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Risposta di G. Mazzillo del 4/07/02
Caro Michelangelo,
non ribatterò punto per punto alle tue sottolineature di mie presunte contraddizioni, di arrampicate sugli specchi -come tu le chiami- e di quant'altro tu con -scusami- matita rosso-blu hai affrontato con il cipiglio del docente che pensa di dover sempre e solo correggere nell'altro (eh sì, un po' di deformazione professionale forse è inevitabile). Non ne ho la voglia, né il tempo. Cerco solo di concludere - e questa volta davvero - riassumendo ciò che io ho imparato e vado imparando da te, dalle "scienze" e non ultimo dalla teologia. Ho imparato innanzi tutto che il concetto di scienza non è univoco, ma pluralista. È vero, quello usato da dizionari ed enciclopedie tende verso una definizione nel senso del doppio carattere deduttivo e sperimentale. Ma si tratta di linee direttrici molto vaste e per nulla riduttive. Inoltre, come appare dall'attribuzione del procedimento scientifico anche alla teologia negli strumenti enciclopedici citati, anche la teologia non da me,ma da molti viene chiamata ''scienza". Più interessante sarebbe stato passare in rassegna la voce "teologia", più che quella di scienza. Possibile che tutti, quando applicano tale concetto alla teologia, lo usino solo in senso improprio? Con ciò non cerco legittimazioni estrinseche, ma non ingoio nemmeno acriticamente posizioni presunte, definite e definitorie, di eventuali manuali datati e superati dall'autocoscienza della stessa ricerca scientifica, oggi certamente più aperta e problematica di quanto asserito ieri. Scienza è anche, per me e per altri, non disciplina (che è solo una parte di essa) ma un sapere che corrisponde a una ricerca seria sui bisogni umani, sulle risposte o i tentativi di risposta ad essi, sulle fonti, sui legami con la vita e con la prassi, sulle eventuali mistificazioni e sulle ipotesi prese in considerazione (per la teologia, lo dico per l'ultima volta, Dio e la sua possibile rivelazione). Se per te ciò è arbitrario non posso che prenderne atto. È però la tua opinione e anche di altri (inclusi alcuni scienziati) ma non della scienza tout court, che fuori dai manuali, come dimostra la non conclusa, né mai concludibile storia dell'epistemologia, si guarda bene dal dire una volta per sempre e definitivamente che cosa sia la scienza. La sua posizione va sulla linea della ricerca delle sue dinamiche, sempre più interrelazionali e interattive. Mi spiace che tu non accetti nemmeno questo e mi faccia venire in mente l'austera figura del custode di una gioielleria le cui gioie non sono ritenute più tesori di famiglia nemmeno dagli stessi familiari. Scusami la battuta, che vuole solo sdrammatizzare e far sorridere: se io avrò le mie illusioni sulla teologia, tu hai le tue sulla scienza. Ciascuno vive delle sue (illusioni). Ricambio le espressioni di amicizia e di stima, GMazzillo.
Lettera di M. PUCCI del 4/07/02
St.mo don Giovanni,
Il
concetto di scienza non è un mio
prodotto e non è affatto un letto di Procuste. La formulazione della sua
identità è il risultato della riflessione secolare di filosofi e scienziati, a
cominciare da Aristotele che la definiva filosofia della natura e la fondava su
elementi teorici supportati dall’osservazione sensoriale, proseguendo con
Galilei e Newton che ne hanno teorizzato i criteri, fino, saltando tutti gli
altri, a Kant che ne ha definito l’orizzonte comprendente i fenomeni
sensoriali ordinati in forme a priori, per arrivare, saltando ancora tanti
altri, ad uno degli ultimi, Stephen
Hawking che ribadisce i criteri galileiani e newtoniani come caratterizzanti la
scienza moderna (“Dal Big Bang ai buchi neri” – Edizioni CDE spa – 1988
– Milano). Tutti filosofi e scienziati sono concordi nel ritenere la scienza
come il sapere che ha per oggetto la
natura e tutti i suoi fenomeni osservabili, ivi compreso l’uomo che è
l’essere con il quale essa ha raggiunto l’apice della sua evoluzione. Tutti
filosofi e scienziati, da Galilei fino ai giorni nostri, sono concordi sui
criteri del metodo scientifico di ricerca: le formulazioni
teoriche condotte con il rigore logico coniugate alla pratica
empirica condotta con l’osservazione e l’esperimento, decisivi nei
confronti delle formulazioni teoriche. Decisivi nel senso che in mancanza della
conferma sperimentale le teorie perdono qualsiasi valore.
tutti
i filosofi e scienziati che si sono espressi in tal senso, soprattutto quelli
del Novecento. Ma, visto che tu mi citi il Dizionario di Filosofia edito da
Garzanti, mi limito a riportare qui di seguito il testo di fonti di cultura
generale come Enciclopedie e dizionari.
…
Galileo
con “sensate esperienze e certe dimostrazioni” diede un contributo decisivo
per stabilire la verità fisica della concezione di Copernico. … il
metodo sperimentale confermò la sua funzione di vagliare, falsificando o
confermando, ipotesi o, se si vuole, rispondere a domande che lo scienziato
pone alla natura. L'origine di queste ipotesi o domande, come dimostra la storia
della s., nasce come da un contesto di ricerca su cui incidono le varie istanze
non solo scientifiche ma anche filosofiche, tecniche, sociali di una determinata
epoca. Le ipotesi, confermate dal
vaglio
sperimentale, tendono ad assumere nella s. moderna il carattere di leggi le
quali quanto più esatta è la loro formulazione matematica tanto più possono
essere inserite in un sistema teorico o logico formale.
…Popper
recupera una concezione realistica della conoscenza che è stata difesa nel
Novecento anche dai sostenitori del materialismo dialettico. Secondo
questa
concezione, la s. è storicamente relativa ma non per questo priva di oggettività;
attraverso di essa si realizza un
progressivo
approfondimento della materia o realtà
naturale che non può essere
tuttavia colta definitivamente nella sua essenza da nessuna categoria
scientifica storicamente data. …
Un
pluralismo metodologico sembra ancora più indispensabile per la ricerca
scientifica nei campi della psicologia, sociologia, antropologia, economia,
storia e in genere delle scienze umane. Anche
per queste discipline, tuttavia, sembra che i criteri di scientificità debbano
essere i due fondamentali da noi sopra indicati: quello teorico formale,
anche se le elaborazioni concettuali dettate dai singoli campi d'indagine
dovranno eventualmente essere autonome, e quello del riscontro empirico, anche
se i criteri specifici potranno essere i diversi. Allo stato attuale sembra
perciò difficilmente accettabile la
distinzione-opposizione introdotta alla fine del secolo scorso,
fra s. della
natura e s. dello spirito:
la prima volta a cogliere leggi, la seconda volta a cogliere eventi individuali.
Anche nella natura in effetti vi sono eventi storico-evolutivi, a livello
cosmologico, geologico e biologico, ben difficilmente ripetibili, così come nel
mondo umano vi sono processi ricorrenti, dalle vicende affettive ai cicli
economici. La netta opposizione fra s. della natura e s. dell'e spirito nasceva
dall'esigenza di combattere il riduzionismo di indirizzi positivistici o
materialistico‑dogmatici che cancellava la specificità dei campi di
indagine tipici delle s. umane. Tale opposizione portava con sé anche
l'intenzione o il pericolo di negare la continuità
esistente fra il mondo della natura e il mondo umano, continuità che permane
pur nel riconoscimento della specificità che il mondo umano ha acquisito nel
corso della sua evoluzione.” (da “Grande Enciclopedia” – voce
“Scienza” – De Agostini)
La
questione su chi sia legittimato a definire la scienza è di rapida soluzione.
Ogni disciplina ha la legittimazione ad autodefinirsi e a distinguersi dalle
altre. La prima ad essere legittimata a definire l’oggetto e i criteri del
metodo di ricerca della scienza è la scienza stessa per bocca dei suoi cultori.
Grazie a questi criteri la scienza è pervenuta a grandi risultati, permettendo
all’uomo di dominare (nel bene e, purtroppo anche nel male) la natura in molti
settori ed aspetti e di migliorare con progressione geometrica nel corso del
Novecento le condizioni di vita dei popoli e dei singoli, anche avendo incassato
al suo passivo immensi disastri come le due guerre mondiali, i mutamenti
climatici, danni ecologici forse irreversibili, ecc. (ogni medaglia ha il suo
rovescio, purtroppo!).
Il
metodo galileiano vale non solo per la fisica, ma per tutte le scienze, anche
per quelle cosiddette “umane”. (vedi citazione successiva tratta da Grande
Enciclopedia De Agostini, sopra citata e qui ripetuta). La
distinzione-contrapposizione tra Scienze della natura e Scienze umane oggi non
ha più senso, poiché l’uomo non è distinto né contrapposto alla natura, ma
ne fa parte.
“Un
pluralismo metodologico sembra ancora più indispensabile per la ricerca
scientifica nei campi della psicologia, sociologia, antropologia, economia,
storia e in genere delle scienze umane. Anche
per queste discipline, tuttavia, sembra che i criteri di scientificità debbano
essere i due fondamentali da noi sopra indicati: quello teorico formale,
anche se le elaborazioni concettuali dettate dai singoli campi d'indagine
dovranno eventualmente essere autonome, e quello del riscontro empirico, anche
se i criteri specifici potranno essere i diversi. Allo stato attuale sembra
perciò difficilmente accettabile la
distinzione-opposizione introdotta alla fine del secolo scorso,
fra s. della
natura e s. dello spirito:
la prima volta a cogliere leggi, la seconda volta a cogliere eventi
individuali.” (G.E.De.A.)
Quando
tu parli di scienza teologica usi il termine “scienza” in senso improprio,
così come è usato in senso improprio nell’espressione “scienze occulte”,
senza fare accostamenti blasfemi fra queste e quella. In questo senso improprio
il Dizionario di Filosofia edito da Garzanti, da te citato, definisce la
teologia “scienza di Dio e delle cose divine”, volendo intendere
“conoscenza (o studio) di Dio …”. Ne è prova, come tu stesso onestamente
riferisci e riconosci, che la voce “teologia” non compare ne “La nuova
enciclopedia delle scienze”. Come ne è prova l’esplicazione dello stesso
dizionario del termine teologia, intesa come “conoscenza di Dio attinta
mediante la fede”, non quindi mediante l’osservazione sensoriale e
l’esperimento, o come “esperienza mistica”, assolutamente personale, o
come “scienza (studio) delle verità rivelate”, verificabili nella forma
alla stregua di qualsiasi altro scritto, ma non verificabili come rivelate e non
verificabili nel contenuto, o come “riflessione sistematica e critica sulla
dottrina cristiana”, che, pur essendo uno studio serio, è assimilabile alla
filosofia.
Né
la teologia è resa “scienza” dal fatto che, per condurre le sue ricerche,
debba ricorrere o affiancarsi a scienze come l’ermeneutica, la storia, la
critica delle fonti, ecc. , che ne rimangono fuori e non vi entrano né da porte
né da finestre, rimanendo dei semplici strumenti esterni di cui la teologia si
serve rimanendone distinta. Così come se io studio l’Iliade con l’ausilio
dei più raffinati strumenti scientifici l’opera di Omero non diventa opera
storica ma resta sempre opera poetica.
Rimanendo
nel tracciato della tua lettera, non ritorno sul bisogno del potassio o
dell’acqua assimilati da te figurativamente al bisogno di Dio, poiché i primi
sono nell’ordine biologico e il secondo è nell’ordine spirituale o
culturale e fra i due ordini non è possibile alcun confronto e ciò che vale
nel primo non vale nel secondo, se non come immagine poetica che sul piano
logico non ha alcun valore conclusivo.
Scusami
se poi rilevo nei tuoi interventi una contraddizione che non è di poco conto:
da una parte critichi la scienza come quella che è capace di “produrre solo
teorie” e dichiari “modesti” i risultati cui può pervenire, dall’altra
ti arrampichi sui vetri per qualificare la teologia come scienza, nel tentativo
di conferire ai risultati delle ricerche teologiche quella certezza che si suole
attribuire ai risultati delle ricerche scientifiche.
Per
concludere, la teologia, per me, è una disciplina di alto valore religioso,
morale e culturale che studia Dio e le sue manifestazioni e si radica nella fede
e nell’esperienza emotiva di popoli ed individui. La sua dignità e
legittimazione sta nel sentimento dell’uomo e deriva da interrogativi cui solo
la religione può rispondere e non è messa in discussione dalla negazione di
essere “scienza”. L’ipotesi di una teologia scientifica potrebbe essere
presa in considerazione nei termini da me esposti nella mia prima lettera, ma
sarebbe tutt’altra cosa dalla teologia di cui tu tratti.
Michelangelo
Pucci