Esiste davvero chi non crede? Intervento di
Parblé mercoledì 5 febbraio 2003
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Mi domando cosa sia tutta questa gazzarra sollevata dagli atei sicuri dei
loro dati scientifici. Che io sappia né la scienza ha fatto scoperte, né la
matematica ha un teorema per dimostrare che Dio non esiste.
La scienza per affermare che Dio non esiste dovrebbe dirci che abbiamo
capito tutto quello che c'era da capire scientificamente nell'immanente.
Anzi dallo studio rigoroso dell'immanente vengono fuori l'infinito
matematico e il super mondo; la matematica sulla quale molti pongono i loro
calcoli razionali dovrebbe scoprire invece che non può esistere il
trascendente, che non possono esistere i paradossi, ma tutto deve rientrare
rigorosamente nei ranghi del dimostrabile. Come se la verità e la
dimostrabilità fossero la stessa cosa.
D'altronde pur stigmatizzando i motivi per cui gli altri credono più o meno
bene o male in Dio, gli atei credono nei loro dogmi, ed i loro dogmi sono
molto più sfuggenti. Non credono in Dio ma credono ciecamente nel loro io
ch'è per sua natura instabile e cangiante, credono in un partito politico di
una politica sempre cangiante, credono nell'amore che non è quantificabile
ne matematicamente né scientificamente, credono nel destino, o nel superuomo o
oltre-uomo pur sempre caduco. So anche bene che l'ateismo non è un vero e
proprio atto di fiducia totale nell'immanente, ma è più una negazione del
trascendente, ma poi credono all'arte, credono in forze negative o positive
che dominano il mondo, credono nei folletti, etc.
Ma a parte questi discorsi, mentre il razionale, l'ateo, il matematico e lo
scienziato hanno dedotto le loro verità, mentre si tenta di calcolare tutto
e tutto ciò che non è dimostrabile non esiste, a questi uomini sfugge che la
maggior a parte della loro vita, la loro stessa vita non può essere
inquadrata. Le cose seppur razionalizzate in impliciti processi di
matematica pura, ci sfuggono lo stesso, la nostra vita stessa ci sfugge, ci
sfugge il tempo, ci sfugge la memoria di tutto quello che abbiamo registrato
nella mente, ci sfuggono le persone alle quali eravamo legate o siamo
legate, è instabile il nostro umore anche nell'io più costruito, ci sfugge
il significato di tutti gli avvenimenti che viviamo in un giorno. Talvolta
afferriamo dei momenti solo ripensadoci altrimenti ci sfuggono per sempre,
ci sfugge il nostro inconscio, ci sfugge la mente nei sogni, ci sfugge il
nostro stesso corpo che passa, e si pensa che abbiamo risolute verità sulla
realtà e su noi stessi, ma noi passiamo convinti che stiamo rimanendo,
sappiamo calcolare e prevedere le nostre azioni ma ci sfuggono tante volte
le reazioni, ci sfugge il futuro, ci sfugge il passato, ci sfugge il
presente, ogni cosa, mentre salgono sulle cattedre nuove scienziati e si
approfondiscono gli studi sugli atomi, questi professori dell'immanente
fanno figli che gli sfuggono e vogliono sfuggire da loro stessi perché sono
in eterna ricerca del nuovo; gli scienziati si sfuggono sempre ponendosi di
continuo domande, e porsi delle domande è come voler sfuggire dai dati e
dalle sicurezze delle risposte che si sono dati al presente. Altri invece
credono al momento, a cogliere l'attimo, ma l'attimo sfugge più di ogni
altra cosa, altri credono nelle droghe per sfuggire quel determinato stato
mentale che si vive in quel momento, tutto sfugge, tutto sembra come il
vento solo di passaggio, come nomadi notturni che errabondi passano alla
vita proiettati a cercare un punto fermo oltre le stelle.
Parblé
mercoledì 5 febbraio 2003

Vivere “spreoccupati”, recuperando la nostra profondità

di Parblé 18/01/2003

A distanza di tempo colgo l'occasione di intervenire al dibattito tenutosi
tempo fa con G. Florio, poiché in questi giorni prendo consapevolezza del
nostro e del suo troppo spiegare razionalmente gli eventi discussi.
la mia filosofia è che : "Solo il progettare istintivamente “preoccupato”
può realizzarsi".


Significa che ogni progetto è giusto che venga fatto ma nello stesso deve
essere viva e attiva la parte istintuale che è in noi. (Non parlo
dell'istinto animale) ma della parte più recondita di noi. questa
istintualità non ha ragioni, filosofie o quantità. Noi partiamo dal piano
razionale e ragionato per osservare e fare le cose. Molte volte si fanno
progetti, si formulano pensieri che devono seguire il loro corso di
impostazione, ma ogni cosa che facciamo vorremo che esprimesse noi stessi,
la nostra essenza. Cosi che molti si trovano a fare un lavoro che non li
soddisfa, a fare dei ragionamenti che non computano la proprio istintualità.
Al rigor logico non corrisponde una spreoccupata progettazione, si prende
troppo sul serio il proprio progetto ed il proprio ragionamento da
soffocare come banale la propria essenza. Così, costruiti i propri castelli
logici ci si preoccupa di realizzare senza per realizzarsi nelle proprie
realizzazioni progettate. Nel loro contesto razionale queste progettazioni
non fanno una piega, si vestono di buone intenzioni e non rendono scapito
alla nostra immagine di noi e quella che gli altri hanno di noi, ma una
parte di noi chiede sempre di venir fuori ed ecco, come anzi dicevo che:
(Solo il progettare istintivamente spreoccupato può realizzarsi).

Questa essenza che vive nel più profondo degli scandagli in noi non si preoccupa di
realizzarsi, perché già essa è, deve solo esprimersi, la razionalità invece
tende a reallizare perchè non si basta, tende a progettare perchè non ha
progetti. Così che alcuni filosofi atei non trovando il progetto ultimo
del loro ragionare credono che non ci sia nulla oltre la razionalità, mentre
è già in loro il tutto, il senso di ogni senso viene taciuto. Non si tratta
di realizzare, si tratta solo di confermare quello che già siamo. Ecco
perché vivendo in un progettare istintivamente spreoccupato mi da
realizzazione. Saluti Parblé