Giovanni Mazzillo <info autore>     |   home page:  www.puntopace.net 

Incontri per animatori di catechesi.  Parrocchia "N. Signora di Lourdes" -  Catanzaro

1. PRINCIPI GENERALI

1. Natura e finalità

1.1. La proposta di alcuni gruppi di catechesi e di formazione  operanti nella parrocchia nasce dal bisogno di una catechesi generalizzata che possa raggiungere tutti i cristiani della nostra comunità. Se non c'è vita cristiana senza ascolto della Parola di Dio, il modo ordinario con cui una comunità riflette sulla Parola del Signore, si confronta con essa e cerca di crescere nella fede è la catechesi.

Catechesi significa originariamente "istruzione a viva voce" e già nei primi secoli della Chiesa sta ad indicare l’insegnamento e l’apprendimento (cioè la trasmissione) del contenuto della fede cristiana. Per questa ragione tutto il Nuovo Testamento può essere considerato una "catechesi". Ciò che  si riferisce alla fede non è tuttavia da intendersi né in un senso nozionistico, né in un senso puramente dottrinale o moralistico.  La Parola di Dio indica infatti ciò che noi chiamiamo catechesi con  termini che abbracciano la totalità dell’uomo, come, ad esempio, via, insegnamento, tradizione, parola. Di per sé la catechesi costituisce l’approfondimento del primo annuncio del vangelo, chiamato appunto annuncio (kérygma) ed è un’attività permanente della comunità cristiana, valida per ogni età e per ogni categoria di persone.

La nostra comunità vuole restare fedele a questo dato della Parola di Dio[1] e della vita dei primi cristiani, che praticavano la catechesi non solo in preparazione del battesimo (catecumenato), ma anche dopo di esso, per  piccoli e grandi. In questo modo si prefigge di superare anche alcuni problemi legati al catechismo tradizionale che spesso induce nell’errore di pensare che la catechesi sia solo il passaporto per ricevere  i sacramenti e che,ricevuti questi, non si ha più bisogno di apprendere alcunché.                          

1.2. Concretizzazione della proposta

Si istituiscono alcuni gruppi di animatori di catechesi che guideranno gli incontri di catechesi, con una metodologia e nei luoghi indicati. In una prima fase operativa si organizzano degli incontri specifici per gli operatori o animatori di catechesi, per illustrarne i principi, i contenuti e la metodologia. 

La catechesi si terrà presso alcune famiglie disponibili che aprono la loro casa ai vicini per gli incontri di catechesi.

Gli incontri avranno, di norma, una frequenza settimanale e saranno dopo le 19 per consentire la presenza di tutta la famiglia.

Gli animatori avranno, a loro volta, degli incontri di verifica per scambiarsi le esperienze fatte e correggere eventuali disfunzioni.

Si fisseranno per iscritto le indicazioni principali emersi dagli incontri di formazione e di verifica, per dare agli operatori di catechesi uno strumento da consultare e da approfondire. Il presente opuscolo vuole rispondere a quest’esigenza.                             

2. METODO

- Il metodo è improntato principalmente all’attenzione all’altro e all’ascolto. Non si intende imporre, ma aiutare l’altro a capire le sue difficoltà nei confronti della fede, proponendo e discutendo le eventuali soluzioni, alla luce della Parola di Dio cui si deve fare costante riferimento.  Tale riferimento non è di tipo nozionistico né puramente letterario, ma  avviene come cammino di conversione, che l’operatore di catechesi si dispone sempre a compiere insieme con i suoi interlocutori.

- La catechesi non può fare affidamento su una posizione di vantaggio, che verrebbe dal fatto che ci troviamo comunque di fronte a cristiani, con sensibilità e nozioni di base che faciliterebbero il compito dell’operatore di catechesi. In genere questa posizione di vantaggio è solo supposta, ma non è reale. In molti casi occorre vincere, invece, pregiudizi e resistenze interiori che ostacolano la serenità della conversazione e la correttezza della ricerca.

-  La catechesi  deve prendere sul serio e discutere la mancanza d’interesse che spesso si registra nei confronti  della religione in genere e della fede cristiana in particolare. Deve cercare di darsi una ragione del perché Dio è irrilevante o inattuale per molti.

- Negli incontri di catechesi  si dovrà fare spesso riferimento, talora fin dall’inizio, ad alcuni fatti concreti, presi dalla vita del posto o dalla cronaca, dove si può innestare un discorso di analisi e di giudizio che avvengano nell’ottica della fede e della Parola di Dio.

-  Le domande  sollevate dai presenti devono essere scaricate della carica polemica che talora le accompagna, per essere ricondotte al metodo di serena e fiduciosa ricerca. Si consiglia di sollecitarle in tutti i presenti, nel caso  l’incontro si caratterizzi a senso unico o come dibattito di pochi. Coloro che hanno la propensione a dilungarsi e a monopolizzare il discorso devono essere riportati al dialogo costruttivo che tenga conto della presenza degli altri.

-  Nel sollecitare  gli interventi, si tengano presenti le paure e le incertezze che si accompagnano spesso alla religione o le "esperienze negative"  che talora qualcuno lamenta nei confronti della Chiesa. Ciò non deve essere né drammatizzato, né minimizzato, deve diventare motivo di confronto con la Parola di Dio, dalla quale deve essere ricavato il giudizio e devono essere tirate le conseguenze.                             

- Usare  di solito il "noi" che accomuna tutti nello stesso cammino di conversione, evitando di mettersi in cattedra o di tranciare frettolosi giudizi.

- Leggere brani biblici pertinenti al discorso e che consentono il dinamismo della conversione e della crescita comune.

- Fare riferimento anche alla propria esperienza personale (professionale, familiare, ecc.) per visualizzare gli ambiti concreti in cui si vive la fede.

ALTRE ANNOTAZIONI PERSONALI

CONTENUTI

3. Contenuti concreti

3.1. I contenuti devono essere legati il più concretamente possibile alla vita. Ciò può avvenire presentando il messaggio biblico non in astratto, ma legato a dei personaggi (es. Abramo, Mosè, Pietro ecc.) e seguendo il metodo di Gesù (esempi ed immagini presi dalla vita d’ogni giorno). La Bibbia offre, inoltre, molte pagine  che legano un insegnamento o un annuncio a situazioni e personaggi ben precisi. Si dovrà far esplicito riferimento a questi.

3.2. Contenuti comunicativi

Ciò che si trasmette deve favorire la comunicazione non solo tra gli animatori e i presenti, ma anche tra i presenti tra di loro. Ciò si può ottenere preparando già in precedenza gli incontri e individuando ciò che si intende comunicare.

Ovviamente si devono comunicare anche delle informazioni, relative alla Parola di Dio, ai simboli liturgici, alle esperienze  già in atto, alle quali si fa riferimento, ma ciò non significa cadere nel nozionismo. Significa solo tener presente che in ogni comunicazione si tramettono anche delle informazioni, ma queste hanno di per sé un valore debole. Il valore verrà conferito dalla carica di fede e di testimonianza che le accompagna e al significato esistenziale che ad esse si attribuisce. Si potrebbero paragonare le informazioni ai fili di un circuito elettrico e la fede e la testimonianza all’intensità della corrente elettrica. Solo quando la comunicazione è attraversata dalla fede, dalla testimonianza diretta e da effettivi valori da parte di chi comunica riesce ad accendere chi ascolta e consente un accesso diretto al suo mondo.

Le situazioni, gli esempi, le figure e le frasi dalle quali partire devono portare pertanto a contenuti generatori, capaci cioè di generare relazione tra i presenti, nuove stimolazioni e suggestioni, nelle quali gli altri si sentano direttamente e vitalmente coinvolti.

Facciamo un esempio. Per poter trasmettere l’idea che noi siamo creature di Dio e dobbiamo vivere la nostra condizione umana con semplicità, gratitudine e creatività, possiamo ricorrere a diverse modalità comunicative. La prima potrebbe essere una fredda e nozionistica ripetizione della dottrina della creazione, del tipo: Dio è infinitamente più grande di ogni cosa che esiste, egli è l’Onnipotente. Le cose non sono esistite da sempre, così come non sono sempre esistiti gli uomini. Dio, che può tutto, ha potuto dare anche l’esistenza agli uomini e alle cose. Egli ha creato tutte le cose.

 L’alternativa, che invece qui si suggerisce, argomenta in modo diverso. Potrebbe essere di questo tipo: venendo qui a casa vostra, ho visto sul ciglio della strada tanti tronchi di alberi tagliati. Non erano solo tronchi grandi ma anche sottili.  Erano lì per essere caricati e portati via. Mi sono chiesto: dove finirà tutta questa legna? In una cartiera, in un mobilificio, in una fabbrica per fazzoletti e tovaglioli di carta? Ho detto a me stesso: se il consumo dei tovaglioli di carta aumenterà sempre più e se i mobili dovranno essere sempre  più frequentemente sostituiti dai nuovi, ci sarà sempre più bisogno di alberi da tagliare. Tutti gli uomini avranno fazzoletti di carta a sufficienza per soffiarsi il naso, ma il mondo sarà presto privo di alberi. Strana cosa: avremo ancora i polmoni e i fazzoletti per pulirci il naso, ma non avremo più l’aria da respirare! Ebbene, noi ci chiediamo: Dio ha creato gli alberi perché finissero in fazzoletti o li ha creati per qualcos’altro?  Li ha creati  certamente per l’uomo, ma non ha anche creato noi uomini perché viviamo felici, a contatto con la natura e rispettando gli alberi? Perché noi e i nostri figli abbiamo sempre meno aria pura da respirare?  Creando Dio non ha pensato solo ad una cosa, ma anche all’insieme delle cose. Le ha messe in un rapporto che solo  gli uomini possono disturbare e distruggere, ma è giusto tutto ciò?

Procedendo in questo modo, l’osservazione  che è stata attivata, a poco a poco diventa comprensione e poi analisi e giudizio. Si può ricorrere alla Parola di Dio, come, ad esempio, a uno dei due racconti della creazione o a quello dell’alleanza di Noè. Si chiede ai presenti che cosa li colpisce di quel racconto e li si invita a formulare in un pensiero: che cosa Dio vuol comunicarci con quel racconto? Alla fine si chiederà come noi possiamo vivere da creature tra le altre creature.

3.3. Dar valore alla parola

Ristabilire la corretta comunicazione significa restituire alla parola il suo valore originario: segno e strumento di comunicazione tra gli uomini, in vista di qualcosa che è oltre il singolo ed è più grande del singolo.

Gli incontri di catechesi devono tener presente il fatto che ci sono oggi tante e tante parole, troppe parole e poca comunicazione, perché c’è poco amore. La nostra società ci porta in casa il mondo con le parole della televisione, della radio, dei dischi, dei giornali e delle riviste, eppure non ci porta in casa l’amore. Occorre domandarsi: perché questo accade? Perché Dio ci ha dato la parola? Perché la Bibbia è la sua Parola? Che cosa egli ci vuole trasmettere? Come può la sua Parola guarire le nostre parole? Su questi temi possiamo e dobbiamo confrontarci spesso, anche perché ciò fa da sfondo a tutta la catechesi: ci fa comprendere il valore della Parola di Dio. Qui si dovrà far riferimento al fatto che essa è parola ispirata, perché comunica i pensieri e i progetti di Dio, non in un modo meccanico, ma in un modo dinamico e perché ci fa ritrovare la via che spesso noi smarriamo a causa delle nostre tante e, spesso, vuote parole

4. BISOGNI

Di estrema importanza nella catechesi è l’individuazione dei bisogni dei partecipanti. Alcuni di essi sono bisogni primari e hanno un grande  valore. occorre far leva proprio su di essi. Altri, invece, sono, indotti (dalla società, dalle personali situazioni ecc.). Occorre tenerli presenti e, a poco a poco, mostrare le loro vere origini, facendo emergere  i bisogni primari: quello della comunicazione, dell’amore, del sentirsi accolti e capiti, del sentirsi salvati, del sentirsi insieme con gli altri, ecc.

L’individuazione dei bisogni non è facile, perché  essi assumono forme molto variegate e talora camuffate. Abbiamo fatto un esperimento nel gruppo degli operatori di catechesi, chiedendoci: perché  voglio fare (cioè ricevere e dare) la catechesi? Quali effettivi bisogni  ci sono dietro questa mia determinazione?

Le risposte sono state le seguenti:

- per condividere la Parola di Dio e il cammino di fede con gli altri (l’esperienza solitaria in questo caso è difettosa, se non impossibile);

- per conoscere di più la religione, acquisendo  più pratica  e più conoscenza in merito alla mia (nostra) fede;

- per confrontarmi con gli altri , perché solo ciò costituisce un  arricchimento reciproco (a chi resta solo, la Parola non parla completamente);

- perché sento l’esigenza della preghiera da praticare nella comunità, in un’unità sempre più consistente tra noi;

- per poter comunicare con gli altri;

- per approfondire la Parola di Dio e ciò che essa ci dice;

- per dare un senso alla vita;

- per liberare la mia vita dai condizionamenti sociali;

- per riscoprire gli aspetti positivi della nostra fede cristiana;

- per riscoprire la fede come dono, oltre la ragione ed i ragionamenti umani.

(Scrivi qui di seguito ciò che spinge te alla catechesi).

                       

 ITINERARI PRATICABILI       

1.  Camminare sfidando l’impossibile

- Punto di partenza di un possibile itinerario di catechesi potrebbero essere  due figure bibliche che evidenziano in modo plastico i momenti del cammino catechetico: Abramo, chiamato da Dio  per andare verso un paese straniero  (Gn 1,9) e Pietro che vorrebbe seguire Gesù sulle acque (Mt 14,22-33).

- Di queste due persone si dovrà mettere in risalto l’attualità (nonostante una sia dell’Antico testamento e l’altra del Nuovo).

- In queste due storie appare inoltre che la vocazione non ha un carattere  consolatorio e alienante, ma è un rischio e un buttarsi nel vuoto. Abramo si lancia in un’avventura inaudita (nonostante la sua età, la non conoscenza di Dio, il viaggio per un paese sconosciuto, ecc...). Pietro inizia a camminare sulle acque.

- La fiducia di Abramo gli consente di andare avanti; la paura di Pietro comincia a farlo affondare.

- Ci possono essere numerose e interessanti proposte di approfondimento:

= la Parola di Dio come viatico (Abramo ha sentito la parola dentro di sè e accanto a sé; Pietro l’ha sentita solo all’inizio, ma poi ha dubitato): che cos’è per me la parola di Dio?

= la paura di essere solo a sfidare le proprie angosce e le inevitabili tempeste testimonia tutto il peso della solitudine: come uscirne fuori?

= la vita, il tempo e le cose sono veramente miei? Ne posso disporre come voglio?

= partire significa trasformare il quotidiano, ciò che è banale e ripetitivo: come poter partire nella esperienza personale di ciascuno di noi?

= siamo alla ricerca di "nuove" certezze, scomode eppure innovatrici, liberandoci da quelle sicure eppure asfissianti di sempre: quali sono?

ALTRE INDICAZIONI

2. La scoperta della perla preziosa e l’abbandono di tutto il resto

Si possono prendere come punto di partenza le parabole del tesoro nascosto nel campo e della perla trovata dopo tanto viaggiare (Mt 13, 44-46).

Si può prendere anche la chiamata dei primi discepoli di Gesù (Mc 1,16-20).

- Il primo confronto con la Parola di Dio metterà in luce il separarsi dalle cose (la rete), dalle persone (il padre Zebedeo), da se stessi (affidandosi non alle proprie risorse, ma a Gesù).

- Si può insistere sulla sorpresa che ogni vocazione comporta: che cosa ci sorprende della chiamata a seguire Gesù più da vicino? Che cosa suscita in me stupore?

- Si può cercare una ragione della prontezza nel seguire Gesù: non è in fondo ciò che abbiamo sempre atteso? In che senso? In quali circostanze della vita in particolare?

- Si può  mettere in risalto la fiducia in Gesù e il fatto che le persone valgono comunque più delle cose? E’ per noi vero? 

 - Cosa vuol dire essere "pescatori di uomini"? In che modo siamo catturati dalla società e ripescati dalla Parola di Dio?

- Gesù passa per i luoghi della nostra vita: il nostro lavoro, il nostro quotidiano, i nostri incontri: lo riconosciamo?

                       

3. Dio ci salva nella nostra totalità

La lettura iniziale è data da Mc 2,1-12, che contiene il racconto della guarigione del paralitico. Questi viene  perdonato e viene rimesso in piedi da Gesù a causa della fede dimostrata dai suoi barellieri.

- Si sconsiglia di affrontare inizialmente il problema posto da Gesù: "Che cosa è più facile: dire ti sono rimessi i tuoi peccati o dire alzati e cammina?".  La nostra esperienza in merito non ci ha portati a saper dare una risposta precisa e univoca. La frase si presta a molti fraintendimenti.

- Ci si può chiedere: cosa ci colpisce nel brano? A questa domanda nel gruppo preparatorio sono state date le seguenti risposte:

= l’ostilità degli scribi; = la pazienza e disponibilità al nuovo del paralitico; =  il miracolo della guarigione; = il senso di attesa e di mistero suscitato da Gesù; = il fatto che Gesù metta alla prova i presenti; = la determinazione degli accompagnatori del paralitico;

 = il fatto che la loro fede  determini l’intervento di Gesù (che "vedendo la loro fede, disse al paralitico ..." (il valore della comunità e del sostegno della fede degli altri).

- La lettura conduce a chiedersi di che natura sia la salvezza che porta Gesù: è solo salvezza dal peccato? E’ salvezza anche in altri sensi? Quali sono gli altri aspetti della mia vita investiti dalla salvezza?

Alla domanda: Che cos’è la salvezza nel brano, il gruppo degli animatori ha risposto: = è il perdono dai peccati; = è la possibilità di avere una vita ricostruita; = è camminare sulle proprie gambe; = è vedere il mondo stando in piedi, vedendo in un modo nuovo; è liberazione dal peccato e dal male presente nel mondo (violenza, corruzione, libidine, idolatria); = è una liberazione come fatto personale e sociale.

 

 

 

 

 

 p73

                       

4. Chi è Gesù per te?

                       

Partendo da una lettura di Mc 8, 27-33, si evidenziano gli aspetti particolarmente rilevanti di questo brano anche facendo uso delle sottolineature con un’appropriata lettura (pause e op­portune sottolineature verbali).

1)Cosa ti colpisce nel brano o ti appare oggi per la prima volta?

A questa domanda le risposte sono state le seguenti:

-Tutto il brano, perché non lo conoscevo; - la risposta dei discepoli, dei quali ognuno sembrerebbe avere un’idea diversa e la risposta di Pietro; - La reazione di Gesù; - la certezza di Pietro; - la confessione di fede di Pietro; - la domanda di Gesù su cosa pensi la gente; - le rimostranze (resistenze) di Pietro a Gesù che dice di andare verso Gerusalemme dove subirà la passione; - l’imposizione del silenzio sulla sua persona fatta da Gesù.

In tutto ciò sembra possa cogliersi una dinamica di fondo: è essenziale chiedersi: chi è Gesù.

2)Ci si chiede come per i contemporanei di Gesù:  chi è Gesù oggi per la gente?

Ecco le risposte date: - spesso è un personaggio presupposto, ma non è un tema esplicito; - è qualcuno che sta solo in chiesa; - è conforto nelle vicende della vita; - è un personaggio interessante; - è più all’esterno della chiesa, che all’interno di essa; - è Dio, che è spesso confuso con Gesù Cristo; - è il tema dei preti; - è un capro espiatorio o il destino stesso; - un limite alla propria libertà; - un personaggio misterioso; - al quinto posto tra le persone più intelligenti (classifica fatta in America).

3)Chi è Gesù per te?

- E’serenità; - una guida; è il Figlio di Dio, che porta qualche dubbio; - è qualcuno che è importante, ma mi è difficile definirlo; - uno che mi mette alla prova; - un continuo interrogativo; - è salvatore, amico e ideale; - punto di riferimento della mia vita; - la  nuova possibilità di essere uomini; - una luce che orienta la mia vita; presenza continua e strada  che apre alla luce; - spazio di libertà, d’amore e di conversione.

 

 

 p73

                       

5. Ascoltare Gesù significa ascoltare la sua Parola

                       

Mc 4,1-9: La parabola del seminatore

1)Prime reazioni (interpretazione a livello generale)

- Il seminatore è Dio, oppure Gesù; la semente è la sua Parola.

- I diversi terreni infruttuosi rappresentano gli uomini e le loro differenti reazioni: rifiuto, indifferenza, elaborazione negativa, conformismo;  i tipi di terreno positivo rappresentano  la fede, ma a diversi livelli.

- Si porta frutto quando si ascolta e si pratica la Parola di Dio; non si porta frutto, quando non si vive la stessa Parola.

Si individuano nella parabola situazioni negative e positive: i sassi senza molta terra rappresentano un terreno non curato, un atteggiamento non predisposto; "quando si levò il sole, la piantina seccò": il sole che si leva indica il momento della verità e della verifica della nostra fede.

- La Parola di Dio può essere "sentita" e non "ascoltata", allora non dà frutto.

- Le spine rappresentano le difficoltà che soffocano i buoni propositi dei caratteri deboli, la cui fede non viene praticata (la piantina muore).

- Il sole è ciò che verifica la fede: ma non è necessariamente una situazione negativa, spesso è una realtà positiva (amore, ecc...); la Parola, però,  arriva sempre a destinazione.

2)Le nostre reazioni: in chi ci identifichiamo?

A questa domanda il gruppo ha mostrato delle difficoltà a che si esprimessero in pubblico le proprie personali identificazioni con i vari terreni della parabola. Si è ritenuto preferibile non forzare la mano, sollecitando i singoli a una riflessione personale più ponderata e manifestando le reazioni che si notano più frequentemente intorno a noi di fronte alla Parola di Dio. Ecco le reazioni.

- Si nota molta discontinuità  nella fruttificazione della Parola ascoltata, sia a livello quantitativo, che qualitativo.

- Una ragione che si adduce molto spesso è la mancanza di tempo: ci prendiamo tempo per tutto, ma lo lesiniamo alla Parola di Dio.

 

- Ciò che soffoca la Parola di Dio in noi è l’influsso degli altri, soprattutto delle persone che contano, culturalmente, più che socialmente, cioè di quelle che noi stimiamo di più e con le quali ci identifichiamo.

- Una chiusura, che ricorda il terreno sassoso,è costituita  p73 spesso da una specie di autoimmunizzazione verso la Parola di Dio: ci premuniamo di non ascoltare, perché sappiamo che la Parola di Dio ci porterebbe troppo lontano e proprio questo noi vogliamo evitare.

I vari terreni possono ricordare differenti tipologie psicologico-spirituali molto diffuse nel nostro tempo. Sono la tipologia della strada, quella del facile entusiasmo e quella della discontinuità ansiosa.

La strada ricorda  la via dove tutto passa, ma tutto è instabile. Ricorda le persone estroverse che vogliono fare qualsiasi esperienza, che consumano con voracità tutto ciò che si presenta loro. Più che la strada  rappresenterebbe la piazza, dove tutto si ascolta, di tutto si discute, ma tutto si dimentica. Fattori molto negativi sono, in questo caso: la superficialità, la difficoltà alla riflessione e alla maturazione personale, il passaggio  continuo da una "moda" all’altra.

Il facile entusiasmo è quello delle persone aventi una natura più emotiva e passionale, che si entusiasmano facilmente e vorrebbero effettivamente trasformare la loro vita. Riflettono e si analizzano spesso, promettono sempre di cambiare, ma in realtà non lo fanno mai. Nella scelta delle cose da fare, scelgono quelle più urgenti e più emotivamente pressanti. Gli impegni della Parola di Dio passano inesorabilmente in secondo luogo. Di fatto verranno lasciati da parte.

La discontinuità ansiosa impedisce la fruttificazione in quelle persone i cui "affanni della vita" sono non solo gli inevitabili problemi con i quali occorre confrontarsi ogni giorno, ma anche la paura di perdere l’occasione buona, o di sprecare la propria vita. Dai soggetti con tendenze borghesi e arriviste, la Parola viene ritenuta un impedimento all’arricchimento. Il vangelo è visto come limitazione delle proprie possibilità e della propria libertà, per questo è disatteso. Come la piantina del grano cresce e si afferma, ma più in fretta crescono le spine e gli impegni concorrenziali, sicché rimane soffocato.

Nella catechesi si raccomanda  di individuare le tipologie e di mostrarle anche nelle forme composite nelle quali spesso si trovano. Si ribadisca che la Parola di Dio pesa proprio quando non la si prende sul serio, restando nelle mezze misure, perché allora non è fonte di libertà, ma di maggiore preoccupazione ed è vissuta non come tesoro e perla, ma come limitazione e mortificazione.

3. Impegni

- Rivedere la propria esperienza di fede; individuare la propria tipologia e i correttivi da apportare per fruttificare di più.

 



[1] Confronta Lc 1,4; At 18,25 (che parla di "via del Signore", come anche At 19,23; 22,4; 24,22); Rm 2,18; 1Cor 14,19;  Gl 6,6.