Giovanni Mazzillo <info autore>     |   home page:  www.puntopace.net 

Traccia dell'intervento dell'incontro sulla pace a Catania 17-02-02

Il Vangelo ci sfida ad osare la pace

Introduzione

Sono rimasto colpito dalla grande frase che campeggia in questa sala. "Può forse la distanza materiale separarci dai nostri amici? Se desideri essere accanto a qualcuno che ami non ci sei forse già?".

Il mio intervento parte da questa idea per cercare insieme con voi la sua forza segreta, il motore che la tiene in vita. Sono persuaso che esso risiede nell'amore stesso, perché l'amore è questo continuo movimento, un moto che non si concede soste e che sempre conduce coloro che si amano a cercarsi e a rincorrersi, talora a separarsi, per cercarsi ancora con maggiore slancio ed indomita insistenza.

Dirò allora che l'origine e l'energia di tale moto è in Dio, anzi che è Dio stesso, perché Dio è amore. Egli è la ricerca continua dell'amato ed è il desiderio di stare accanto a coloro che ininterrottamente ama. Egli ci è già accanto proprio perché è amore, e tuttavia ci sfugge perché noi stessi sfuggiamo a un amore così intenso. La nostra vita compirà allora l'arco che basta a maturarci, per reggere all'urto di un amore così smisuratamente grande. Quando avremo raggiunto questo scopo, potremo finalmente sempre stargli accanto. Nel frattempo dovremo fare i conti con le nostre insufficienze, con il nostro amore immaturo, con la violenza dalla quale siamo abitati, con le nostre paure, tra le quali quella che maggiormente ci pesa e ci blocca: la paura dell'altro, soprattutto dei diversi. Una paura che avvertiamo come minaccia e che scatena diffidenza, resistenza, ostilità e perfino odio.

Arrivati a questo punto, la diffidenza rischia di svuotare l'amore e l'odio di distruggere, con la vita dell'altro e degli altri, anche la vita di se stessi. C'è bisogno di un intervento straordinario dell'amore. Occorre un richiamo ulteriore, un gesto così eccezionale da sovrastare il clamore della guerra e da spezzare il cerchio dell'indifferenza. Occorre qualcuno che spezzi il circuito perverso della spirale dell'odio, qualcuno che per puro amore rischi persino di restare schiacciato da quell'odio e inascoltato nel frastuono delle armi. Se è vero amore, non si arresterà nemmeno davanti a quest'estrema, folle possibilità alla quale va incontro. Succede realmente e questo qualcuno è figlio e immagine dell'Amore stesso, è Cristo ed è Figlio di Dio, perché porta con sé un amore tanto sorprendente quanto radicale. L'amore viene tra gli uomini e rischia di perdersi tra loro. Realmente succede, perché "è meglio aver amato e perduto, che non aver amato affatto" (Tagore). L'amore venuto sulla terra si perderà per tre giorni nel tempio di una religione diventata opaca a ciò che essa deve sempre esprimere. Si perderà per tre giorni e due notti nel labirinto oscuro della morte, perché l'amore sa sfidare persino la morte e alla fine riuscirà a vincerla.

Noi viviamo di quel gesto di resa ultima dell'amore. Grazie a quel consegnarsi di Gesù allo morte, anche noi risorgiamo dall'odio e dall'indifferenza che ne è la sua anticamera e il freddo palazzo dove esso si nasconde. Risorgiamo non senza fatica e non senza dover attraversare passaggi obbligati che ci redimono e ci maturano. Sono gli attraversamenti verso il recupero della nostra vera grandezza, lì dove noi siamo a immagine di Dio, perché anche noi proveniamo da quella radice dell'amore e dobbiamo ristabilire i collegamenti che lo facciano di nuovo scorrere in noi come la linfa nei tralci. Chiamiamo questi passaggi e l'intero itinerario cammino verso la pace e cammino di pace. In effetti è lo stesso cammino dell'amore, che quando si mette sulle tracce degli uomini, si può chiamare itinerario della pace. Ne seguiremo il dinamismo attraverso questi momenti: 1) L'amore di Dio che sulle nostre strade diventa pace; 2) la pace come ritrovarsi e ritrovare gli altri; 3) una pace che non solo riconcilia ma libera dalle oppressioni.

1) L'amore di Dio che sulle nostre strade diventa pace

Da tempo cerco di dimostrare che l'amore di Dio verso di noi è un agire che tende alla pace e muove dalla pace(1).

La sua alleanza si compie nel perdersi di Gesù, venuto a incontrarci, per essere "nostra pace". Egli raduna così genti lontane (Ef 2,14), dà la sua vita (Ef 5,25), raduna tutti come membra del suo stesso corpo (Ef 5,29), chiama alla nonviolenza della pace (Ef 6,10-19), "per propagare il vangelo della pace" (Ef 6,15; cfr. Is 52,7; 40,3.9).

Il suo agire attesta la validità storica del principio formulato dal libro della Sapienza:

"Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata...Tu risparmi tutte le cose, perché tutte sono tue, Signore, amante della vita" (Sap 11,23-26).

Gesù mostra la consistenza dei pensieri di pace, coltivati da Dio verso di noi, come per gli Ebrei durante il loro esilio:

"Io conosco i progetti fatti a vostro riguardo...progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza" (Ger 29,11).

Gesù realizza la riconciliazione e la riconvocazione (Ef 2,14-16; Gal 3,28), riunifica e "ricapitola" (Ef 1,10), porta ed è il vangelo della pace, vangelo di salvezza (1 Ts 2,4) e vangelo di Dio (Rm 1,1; 15,16; 2 Cor 11,7; 1 Ts 2,2.8), parola di vita (Fil 2,16) e di verità (2 Cor 6,7; Col 1,5; 2Tm 2,15), parola di riconciliazione (2 Cor 5,19). Cristo è artefice di pace e s’identifica con la pace (Ef 2,14, cf. Mi 5,4 Is 9,5), è facitore di pace, così come aveva detto che i figli di Dio saranno i "facitori di pace" (Mt 5,9). La sintesi la troviamo in questo passo della lettera di paolo agli Efesini:

"Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia" ( Ef 2, 14-16).

L'annuncio della venuta di Gesù è fin dall'inizio annuncio di un'epoca di pace: "gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14). L'amore di Dio è diventato progetto: realizzarlo significa rendergli gloria. Gesù porta lo stesso annuncio e mostra nelle beatitudini che la gloria di Dio nel cielo e la venuta del suo Regno sulla terra sono il cuore di questo progetto (Mt 5, 1-11), perché esso è liberazione degli oppressi e lieta notizia ai poveri (Lc 4,16-18). Per questo esulta di gioia, ringraziando il Padre, quando è compreso dai più semplici e dai più piccoli del mondo (Lc 10,21-22; Mt 11, 25-26). Chiama i suoi discepoli ad annunciare la pace e a compierne i segni: "Entrando nella casa, rivolgete il saluto [cioè augurate lo shalom]" (Mt 10, 11), una pace attestata da gesti concreti: "guarite gli infermi , risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni"(Mt 10,8).

Pace e gloria sono insieme nell'ingresso di Gesù in Gerusalemme: "Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli", come a dire: "si realizza oggi la pace che Dio vuole nel cielo", così come "si fa festa in cielo per un peccatore pentito" (Lc 15,7). È la gioia di Dio per l'opera di Gesù che porta agli uomini la pace delle beatitudini, nella liberazione degli oppressi,

Nel suo messaggio Gesù insegna convivialità, misericordia, servizio e resistenza al male con il bene. Continuamente agisce per riunire i dispersi e rinfrancare gli scoraggiati, non si stanca di affermare la novità di quel regno che risponde alla sola logica dell'amore ("avete inteso che fu detto agli antichi..., ma " io vi dico Mt cc 5,20-48). Se talora questo regno è descritto in termini apocalittici (Mc cap. 13; Mt cap. 24; Lc 21,5-36), il suo fine è la "liberazione" perché esso compie il progetto dell'amore di Dio "Alzatevi e sollevate la testa, perché la vostra liberazione è vicina" (Lc 21,28).

2) La pace come ritrovarsi e ritrovare gli altri

Alla sua prima sconfitta, la crocifissione, il vangelo della pace di Gesù rimane alto come messaggio di enorme protesta contro l'ingiustizia e come affermazione che l'amore e il perdono sono valori insopprimibili:

"Gli rispose Gesù: "Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?" (Gv 19,23);

<<Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno>> (Lc 23,33);

<<"Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me". Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire>> (Gv12,31-33)

Gesù, risuscitato, conferisce il dono dello Spirito Santo, perché i suoi discepoli lo ritrovino pienamente e si ritrovino tra loro. Perché vadano a riconciliare gli uomini con l'amore che è stato trafitto:

"Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi". Dopo aver detto questo alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi"" (Gv 20, 21-23).

Il maestro vuole che con lui e come lui, i suoi discepoli siano strumenti e artefici di riconciliazione, popolo di "artefici di pace" (Mt 5,9; Rm 14,19). Di per sé più che un "potere" è di un servizio, per essere facitori della pace .

Anche le parole rivolte a Pietro, dopo la sua confessione di fede, rimandano all'annuncio e alla pratica della riconciliazione e il perdono:

"[17 Gesù, replicando, disse: "Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. [18 E anch'io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte del soggiorno dei morti non la potranno vincere. [19 Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,17-19).

Si tratta di riconciliare, come anche sarà con il fratello che sbaglia: correzione in privato, poi alla presenza di testimoni, ed infine davanti alla "Chiesa" (Mt 18,15-20).

In quest'ottica dobbiamo riscoprire che la riconciliazione più che un dovere increscioso da compiere, è un ritrovare se stessi, ritrovando l'amore.

3) Una pace che non solo riconcilia ma libera dalle oppressioni.

Riconciliati con l'amore, abbiamo di nuovo la forza di credere all'indispensabilità della liberazione come suo presupposto e come suo frutto maturo. Il vangelo della pace porta a questo. Vale per i "lontani", che attendono la salvezza e vi camminano per le vie segrete che Dio conosce, ma vale per chi ha dubitato dell'amore, perché ne ritrovi la strada. È la strada maestra che appare fin dagli inizi dell’attività pubblica di Gesù: 1) la chiamata di tutti al ravvedimento ("convertitevi e credete al vangelo"), 2) la chiamata degli apostoli, che devono accogliere la liberazione in se stessi; 3) l'invio di discepoli a due a due, per annunciare il vangelo al popolo disperso e diviso 4) l'invito al banchetto messianico del popolo perché si nutra della Parola di Dio e del suo pane.

La liberazione come riconciliazione con Dio e ritrovamento dell'amore è la strada maestra anche della Chiesa. Facciamo memoria di Padre Ignacio Ellacuría, testimone di liberazione dei disperati in un mondo violento, vissuto nel Salvador, terra che - come tutte le regioni oppresse - mette a prova la credibilità della nostra "civiltà dell’amore" e della "cultura della vita". Con i suoi compagni martiri e quanti hanno creduto che il Vangelo libera e non opprime gli uomini, egli ha dimostrato che la Chiesa, come egli diceva, non è solo corpo mistico, ma anche corpo storico. Anche noi, come popolo di Dio, siamo chiamati ad osare la pace, perché solo così siamo al seguito di Gesù e dei suoi testimoni. Su questa strada continuiamo un'opera che da storia della salvezza deve finalmente diventare salvezza della storia. In ogni caso ecco l'invito di Padre Ignazio Ellacuria:

"Anche accettando che la Chiesa visibile e storica continua a conservare, per volontà di Cristo e per l’assistenza dello Spirito, tale suo carattere eccezionale di luogo della salvezza, resta da chiedersi che cosa in questa Chiesa storica è realmente capace di essere tale, e che cosa in questa Chiesa storica lo sta contraddicendo. È il problema di trovare nella vera Chiesa il vero della Chiesa. E questa domanda sul vero (che può anche darsi che non possa venire separato, storicamente, dal falso che in essa è presente, come il grano si può separare dalla zizzania solo alla fine dei tempi, pena rovinare l’intero raccolto) non può avere risposta se non ci si interroga, dentro di essa e in essa e senza uscirne fuori, sulla trascendenza storica cristiana, nel senso di voler ricercare quelle realtà tangibili che sono per se stesse e secondo la volontà di Cristo il luogo dove maggiormente si rivela il Dio cristiano, al quale non piacciono né la sapienza cercata dai greci, né i segni cercati dai giudei. Una nuova sapienza e dei nuovi segni si rendono necessari, affinché si realizzi definitivamente la promessa che Dio è con noi, che noi siamo il suo popolo e che il Dio vero è veramente il nostro Dio" (2).

NOTE

1) Cf. G. Mazzillo, La teologia come prassi di pace, E Gesù e la sua prassi di pace, editi da La Meridiana, Molfetta (BA). le introduzioni di G. Mazzillo e di L. Sartori alle rispettive sezioni di teologia fondamentale e teologia sistematica in L. Lorenzetti (a cura di) Dizionario di teologia della pace, Dehoniane, Bologna 1997.

2) I. Ellacuria, "La storicità della salvezza cristiana", in I. Ellacuria - J. Sobrino (a cura di), Mysterium Liberationis. I concetti fondamentali della teologia della liberazione, Borla - Cittadella, Roma - Assisi 1992, 306.