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Comunicare la sete di ricerca… in un
mondo che non cambia
Incontro con i catechisti di Cirella – 19-20/09/2002
1° pomeriggio - Cercatori di Altro….
1) Vivere e annunciare una continua ricerca
Preghiera di partenza: il Salmo 63,2-4: «[versetto 2] O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua. [3 Così nel santuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria. [4 Poiché la tua grazia vale più della vita, le mie labbra diranno la tua lode».
Da un rapido confronto tra le diverse traduzioni, appaiono alcuni spunti interessanti. Come attesta la traduzione dei LXX, ciò che qui si cerca è un andare a vedere, per contemplare e per essere risollevati, ”per essere “ salvati[1].
Il verbo greco ofthen “vedere” è in italiano tradotto con cercare, più opportunamente è da intendere come l'andare a vedere più che il vedere.
L’ebraico hazîtî pf. dal hzh è termine tecnico per indicare la visione della rivelazione. Qui indica attesa ansiosa dell’incontro teofanico che porta salvezza (cf. Sal 27,4). La Bibbia. Nuovissima versione dai testi originali III, Nuovo Testamento, Paoline, Cinisello Balsamo 1991, 298, traduce «così mi sono messo a guardarti nel santuario per contemplare la tua potenza e la tua gloria»[2].
Tutto ci porta a dire che dobbiamo sempre restare alla ricerca di Dio. Egli deve essere il primo pensiero, fin dall’aurora. Nemmeno l’essere nel suo santuario, cioè in una struttura sacrale o in un sistema espressamente religioso, spegne, né deve mai farlo, tale ricerca. Di lui abbiamo bisogno come la terra deserta o come la cerva assetata: «Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?» (Sal 42,2-3). Chi vuole trasmettere qualcosa della rivelazione dovrà sempre tener presente quest’esperienza di continua ricerca. Dovrà sapere che anche lui va alla ricerca di Dio e della sua Grazia, di Dio e della sua salvezza. Dovrà trasmettere il valore della ricerca. Anche quando sembra che gli altri non abbiano alcun bisogno di Dio, è importante farli arrivare a scoprire come tale bisogno sia stato ricoperto da qualcos’altro. Spesso è solo deviato o strumentalizzato e sfruttato ad arte. Il recupero può avvenire attraverso l’iniziazione a pregare non solo “nella natura”, ma attraverso la natura, e persino in compagnia con essa. Non pregare mentre piove, ma pregare insieme con la pioggia che sta cadendo.
2) Beati il cuore di coloro che cercano Dio …
La ricerca resta dunque lo spazio privilegiato della spiritualità oltre che della religione. È l’ambito in cui questa non solo nasce e si mantiene in vita, ma in cui Dio stesso viene incontro a colui che lo cerca. Ciò si trova, ad esempio, in uno come Massimo Cacciari, che riprende questo concetto a proposito della temporalità, che contrassegna la vicenda umana sulla terra e vede nell'inquietudine dell'anima l'espressione dell'amore:
«Come
non possiamo parlare del tempo in quanto cosa estranea, bensì ritornando
all'inquietudine stessa dell'anima e
ritrovando nel cuore di tale inquietudine l'istante-Aión, così siamo veri
amanti»[3].
Egli rimanda ad Agostino, per il quale il bello viene, al pari della ricerca di Dio, «da quella bellezza che è sopra le anime, alla quale sospira notte e giorno la mia anima»[4]. La ricerca stessa e non il suo successo è fonte di gioia per Agostino, che parlando della gioia di chi cerca il Signore, annota che il salmo non parla della gioia di chi trova Dio, ma di chi lo cerca. Salmo 105,1-3: «Lodate il Signore, invocate il suo nome, proclamate tra i popoli le sue opere. Cantate a lui canti di gioia, meditate tutti i suoi prodigi. Gloriatevi del suo santo nome: gioisca il cuore di chi cerca il Signore»[5].
Restare alla ricerca di Dio è pertanto una dimensione spirituale di primaria importanza. Tale ricerca continua è fonte di gioia, perché intuisce e vive l’esperienza dell’incatturabilità di Dio, ma facendo ciò, partecipa qualcosa di Dio stesso. La catechesi, pur trasmettendo un’esperienza di fede, non può mai trascurare tale aspetto. Quando ciò succede, si ha un indottrinamento e, nella peggiore delle ipotesi, si arriva a forme di integrismo e di fondamentalismo, che sono tanto nocive non solo per quanti non condividono quella stessa esperienza, ma per la religione stessa che si pensa di difendere e di rappresentare.
3) I luoghi della ricerca
Alcuni luoghi della ricerca sono già stati indicati, seppure solo indirettamente. Tra questi la preghiera e la relazione con la natura, il rapporto amichevole e fraterno con gli altri, la riflessione e la considerazione della storia umana alla luce della Parola di Dio. Una sintesi, che però ci induce a riflettere, la ritroviamo soprattutto in Isaia. Leggendo questo testo, oltre ai tanti interrogativi che ci interpellano e che ci invitano alla continua conversione e al costante ascolto di Dio, troviamo anche una prima risposta a queste quattro domande: Quali sono i soggetti della ricerca? Quali sono i luoghi? Quali le condizioni? Verso chi va il messaggio? In ogni caso è menzionata la ricerca dell’uomo, espressa come sete di Dio, e l’offerta di Dio come risposta concreta a tale continua ricerca. In secondo luogo si parla di un patto che Dio stipula con coloro che lo cercano. È un patto incondizionato da parte di Dio. Egli si impegna e definitivamente in favore dell’uomo. Egli offre la sua Parola e il suo nutrimento. L’idea la ritroviamo concretizzata in Gesù, che offre in abbondanza la sua parola e successivamente il pane nell’episodio della condivisione dei pani e dei pesci (Mc 6,33-44: «si mise ad insegnare loro molte cose … spezzò i pani e li dava ai discepoli). Gesù consacrerà definitivamente questo suo modo di comunicare la Parola e di darsi come nutrimento nell’ultima cena, per la nuova e definitiva alleanza (Lc 22,20).
Ecco il testo di Isaia:
«O voi tutti assetati venite all'acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete. Io stabilirò per voi un'alleanza eterna, i favori assicurati a Davide. Ecco l'ho costituito testimonio fra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni. Ecco tu chiamerai gente che non conoscevi; accorreranno a te popoli che non ti conoscevano a causa del Signore, tuo Dio, del Santo di Israele, perché egli ti ha onorato. Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55, 1– 9).
2° pomeriggio –
Annunciare l’Altro di Dio e l’altro della Chiesa
1) Trasmettere ciò che sperimentiamo di Dio
Di Dio non sappiamo, né sapremo mai abbastanza. Sappiamo però quanto è sufficiente per vivere e per amarlo. Sappiamo e dobbiamo comunicare agli altri il fatto che egli non è una semplice e indiscriminata “Onnipotenza”, che può tutto ciò che vuole come illimitato libero arbitrio. La sua comunicazione a noi mortali ce lo mostra come Colui che più che neutrale onnipotenza, è l’infinito e indistruttibile Amore sussistente.
Sappiamo che la nostra abissale distanza da lui – l’Inimmaginabile, l’Aconcettuale – non lo ha fermato nel suo continuo darsi verso di noi, verso il mondo, verso l’umanità e verso il suo futuro. Quel suo radicale Darsi all’uomo e alla sua causa ha un nome e un volto assunti in questa nostra storia, ha una madre e una vicenda simile alla nostra e a quella di molti altri, che più di noi, sanno che cos’è la sofferenza, la tortura, la morte. Si chiama Gesù di Nazareth, nato da Maria, torturato per ordine dell’impero romano.
Sappiamo e dobbiamo annunciare, che la sua fine non è stata la fine di tutto. La fine è stata assunta in Dio e Dio ha distrutto la fine, rinnovando l’uomo e la sua storia, la sua vicenda e il suo futuro.
1.1. Colui che è
cercato ci viene incontro
Dio non resta nella
sua splendida solitudine, ma ci viene incontro.
Una delle rappresentazioni più
penetranti di Dio è la sapienza, personificazione del suo spirito ed
espressione, quasi interfaccia, del suo amorevole rapportarsi con l’uomo e con
la sua storia.
Cf. Sir 15,1-8: «Così
agirà chi teme il Signore; chi è fedele alla legge otterrà anche la sapienza.
Essa gli andrà incontro come una madre, l’accoglierà come una vergine sposa».
Sap 8,1-2 : «Questa ho amato e ricercato fin dalla mia
giovinezza, ho cercato di prendermela come sposa, mi sono innamorato
della sua bellezza».
Ma è anche la sapienza
che va alla ricerca di quanti la desiderano:
Sap 6,12-14 «La sapienza è radiosa e indefettibile, facilmente è
contemplata da chi l’ama e trovata da chiunque la ricerca. Previene, per farsi
conoscere, quanti la desiderano.
Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà,
la troverà seduta alla sua porta. Riflettere su di essa è perfezione di
saggezza, chi veglia per lei sarà presto senza affanni. Essa medesima va in
cerca di quanti sono degni di lei,
appare loro ben disposta per le strade, va loro incontro
con ogni benevolenza».
Qualcosa di simile è
in Mt 8,7-8 «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi
sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a
chi bussa sarà aperto». Tendendo sullo sfondo il tema biblico del desiderare e
chiedere la sapienza, si evita di interpretare le parole di Gesù in senso
materiale-opportunistico.
C’è inoltre
l’invito a non lasciare mai quanto cercato e che ci ha ormai raggiunto:
Sir 27,27-30: «Seguine le orme e cercala, ti si
manifesterà; e una volta raggiunta, non lasciarla. Alla fine troverai in lei il
riposo, ed essa ti si cambierà in gioia. I suoi ceppi saranno per te una
protezione potente, le sue catene
una veste di gloria. Un ornamento d’oro ha su di sé, i suoi legami sono fili
di porpora violetta».
1.2. Colui che ci
viene incontro si rivela a noi
Il darsi di Dio è
anche il suo manifestarsi. Rivelandosi, egli rivela anche la nostra grandezza e
la profondità del nostro mistero, la consistenza di quella ricerca e di quella
sete di assoluto che sono all’origine dell’esperienza religiosa.
Si realizza quanto troviamo nel vangelo di Giovanni:
Gv 14,21: Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva,
questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi
manifesterò a lui».
Chi parla così è
Cristo, sapienza del Padre e vita dell’uomo, come la sapienza antica, quella
di cui è scritto:
Pr 8,2-4: «In cima alle alture, lungo la via, nei
crocicchi delle strade essa si è posta, presso le porte, all’ingresso della
città, sulle soglie degli usci essa esclama: “A voi, uomini, io mi rivolgo,
ai figli dell’uomo è diretta la mia voce”».
In continuità con
questo pensiero biblico, Cristo si rivolge offrendo l’acqua fresca che dà la
vita eterna:
Gv 7,37-39: «Nell’ultimo
giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta
voce: “Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura:
fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. Questo egli disse riferendosi
allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era
ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato».
Ma succede
qualcosa di inedito: Dio si fa conoscere misteriosamente anche da chi non lo
cerca:
Is 64,1-2: «Mi feci ricercare da chi non mi interrogava, mi
feci trovare da chi non mi cercava. Dissi: “Eccomi, eccomi” a gente che non
invocava il mio nome. Ho teso la mano ogni giorno a un popolo ribelle; essi
andavano per una strada non buona, seguendo
i loro capricci»;
Is 65,24: «Prima che mi invochino, io risponderò;
mentre ancora stanno parlando, io già li avrò ascoltati»;
1Gv 4,10: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi
ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima
di espiazione per i nostri peccati».
2) Comunicare la
gioia dell’incontro
2.1. Come andando
incontro allo sposo
Basterebbe partire dal Cantico
dei cantici, testo che canta l’amore umano e, attraverso di esso,
l’infinito amore di Dio. Pensando a ciò, possiamo leggere in una nuova luce
espressioni come queste:
Ct 1,4 «Attirami dietro a te, corriamo! M’introduca il
re nelle sue stanze: gioiremo e ci rallegreremo per te, ricorderemo le tue
tenerezze più del vino. A ragione ti amano!»
È la gioia di chi
finalmente ha visto la luce, dopo tanto e lungo brancicare nel buio. È come la
gioia del vecchio Tobi, guarito dalla sua cecità, che ormai va libero sulla
strada non condotto più per mano da alcuno. È la gioia che diventa
gratitudine, letizia, lode. Anche questo occorre imparare a trasmettere. La
convinzione di avere una gioia indistruttibile renderà la nostra testimonianza
più convincente. Al pari di Tobi, avendo visto la luce, sapremo proclamare
l’opera di Dio:
Tb 11,16 «Allora Tobi
uscì verso
la porta di Ninive incontro
alla sposa di lui, lieto e benedicendo Dio.
Quando la
gente di
Ninive lo
vide passare e camminare con
tutto il vigore di un tempo,
senza che alcuno lo conducesse per
mano, fu presa da meraviglia; Tobi proclamava
davanti a
loro che Dio aveva avuto pietà di lui e che gli aveva aperto gli
occhi».
È l’andare
incontro allo sposo, la Sofìa increata, la Sapienza stessa, come le ragazze
della parabola vanno incontro allo sposo che sta per venire:
Mt 25,1 «Il regno
dei cieli è simile a dieci vergini che, prese
le loro
lampade, uscirono incontro allo sposo».
Ma è anche l’andare
incontro del testimone di Gesù, come Pietro, a colui che, al pari di Cornelio,
ha atteso a lungo quel momento:
At 10,25-27 «Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio
andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per adorarlo. Ma Pietro lo rialzò,
dicendo: «Alzati: anch’io sono un uomo!».
2.2. Incontro a Dio
come comunità
Non mancano passi nella
Bibbia che attestano che si tratta di una ricerca e di un incontro che avvengono
nella coralità di un’appartenenza, nel cammino di un popolo. Così succedeva,
ad esempio con Mosè:
Es 19,17 «Allora Mosè fece uscire il popolo
dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte»;
Parlando con lui, Dio
esprimeva la destinazione collettiva della rivelazione del suo amore,
assicurando che avrebbe abitato in mezzo alla sua comunità:
Es 29, 43-46: «Io darò convegno agli Israeliti in
questo luogo, che sarà consacrato dalla mia Gloria. Consacrerò la tenda del
convegno e l’altare. Consacrerò anche Aronne e i suoi figli, perché siano
miei sacerdoti. Abiterò in mezzo agli Israeliti e sarò il loro Dio. Sapranno
che io sono il Signore, il loro Dio, che li ho fatti uscire dal paese
d’Egitto, per abitare in mezzo a loro, io il Signore, loro Dio».
La sua nube, altra
immagine ancestrale della presenza di Dio, al limite tra il materiale e
l’immateriale, ricorre spesso come assicurazione e come luogo di salvezza.
Ricorre ancora nella storia di Mosè:
Es 24,16 «La Gloria del Signore venne a dimorare sul
monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore
chiamò Mosè dalla nube».
Ma ricorrerà nella
protezione del popolo di Dio nel deserto, nell’adombramento di Maria
all’annunciazione, nell’esperienza della trasfigurazione sul monte e nella
separazione finale di Gesù dai suoi discepoli.
3)
L’incontro reciproco tra Colui che cerchiamo e Colui
che ci cerca
Un antico testo ci
parla di un pagano che avviandosi verso Dio, riceve la visita di lui:
Nm 23,15-17 «Allora Balaam disse a Balak: “Fermati
presso il tuo olocausto e io andrò incontro al Signore”. Il Signore andò
incontro a Balaam, gli mise le parole sulla bocca e gli disse: “Torna da Balak
e parla così”».
In tale venirci
incontro, Dio manifesta la sua volontà di cammina nel mondo, accanto ai suoi
figli. Qualcosa di simile lo troviamo nel profeta Amos:
Am 4,13 «Ecco colui che forma i monti e crea i venti,
che manifesta all’uomo qual è il suo pensiero, che fa l’alba e le tenebre e
cammina sulle alture della terra, Signore, Dio degli eserciti è il suo nome».
Ma lo troviamo
soprattutto nell’incontro tra Maria ed Elisabetta, tra ciò che Maria porta in
grembo e ciò che Elisabetta rappresenta, rispetto all’antica attesa e alla
ricerca di Dio come salvatore del suo popolo e dell’umanità tutta:
Lc 1,39-45: « In quei giorni Maria si mise in viaggio
verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa
di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di
Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo
ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del
tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la
voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia
nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del
Signore».
Infine, l’incontro è testimoniato come incontro di quanti cercano anche
al di là della morte, come le donne il mattino della Pasqua. È l’incontro
definitivo che dobbiamo testimoniare, incontro con i messaggeri di Dio e
soprattutto incontro con il Risorto, che pur colto nella fede, rischiara la
vita, il sorriso e la quotidianità dei suoi testimoni:
Mc 16, 7-8: «Ora andate, dite ai suoi discepoli e a
Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto». Ed
esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di
spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura».
Ma quasi a completare
questo racconto, leggeremo in Matteo:
Mt 28, 9-10 «Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo:
«Salute a voi». Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono.
Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che
vadano in Galilea e là mi vedranno».
[1]
Il testo greco in effetti traduce: 2)
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3)
oÛtwj ™n tù ¡g…J êfqhn soi toà „de‹n t¾n dÚnam…n sou kaˆ t¾n dÒxan sou. Mentre la Vulgata ha:.
«in terra deserta et
invia et inaquosa sic in sancto apparui
tibi ut viderem virtutem tuam et gloriam tuam».
[2]
Qualcosa di simile la Einheitüsbersetzung tedesca: «Darum halte ich
Ausshau nach dir im Heiligtum, um deine Macht und Herrlichkeit zu sehen».
[3]
M. Cacciari, Dell'inizio,
cit., 297.
[4]
«Ab illa pulcritudine, quae supra animas est, cui suspirat anima mea die ac
nocte» (Agostino, confessioni, X,
34. Per il commento cf. M. Cacciari, Dell'Iinizio, cit., 297ss.).
[5]
A riguardo Agostino scrive: «Non enim ait: laetatur cor invenientium; sed:
quaerentium Dominum» «Non si dice infatti si rallegri il cuore di coloro
che trovano, ma di coloro che cercano il Signore» (De
Trinitate, 15,2,2).