presenti le paure e le
incertezze che si accompagnano spesso alla religione o le "esperienze
negative" che talora qualcuno
lamenta nei confronti della Chiesa. Ciò non deve essere né drammatizzato, né
minimizzato, deve diventare motivo di confronto con la Parola di Dio, dalla
quale deve essere ricavato il giudizio e devono essere tirate le
conseguenze.
- Usare di solito il "noi" che accomuna
tutti nello stesso cammino di conversione, evitando di mettersi in cattedra o
di tranciare frettolosi giudizi.
- Leggere
brani biblici pertinenti al discorso e che consentono il dinamismo della
conversione e della crescita comune.
- Fare
riferimento anche alla propria esperienza personale (professionale,
familiare, ecc.) per visualizzare gli ambiti concreti in cui si vive la fede.
ALTRE ANNOTAZIONI PERSONALI
CONTENUTI
3. Contenuti
concreti
3.1. I contenuti devono essere legati il più concretamente possibile alla vita.
Ciò può avvenire presentando il messaggio biblico non in astratto, ma legato a
dei personaggi (es. Abramo, Mosè, Pietro ecc.) e seguendo il metodo di Gesù
(esempi ed immagini presi dalla vita d’ogni giorno). La Bibbia offre, inoltre,
molte pagine che legano un insegnamento
o un annuncio a situazioni e personaggi ben precisi. Si dovrà far esplicito
riferimento a questi.
3.2. Contenuti
comunicativi
Ciò che si trasmette deve favorire la
comunicazione non solo tra gli animatori e i presenti, ma anche tra i presenti
tra di loro. Ciò si può ottenere preparando già in precedenza gli incontri e
individuando ciò che si intende comunicare.
Ovviamente si devono comunicare anche delle
informazioni, relative alla Parola di Dio, ai simboli liturgici, alle
esperienze già in atto, alle quali si
fa riferimento, ma ciò non significa cadere nel nozionismo. Significa solo
tener presente che in ogni comunicazione si tramettono anche delle
informazioni, ma queste hanno di per sé un valore debole. Il valore verrà
conferito dalla carica di fede e di
testimonianza che le accompagna e al significato
esistenziale che ad esse si attribuisce. Si potrebbero paragonare le
informazioni ai fili di un circuito elettrico e la fede e la testimonianza
all’intensità della corrente elettrica. Solo quando la comunicazione è
attraversata dalla fede, dalla testimonianza diretta e da effettivi valori da
parte di chi comunica riesce ad accendere chi ascolta e consente un accesso
diretto al suo mondo.
Le situazioni, gli esempi, le figure e le
frasi dalle quali partire devono portare pertanto a contenuti generatori, capaci cioè di generare relazione tra i
presenti, nuove stimolazioni e suggestioni, nelle quali gli altri si sentano
direttamente e vitalmente coinvolti.
Facciamo
un esempio. Per poter
trasmettere l’idea che noi siamo creature di Dio e dobbiamo vivere la nostra
condizione umana con semplicità, gratitudine e creatività, possiamo ricorrere a
diverse modalità comunicative. La prima potrebbe essere una fredda e
nozionistica ripetizione della dottrina della creazione, del tipo: Dio è
infinitamente più grande di ogni cosa che esiste, egli è l’Onnipotente. Le cose
non sono esistite da sempre, così come non sono sempre esistiti gli uomini.
Dio, che può tutto, ha potuto dare anche l’esistenza agli uomini e alle cose.
Egli ha creato tutte le cose.
L’alternativa, che invece qui si suggerisce, argomenta in modo
diverso. Potrebbe essere di questo tipo: venendo qui a casa vostra, ho visto
sul ciglio della strada tanti tronchi di alberi tagliati. Non erano solo
tronchi grandi ma anche sottili. Erano
lì per essere caricati e portati via. Mi sono chiesto: dove finirà tutta questa
legna? In una cartiera, in un mobilificio, in una fabbrica per fazzoletti e
tovaglioli di carta? Ho detto a me stesso: se il consumo dei tovaglioli di
carta aumenterà sempre più e se i mobili dovranno essere sempre più frequentemente sostituiti dai nuovi, ci
sarà sempre più bisogno di alberi da tagliare. Tutti gli uomini avranno
fazzoletti di carta a sufficienza per soffiarsi il naso, ma il mondo sarà
presto privo di alberi. Strana cosa: avremo ancora i polmoni e i fazzoletti per
pulirci il naso, ma non avremo più l’aria da respirare! Ebbene, noi ci
chiediamo: Dio ha creato gli alberi perché finissero in fazzoletti o li ha
creati per qualcos’altro? Li ha
creati certamente per l’uomo, ma non ha
anche creato noi uomini perché viviamo felici, a contatto con la natura e
rispettando gli alberi? Perché noi e i nostri figli abbiamo sempre meno aria
pura da respirare? Creando Dio non ha
pensato solo ad una cosa, ma anche all’insieme delle cose. Le ha messe in un
rapporto che solo gli uomini possono
disturbare e distruggere, ma è giusto tutto ciò?
Procedendo in questo modo, l’osservazione che è stata attivata, a poco a poco diventa comprensione e poi analisi
e giudizio. Si può ricorrere alla
Parola di Dio, come, ad esempio, a uno dei due racconti della creazione o a
quello dell’alleanza di Noè. Si chiede ai presenti che cosa li colpisce di quel racconto e li si invita a formulare in
un pensiero: che cosa Dio vuol
comunicarci con quel racconto? Alla fine si chiederà come noi possiamo
vivere da creature tra le altre creature.
3.3. Dar
valore alla parola
Ristabilire la corretta comunicazione
significa restituire alla parola il suo valore originario: segno e strumento di
comunicazione tra gli uomini, in vista di qualcosa che è oltre il singolo ed è
più grande del singolo.
Gli incontri di catechesi devono tener
presente il fatto che ci sono oggi tante e tante parole, troppe parole e poca
comunicazione, perché c’è poco amore. La nostra società ci porta in casa il
mondo con le parole della televisione, della radio, dei dischi, dei giornali e
delle riviste, eppure non ci porta in casa l’amore. Occorre domandarsi: perché
questo accade? Perché Dio ci ha dato la parola? Perché la Bibbia è la sua
Parola? Che cosa egli ci vuole trasmettere? Come può la sua Parola guarire le
nostre parole? Su questi temi possiamo e dobbiamo confrontarci spesso, anche
perché ciò fa da sfondo a tutta la catechesi: ci fa comprendere il valore della
Parola di Dio. Qui si dovrà far riferimento al fatto che essa è parola ispirata, perché comunica i pensieri e
i progetti di Dio, non in un modo meccanico, ma in un modo dinamico e perché ci
fa ritrovare la via che spesso noi smarriamo a causa delle nostre tante e,
spesso, vuote parole
4. BISOGNI
Di estrema importanza nella catechesi è
l’individuazione dei bisogni dei partecipanti. Alcuni di essi sono bisogni primari e hanno un grande valore. occorre far leva proprio su di essi.
Altri, invece, sono, indotti (dalla
società, dalle personali situazioni ecc.). Occorre tenerli presenti e, a poco a
poco, mostrare le loro vere origini, facendo emergere i bisogni primari: quello della comunicazione, dell’amore, del
sentirsi accolti e capiti, del sentirsi salvati, del sentirsi insieme con gli
altri, ecc.
L’individuazione dei bisogni non è facile,
perché essi assumono forme molto
variegate e talora camuffate. Abbiamo fatto un esperimento nel gruppo degli
operatori di catechesi, chiedendoci: perché
voglio fare (cioè ricevere e
dare) la catechesi? Quali effettivi bisogni
ci sono dietro questa mia determinazione?
Le risposte sono state le seguenti:
- per condividere la Parola di Dio e il
cammino di fede con gli altri (l’esperienza solitaria in questo caso è
difettosa, se non impossibile);
- per conoscere di più la religione,
acquisendo più pratica e più conoscenza in merito alla mia (nostra)
fede;
- per confrontarmi con gli altri , perché
solo ciò costituisce un arricchimento
reciproco (a chi resta solo, la Parola non parla completamente);
- perché sento l’esigenza della preghiera da
praticare nella comunità, in un’unità sempre più consistente tra noi;
- per poter comunicare con gli altri;
- per approfondire la Parola di Dio e ciò che
essa ci dice;
- per dare un senso alla vita;
- per liberare la mia vita dai
condizionamenti sociali;
- per riscoprire gli aspetti positivi della
nostra fede cristiana;
- per riscoprire la fede come dono, oltre la
ragione ed i ragionamenti umani.
(Scrivi qui di seguito ciò che spinge te alla
catechesi).
ITINERARI PRATICABILI
1. Camminare sfidando l’impossibile
- Punto di partenza di un possibile
itinerario di catechesi potrebbero essere
due figure bibliche che evidenziano in modo plastico i momenti del
cammino catechetico: Abramo, chiamato da Dio
per andare verso un paese straniero
(Gn 1,9) e Pietro che vorrebbe
seguire Gesù sulle acque (Mt 14,22-33).
- Di queste due persone si dovrà mettere in
risalto l’attualità (nonostante una
sia dell’Antico testamento e l’altra del Nuovo).
- In queste due storie appare inoltre che la vocazione non ha un carattere consolatorio e alienante, ma è un rischio e un buttarsi nel vuoto.
Abramo si lancia in un’avventura inaudita (nonostante la sua età, la non conoscenza
di Dio, il viaggio per un paese sconosciuto, ecc...). Pietro inizia a camminare
sulle acque.
- La
fiducia di Abramo gli consente di
andare avanti; la paura di Pietro
comincia a farlo affondare.
- Ci possono essere numerose e interessanti
proposte di approfondimento:
= la Parola di Dio come viatico (Abramo ha
sentito la parola dentro di sè e accanto a sé; Pietro l’ha sentita solo
all’inizio, ma poi ha dubitato): che cos’è per me la parola di Dio?
= la paura di essere solo a sfidare le
proprie angosce e le inevitabili tempeste testimonia tutto il peso della
solitudine: come uscirne fuori?
= la vita, il tempo e le cose sono veramente
miei? Ne posso disporre come voglio?
= partire significa trasformare il
quotidiano, ciò che è banale e ripetitivo: come
poter partire nella esperienza personale di ciascuno di noi?
= siamo alla ricerca di "nuove"
certezze, scomode eppure innovatrici, liberandoci da quelle sicure eppure
asfissianti di sempre: quali sono?
ALTRE INDICAZIONI
2. La
scoperta della perla preziosa e l’abbandono di tutto il resto
Si possono prendere come punto di partenza le
parabole del tesoro nascosto nel campo e della perla trovata dopo tanto
viaggiare (Mt 13, 44-46).
Si può prendere anche la chiamata dei primi
discepoli di Gesù (Mc 1,16-20).
- Il primo confronto con la Parola di Dio
metterà in luce il separarsi dalle cose (la rete), dalle persone (il padre
Zebedeo), da se stessi (affidandosi non alle proprie risorse, ma a Gesù).
- Si può insistere sulla sorpresa che ogni
vocazione comporta: che cosa ci sorprende della chiamata a seguire Gesù più da
vicino? Che cosa suscita in me stupore?
- Si può cercare una ragione della prontezza nel seguire Gesù: non è in
fondo ciò che abbiamo sempre atteso? In che senso? In quali circostanze della
vita in particolare?
- Si può
mettere in risalto la fiducia in Gesù e il fatto che le persone valgono
comunque più delle cose? E’ per noi vero?
-
Cosa vuol dire essere "pescatori di uomini"? In che modo siamo
catturati dalla società e ripescati dalla Parola di Dio?
- Gesù passa per i luoghi della nostra vita:
il nostro lavoro, il nostro quotidiano, i nostri incontri: lo riconosciamo?
3. Dio
ci salva nella nostra totalità
La lettura iniziale è data da Mc 2,1-12, che
contiene il racconto della guarigione del paralitico. Questi viene perdonato e viene rimesso in piedi da Gesù a
causa della fede dimostrata dai suoi barellieri.
- Si sconsiglia di affrontare inizialmente il
problema posto da Gesù: "Che cosa è più facile: dire ti sono rimessi i
tuoi peccati o dire alzati e cammina?".
La nostra esperienza in merito non ci ha portati a saper dare una
risposta precisa e univoca. La frase si presta a molti fraintendimenti.
- Ci si può chiedere: cosa ci colpisce nel
brano? A questa domanda nel gruppo preparatorio sono state date le seguenti
risposte:
= l’ostilità degli scribi; = la pazienza e
disponibilità al nuovo del paralitico; =
il miracolo della guarigione; = il senso di attesa e di mistero
suscitato da Gesù; = il fatto che Gesù metta alla prova i presenti; = la
determinazione degli accompagnatori del paralitico;
= il
fatto che la loro fede determini
l’intervento di Gesù (che "vedendo la loro fede, disse al paralitico
..." (il valore della comunità e del sostegno della fede degli altri).
- La lettura conduce a chiedersi di che
natura sia la salvezza che porta Gesù: è solo salvezza dal peccato? E’ salvezza
anche in altri sensi? Quali sono gli altri aspetti della mia vita investiti
dalla salvezza?
Alla domanda: Che cos’è la salvezza nel
brano, il gruppo degli animatori ha risposto: = è il perdono dai peccati; = è
la possibilità di avere una vita ricostruita; = è camminare sulle proprie
gambe; = è vedere il mondo stando in piedi, vedendo in un modo nuovo; è
liberazione dal peccato e dal male presente nel mondo (violenza, corruzione,
libidine, idolatria); = è una liberazione come fatto personale e sociale.
p73
4. Chi
è Gesù per te?
Partendo da una lettura di Mc 8, 27-33, si
evidenziano gli aspetti particolarmente rilevanti di questo brano anche facendo
uso delle sottolineature con un’appropriata lettura (pause e opportune
sottolineature verbali).
1)Cosa
ti colpisce nel brano o ti appare oggi per la prima volta?
A questa domanda le risposte sono state le
seguenti:
-Tutto il brano, perché non lo conoscevo; -
la risposta dei discepoli, dei quali ognuno sembrerebbe avere un’idea diversa e
la risposta di Pietro; - La reazione di Gesù; - la certezza di Pietro; - la
confessione di fede di Pietro; - la domanda di Gesù su cosa pensi la gente; -
le rimostranze (resistenze) di Pietro a Gesù che dice di andare verso
Gerusalemme dove subirà la passione; - l’imposizione del silenzio sulla sua
persona fatta da Gesù.
In tutto ciò sembra possa cogliersi una
dinamica di fondo: è essenziale
chiedersi: chi è Gesù.
2)Ci si
chiede come per i contemporanei di Gesù:
chi è Gesù oggi per la gente?
Ecco le risposte date: - spesso è un
personaggio presupposto, ma non è un tema esplicito; - è qualcuno che sta solo
in chiesa; - è conforto nelle vicende della vita; - è un personaggio interessante;
- è più all’esterno della chiesa, che all’interno di essa; - è Dio, che è
spesso confuso con Gesù Cristo; - è il tema dei preti; - è un capro espiatorio
o il destino stesso; - un limite alla propria libertà; - un personaggio
misterioso; - al quinto posto tra le persone più intelligenti (classifica fatta
in America).
3)Chi
è Gesù per te?
- E’serenità; - una guida; è il Figlio di
Dio, che porta qualche dubbio; - è qualcuno che è importante, ma mi è difficile
definirlo; - uno che mi mette alla prova; - un continuo interrogativo; - è
salvatore, amico e ideale; - punto di riferimento della mia vita; - la nuova possibilità di essere uomini; - una
luce che orienta la mia vita; presenza continua e strada che apre alla luce; - spazio di libertà,
d’amore e di conversione.
p73
5. Ascoltare
Gesù significa ascoltare la sua Parola
Mc 4,1-9: La
parabola del seminatore
1)Prime
reazioni (interpretazione a livello generale)
- Il seminatore è Dio, oppure Gesù; la
semente è la sua Parola.
- I diversi terreni infruttuosi rappresentano
gli uomini e le loro differenti reazioni: rifiuto, indifferenza, elaborazione
negativa, conformismo; i tipi di
terreno positivo rappresentano la fede,
ma a diversi livelli.
- Si porta frutto quando si ascolta e si pratica la Parola di Dio; non si porta frutto, quando non si vive
la stessa Parola.
Si individuano nella parabola situazioni
negative e positive: i sassi senza molta terra rappresentano un terreno non
curato, un atteggiamento non predisposto; "quando si levò il sole, la
piantina seccò": il sole che si leva indica il momento della verità e
della verifica della nostra fede.
- La Parola di Dio può essere
"sentita" e non "ascoltata", allora non dà frutto.
- Le spine rappresentano le difficoltà che
soffocano i buoni propositi dei caratteri deboli, la cui fede non viene
praticata (la piantina muore).
- Il sole è ciò che verifica la fede: ma non
è necessariamente una situazione negativa, spesso è una realtà positiva (amore,
ecc...); la Parola, però, arriva sempre
a destinazione.
2)Le
nostre reazioni: in chi ci identifichiamo?
A questa domanda il gruppo ha mostrato delle
difficoltà a che si esprimessero in pubblico le proprie personali
identificazioni con i vari terreni della parabola. Si è ritenuto preferibile
non forzare la mano, sollecitando i singoli a una riflessione personale più
ponderata e manifestando le reazioni che si notano più frequentemente intorno a
noi di fronte alla Parola di Dio. Ecco le reazioni.
- Si nota molta discontinuità nella fruttificazione della Parola
ascoltata, sia a livello quantitativo, che qualitativo.
- Una ragione che si adduce molto spesso è la
mancanza di tempo: ci prendiamo tempo per tutto, ma lo lesiniamo alla Parola di
Dio.
- Ciò che soffoca la Parola di Dio in noi è
l’influsso degli altri, soprattutto delle persone che contano, culturalmente,
più che socialmente, cioè di quelle che noi stimiamo di più e con le quali ci
identifichiamo.
- Una chiusura, che ricorda il terreno
sassoso,è costituita p73 spesso da una
specie di autoimmunizzazione verso la Parola di Dio: ci premuniamo di non ascoltare, perché sappiamo che la Parola
di Dio ci porterebbe troppo lontano e proprio questo noi vogliamo evitare.
I vari terreni possono ricordare differenti
tipologie psicologico-spirituali molto diffuse nel nostro tempo. Sono la
tipologia della strada, quella del facile entusiasmo e quella della discontinuità ansiosa.
La
strada ricorda la via dove tutto passa, ma tutto è
instabile. Ricorda le persone estroverse che vogliono fare qualsiasi esperienza,
che consumano con voracità tutto ciò che si presenta loro. Più che la
strada rappresenterebbe la piazza, dove
tutto si ascolta, di tutto si discute, ma tutto si dimentica. Fattori molto
negativi sono, in questo caso: la superficialità, la difficoltà alla
riflessione e alla maturazione personale, il passaggio continuo da una "moda" all’altra.
Il
facile entusiasmo è quello
delle persone aventi una natura più emotiva e passionale, che si entusiasmano
facilmente e vorrebbero effettivamente trasformare la loro vita. Riflettono e
si analizzano spesso, promettono sempre di cambiare, ma in realtà non lo fanno
mai. Nella scelta delle cose da fare, scelgono quelle più urgenti e più
emotivamente pressanti. Gli impegni della Parola di Dio passano inesorabilmente
in secondo luogo. Di fatto verranno lasciati da parte.
La
discontinuità ansiosa
impedisce la fruttificazione in quelle persone i cui "affanni della
vita" sono non solo gli inevitabili problemi con i quali occorre
confrontarsi ogni giorno, ma anche la paura di perdere l’occasione buona, o di
sprecare la propria vita. Dai soggetti con tendenze borghesi e arriviste, la
Parola viene ritenuta un impedimento all’arricchimento. Il vangelo è visto come
limitazione delle proprie possibilità e della propria libertà, per questo è
disatteso. Come la piantina del grano cresce e si afferma, ma più in fretta
crescono le spine e gli impegni concorrenziali, sicché rimane soffocato.
Nella catechesi si raccomanda di individuare le tipologie e di mostrarle
anche nelle forme composite nelle quali spesso si trovano. Si ribadisca che la
Parola di Dio pesa proprio quando non la si prende sul serio, restando nelle
mezze misure, perché allora non è fonte di libertà, ma di maggiore
preoccupazione ed è vissuta non come tesoro
e perla, ma come limitazione e
mortificazione.
3. Impegni
- Rivedere la propria esperienza di fede;
individuare la propria tipologia e i correttivi da apportare per fruttificare
di più.
[1] Confronta Lc 1,4; At 18,25 (che parla di "via del Signore", come anche At 19,23; 22,4; 24,22); Rm 2,18; 1Cor 14,19; Gl 6,6.