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Giovanni Mazzillo – Meditando sulla Pasqua come passaggio – Cirella 27/03/02

1) Non a prezzo di cose corruttibili, ma a prezzo della vita ….

Essere parrocchia, essere in pellegrinaggio

Troviamo nella prima lettera di Pietro l’invito ad agire in riferimento alla risurrezione di Gesù, nel nostro passare sulla terra. Egli ci ha liberati e ci ha reso capaci di amare. Ciò avviene nel nostro vivere accanto alla casa o alle nostre case, nella paroikìa, da cui la parrocchia:

"E se invocate come Padre colui che giudica senza favoritismi, secondo l'opera di ciascuno, comportatevi con timore durante il tempo del vostro pellegrinaggio [paroikìa] terreno; sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri, ma con il prezioso sangue di Cristo, come quello di un agnello senza difetto né macchia. Già designato prima della creazione del mondo, egli è stato manifestato negli ultimi tempi per voi; per mezzo di lui credete in Dio che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria affinché la vostra fede e la vostra speranza siano in Dio. Avendo purificato le anime vostre con l'ubbidienza alla verità per giungere a un sincero amor fraterno, amatevi intensamente a vicenda di vero cuore, perché siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, cioè mediante la parola vivente e permanente di Dio" (1Pt 1,17-23).

Cristo, nostra Pasqua, nostro passaggio

Il nostro essere continuamente in cammino riprende l’antico significato del pesaq ebraico, il passaggio. Per gli ebrei, oltre ad essere il passaggio dalla schiavitù dell’Egitto, doveva essere stata originariamente la festa del passaggio dal nomadismo alla vita dei campi o semplicemente dall’inverno alla primavera, con l’offerta dell’agnello, tra i primi nati del gregge nel nuovo anno. Nella concezione cristiana è il passaggio dalla morte alla vita, dalla corruzione all’immortalità. San Paolo scrive: "Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità" (1Cor 5,7-8).

Cristo è detto "nostra pasqua", perché è l’agnello di Dio (come troviamo in Gv 1,29: "Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!); perché è nostro passaggio (sicché egli dice: "Io sono la via, la verità e la vita": Gv 14,6), perché egli è ancora Dio che fugge in questo mondo. Di Dio si può cogliere il passaggio, udirne la voce, ma non si può scorgere l'aspetto . Così, ad esempio, in 1Re 19,11.12-13: "Ecco il Signore passò... Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: "Che fai qui, Elia?"". Dio non si può contenere (Cf. 1Re 8,27 "Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita!"; cf. anche Is 66,1; Ger 23,24; At 7,49; At 17,24). Dio non si può trattenere (cf. Lc 4,42-43: "Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro. Egli però disse: "Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città""; Gv 20,17: "Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli"".

Egli è tuttavia il Dio che si commuove nel suo camminare tra noi:

<<Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi">>( Lc 19,41-42). Il brano è vicino all’altro dove Gesù, davanti alla città del ripudio accoratamente esclama:

"Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco: la vostra casa vi sarà lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!" (Mt 23,37-39).

2) Nella novità di una vita … inedita

Il ripudio di Gesù, la sua passione e morte precedono la risurrezione, punto di riferimento per la vita nuova del credente. Perciò è detto:

"Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità".

Gli elementi di tale invito sono tutti importanti.

Celebrare la festa

Ciò significa che la vita del cristiano è segnata dalla gioia. C’è infatti la gioia della libertà da qualsiasi padrone della propria vita, dall’oscuro abisso del male, dal peccato che attanaglia, dall’odio che consuma, dall’amarezza che inaridisce. Viene in mente una quartina: "In questo mondo colpevole / che compra e disprezza, / il più colpevole sono io, / inaridito dall’amarezza" (Pasolini). La libertà è però un dono e un compito per il cristiano, come troviamo nella sintesi della lettera ai Galati: "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù" (Gal 5,1). C’è ancora la gioia della essenzialità: è la gioia sconosciuta del saper vivere in povertà, sapendo che la vita di un uomo non dipende dai suoi beni, contrariamente a ciò che pensava il ricco, che con il raccolto abbondante programmava una vita felice, dicendo: <<"raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio". Poi disse ai discepoli: "Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito>> (Lc 12,18-23). La nuova vita è ancora la gioia della carità. Essa consiste nel sapere di essere amati e di essere capaci di amare. Troviamo scritto infatti:

"Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: "Io amo Dio", e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello>> (1Gv 4,19-21).

Sbarazzandosi del lievito vecchio e vivendo il passaggio con il Risorto

Il passaggio significa per noi sbarazzarsi del vecchio modo di vedere, per vivere in maniera alternativa. Significa sbarazzarsi del lievito vecchio, quello detto "di malizia e di perversità", simbolo della corruzione che si diffonde (cf. Mt 16,6-7 <<Gesù disse loro: "Fate bene attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei". Ma essi parlavano tra loro e dicevano: "Non abbiamo preso il pane!">>. Al suo posto subentra il pane azzimo (senza lievito), simbolo di autenticità e di verità. L’invito è a diventate ciò che in germe già siamo perché liberati da Cristo e dal suo Spirito:

<<Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù>> (Rm 6,8-11).

 

Preghiera conclusiva

Passando ci precedi
e come se di balza in balza ci sfuggissi
non riusciamo che a cogliere quel raggio
se mai faremo in tempo,
ché tu fuggi più in fretta
di questo nostro tempo.
Dio dell'invisibile per chi come noi
qui resta a scorgere il visibile,
quale mistero celi
dietro quel tuo ritrarti senza posa?
No, non "invano inseguo
il Dio che si ritira[1].
L'ho contemplato oggi nel tuo correre
incontro a quel figlio perduto ch'è tornato,
non vedi? Più perduti e smarriti
siamo in questo tempo
dove il martello si abbatte
ad uccidere la madre,
torna dunque o almeno concedi
che noi ti rincorriamo
seppure per quel tanto
che basti a che tu non scompaia del tutto[2].
Così se tu ancora continui a ritrarti
da questo mondo sarò proprio io
saremo noi a doverti trattenere?
La vita fugge, certo,
ma tu non fuggire e corri, semmai,
te ne preghiamo, ancora
incontro a questo mondo. Amen (GM).
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NOTE

[1] Baudelaire, Sole romantico al tramonto.

[2] "Se Dio non mi aiuterà, allora sarò io a doverlo aiutare" (E. Hillesum, Diario).